Andrea Calori insegna Pianificazione territoriale e sviluppo locale presso il Politecnico di Milano. Svolge inoltre attività di ricerca e consulenza nel campo dei processi di decisione condivisa, per politiche di sviluppo locale. E’ tra i promotori della Carta del Nuovo Municipio e della Rete Italiana delle Economie Sociali.

Intanto possiamo spiegare cosa si intende quando si parla di “economia solidale” o di “economia sociale”?
Diciamo che a partire dalle definizioni è difficile inquadrare i campi di tali economie. In Italia si è codificata l’espressione “economia solidale” ma in altri paesi si parla di economie etiche, economie socio-solidarie, economie sociali. Insomma, a seconda delle nazioni e delle lingue, si hanno declinazioni un po’ diverse. E non è solo una questione terminologica. In Italia, per esempio, per economia sociale intendiamo il terzo settore, che da una parte sconfina nel mondo della fornitura di servizi sul mercato, e dall’altra mantiene caratteri di socialità, avendo spesso una matrice volontaria e associativa, di creazione di legami di solidarietà. Prendiamo l’attività di una cooperativa sociale italiana: è molto labile il confine fra un lavoro volto a offrire servizi sul mercato a prezzi più bassi e l’impegno in azioni di reinserimento sociale di persone svantaggiate. Nell’economia brasiliana, invece, la crescita della cooperazione sociale è legata a un grande fermento di economie informali, di economie dello scambio, magari anche non monetario, a quelle, cioè, che in Italia chiamiamo economie solidali. Da lì il nome “socio-solidaria”. Ma è una società, quella brasiliana, che pur essendosi liberata di recente da una dittatura, resta dominata, dal punto di vista economico, da pochi grandi latifondisti e proprietari. Quindi le caratteristiche dell’economia solidale cambiano molto a seconda del sistema socio-economico in cui si sviluppano. Possono essere in alternativa o in compensazione, in complementarietà o in opposizione. Quel che possiamo affermare con certezza è che l’economia solidale pone l’aspetto relazionale al centro dello scambio economico. “Solidale” tende a coincidere con “relazionale”. Sarà quindi un’economia fondata essenzialmente su relazioni di prossimità, all’interno delle quali scambiarsi merci, servizi, cultura e idee.
Perciò, da un lato c’è una certa difficoltà a recingere il campo dell’economia solidale, perchè si sconfina nell’economia sociale; d’altra parte, però, si può definire in modo netto qual è il cuore di tali economie: la dimensione relazionale umana.
Non c’è il rischio di separare l’utile e l’etica? Di pensare che l’utile è comunque una cosa sporca? Nell’economia solidale c’è comunque un tentativo di fare, di inseguire l’utile?
Per quanto riguarda la situazione italiana siamo in una fase di transizione. Dopo qualche anno in cui questo modo di intendere e praticare l’economia ha avuto una forte crescita, il tema dell’utile sta cominciando a fare un po’ la differenza. E’ su questo che si stanno dividendo anche le pratiche. Anzi, moltiplicando e dividendo. Tra le tante esperienze di economia solidale, ci sono quelle più vicine allo spirito comunitario, di condivisione di beni, oltre che di denaro, che hanno quindi una concezione piuttosto radicale della solidarietà. Allora l’idea di condividere gli utili di un’attività economica e di reimpiegarli all’interno di una rete è un tema all’ordine del giorno. Ci sono reti di relazioni, che associano, cioè, centinaia di famiglie, che pongono al centro la redistribuzione degli utili, o di una quota degli stessi, prodotti dall’attività fatta dalla stessa rete, come utili indivisi e il cui utilizzo viene deciso in modo partecipato dai diversi soggetti appartenenti alla rete.
Quindi un’ idea molto forte, e non già di misconoscimento dell’utile, del guadagno, ma di riconoscimento di un guadagno che, come frutto della rete, deve rimanere al suo interno. Quindi il principio solidale relazionale, che è il cuore dell’economia solidale, si riflette anche in una visione radicale dell’utile, senza negarlo ma intendendolo in maniera diversa.
In altri settori dell’economia solidale l’attenzione all’utile in senso strettamente economico è meno presente, ma si fa riferimento a una nozione più complessiva di utilità, che, però, a mio avviso, resta anche più sfumata. Non c’è dubbio che se consideriamo fondante l’idea della relazione, cambia anche la definizione di cosa è utile. E però la mia sensazione è ch ...[continua]

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