Pietro Liberti, dirigente di ricerca del Cnr e membro del Comitato di Consulenza Scientifica, lavora presso l’Istituto di Biologia Cellulare del Cnr, Roma.

Il Cnr nelle ultime settimane è stato oggetto di aspre polemiche. Quali sono i termini della questione?
La storia più recente è la seguente: il governo ha preparato un progetto di riforma del Cnr che è stato contestato sia dai ricercatori interni al Cnr, sia dalla comunità scientifica nel suo complesso. E la contestazione avviene in base a ragioni di metodo e anche di merito.
Di metodo in quanto il governo fa nuovamente ricorso a un decreto delegato, così come aveva fatto nella precedente riforma il governo di centro sinistra. Tuttavia, questa volta il decreto è stato portato in prima lettura al Consiglio dei Ministri senza che ci fosse stata alcuna consultazione con la comunità scientifica a nessun livello. In particolare, neanche i presidenti degli enti coinvolti, nel caso specifico il presidente Bianco, sono stati mai consultati sul progetto, cosa che noi riteniamo particolarmente grave perché l’ente ha già subìto una riforma; questa è stata fatta dal governo di centro sinistra con un procedimento analogo, e la sua applicazione è ancora in corso.
Allora, già la riforma cosiddetta Berlinguer-Zecchino aveva comportato una riorganizzazione totale della rete degli organi del Cnr. Il Cnr infatti aveva una sua rete di laboratori e di cosiddetti “centri di studio”, strutture miste tra il Cnr e l’università; ebbene, questa rete è stata totalmente ristrutturata, e gli istituti, da 320 sono diventati circa 108; alcuni sono stati chiusi perché non avevano più personale, altri sono stati accorpati perché avevano affinità tematiche e di competenze.
Il processo è stato complesso, lungo, anche abbastanza faticoso, e i suoi esiti sono ancora incerti, nel senso che costituire un istituto con una sede a Napoli, una a Milano, un’altra a Roma è una scommessa, perché tutte e tre hanno una loro storia, una loro tradizione, dei loro interessi scientifici. Quindi si è trattato di un’operazione complicata, che è in via di completamento in questi giorni: gli istituti sono stati costituiti e quasi tutte le direzioni e i consigli scientifici sono stati creati.
Ebbene, a questo punto sopravviene una nuova riforma senza che, appunto, si sia cercato di fare il punto su quello che era successo con la precedente, sui risultati che si erano ottenuti.
Quindi la prima nostra contestazione è questa: noi abbiamo applicato una riforma che, tra l’altro, condividavamo soltanto in parte, e ci aspettavamo che almeno ci venisse chiesto quali problemi ne fossero emersi.
Perché al di là della ristrutturazione, il Cnr ha completamente cambiato pelle; infatti questo ente, originariamente, non era solo un ente di ricerca; era il punto di riferimento della comunità scientifica nazionale. Quando il Ministero per la Ricerca ancora non esisteva, i finanziamenti per la ricerca, il coordinamento, le scelte di indirizzo, passavano tutti attraverso il Cnr, e sia la comunità scientifica universitaria che quella di altri enti vi facevano riferimento come punto d’incontro.
Inizialmente il Cnr gestiva quindici-venti grandi progetti nazionali, i cosiddetti “progetti finalizzati”, a cui partecipava tutta la comunità scientifica, su singole tematiche, che andavano dai trasporti all’invecchiamento, ai tumori, ossia le tematiche che la comunità scientifica indicava al potere politico e che il potere politico decideva di finanziare e di portare avanti. Questa era in origine la funzione del Cnr. Poi è stato istituito il Ministero, che ha assunto su di sé alcune di queste funzioni. Per esempio il Cnr ogni anno faceva una relazione sullo stato della ricerca nel paese, che veniva inviata al Parlamento; questa funzione è stata trasferita al Ministero che peraltro non è stato in grado di dargli seguito; il risultato è che sono più di dieci anni che questa relazione non viene fatta. In sostanza, il Cnr ha cominciato a perdere questa sua funzione di coordinamento, di punto di riferimento della comunità scientifica nazionale.
Successivamente è venuta meno anche la funzione di finanziamento della ricerca esterna, che di fatto è stata eliminata con la riforma Berlinguer, contestualmente all’eliminazione dei cosiddetti “comitati di consulenza” del Cnr. E’ così rimasta la sola funzione di ricerca in proprio.
L’eliminazione dei comitati di consulenza, l’aver portato via dal Cnr questa rappresentanza dell’in ...[continua]

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