Padre Armando Pierucci è direttore del Magnificat Institute, la scuola di musica con sede presso il Convento di San Salvatore nella città vecchia di Gerusalemme.

Venni per la prima volta a Gerusalemme nel 1985, chiamato dai confratelli della Custodia di Terra Santa, per un viaggio di orientamento e di “assaggio”. A quei tempi insegnavo Organo a Pesaro, al conservatorio Gioacchino Rossini. Siccome conoscevo l’ambiente ecclesiastico e sapevo che è un po’ opaco, restio riguardo alla musica, chiesi se avessero davvero bisogno di un musicista. “Siii! -fu la risposta- ne abbiamo tanti che strimpellano, ma nemmeno uno che conosca la musica e sia in grado di insegnarla”.
Passarono comunque ancora tre anni, perché a Pesaro avevo degli allievi che mi erano cari e volevo portarli al diploma. Però soffrivo del fatto di dovere fare musica fuori dall’ambiente che avevo scelto per la mia vita (è il destino di noi musicisti preti, parlo di musicisti veri, non orecchianti che suonano alla meno peggio per il servizio in chiesa), così, raggiunta l’età pensionabile, presi la decisione di partire. Era il 9 novembre 1988.
Appena arrivato, potei constatare subito quella resistenza nei confronti della musica, quella pigrizia tipica dell’ambiente ecclesiastico, che avevo già intuito. Compresi quindi che avevano bisogno di un musicista che ancor prima d’insegnare, sapesse convincere; cercai perciò di spiegare ai frati che se volevano fare musica con dei musicisti veri occorreva prima di tutto trovare qualcuno che la volesse studiare; si doveva in qualche modo superare la mancanza di tradizione, creando un ambiente musicale e preparando dei musicisti locali. Non era pensabile, infatti, continuare a far venire dall’Italia, o dal resto dell’Europa, organisti, che poi dovevano suonare in un ambiente sostanzialmente sordo alla musica. Infatti, nel mondo ecclesiastico, perlomeno italiano, s’è molto affievolito l’interesse per la musica; un tempo c’erano molti religiosi che la studiavano, almeno in Italia, e infatti abbiamo avuto grandi musicisti, Perosi, monsignor Bartolucci… Anche noi francescani avevamo una buona tradizione, adesso invece è raro che un ecclesiastico si metta a studiare musica, e se lo fa, quando raggiunge un certo livello, cerca un posto come insegnante o sviluppa una carriera concertistica in ambiente laico, perché la Chiesa non favorisce i suoi musicisti. Ad esempio, c’è un confratello di Bologna, molto più anziano di me, Padre Pasquale Pattuelli, che ha passato la vita a cercare di alimentare l’interesse per la musica in ambiente religioso e si è esaurito nel constatare la trascuratezza in cui è lasciata. E’ un sacerdote di grande fantasia, che ha anche pubblicato dei testi su alcuni metodi d’insegnamento della musica molto efficaci. Ecco, forse è stato il suo esempio a farmi comprendere l’importanza del coltivare la musica in ambiente ecclesiastico e probabilmente è proprio grazie a lui che sono venuto qui a insegnarla.

Il primo semestre alla Custodia di Terra Santa, lo passai suonando in chiesa (ancora adesso suono nella Chiesa del Santo Sepolcro alla messa delle 6.30), ma senza suscitare grande interesse. Un po’ scoraggiato, mi rivolsi ai superiori del convento: “Mi avete fatto venire qui per insegnare musica, ma a chi la devo insegnare?”. E solo dopo aver molto insistito riuscii a farmi affidare una ventina di ore, pochissime, per l’insegnamento del canto gregoriano nel primo dei quattro anni di teologia. Solo canto gregoriano perché in questa chiesa, a causa della situazione internazionale e interculturale, officiamo col rito latino e di conseguenza cantiamo anche in latino. In seguito cominciai a insegnare organo e pianoforte, sempre a scopo liturgico, a qualche giovane francescano, che però, appena arrivato al sacerdozio, abbandonava gli studi e partiva per la destinazione decisa dall’Ordine. Comunque un frate che si sia veramente appassionato alla musica non l’ho ancora trovato.
In verità nel corso di questi anni, mi è capitato di individuare qualcuno dotato, ma quando cercavo di stringere, di spingerlo a studiare musica, di avviarlo a sostenere gli esami per il diploma, si negava, diceva che per la Chiesa quello che aveva imparato era sufficiente, ricorreva ai superiori e andava a chiedere aiuto al padre spirituale. Allora cominciai con alcuni ragazzi palestinesi del quartiere qui intorno a San Salvatore, ma con lo stesso insuccesso: quando erano in grado di accompagnare con l’organo un c ...[continua]

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