Vittorio Foa è uno dei padri della repubblica.

Dicevi che volevi sottoporci un problema…
Io volevo sottoporvi un problema che mi intriga al termine della mia vita. Ho un ricordo abbastanza preciso di un’esperienza nella quale ogni personaggio, ogni attore, riusciva in qualche modo a sdoppiarsi. Da un lato a lottare per le proprie idee, dall’altro, contemporaneamente, quasi cambiando mente, a ricercare le regole. Si riusciva in qualche modo a governare il proprio tempo in modo diverso. Si agiva in termini immediati, cioè, secondo la convenienza che si presentava, ma nello stesso tempo si diventava un’altra persona per discutere delle regole di convivenza. Il discorso della convivenza appariva come distinto dal discorso immediato della convenienza e si riusciva ad avere i due momenti insieme. Sulla capacità di governare il proprio tempo in modo diverso, soprattutto per quello che riguarda il futuro, mi è parso, riandando ad alcuni episodi del passato, che ci siano state due esperienze molto positive.
Ovviamente stai parlando anche dell’attualità politica…
Sì, fermiamoci un attimo agli aspetti politici immediati. Noi assistiamo in questo momento al finire di un’esperienza che si chiama berlusconismo. Può darsi che finisca del tutto, può darsi di no, nel berlusconismo ci sono molte cose importanti, e brutte, che stanno morendo, o che ci auguriamo che muoiano. Però noi sentiamo che c’è qualcosa che non passerà. E credo che noi oggi abbiamo un grande interesse a riflettere su questo. Io questa domanda me la pongo continuamente: passato Berlusconi cosa rimarrà in piedi del berlusconismo? La mia risposta è questa: il fatto che tutto è ridotto al presente. Usando una parola certamente inadeguata, è il “presentismo”, cioè l’incapacità di spostare la propria percezione del tempo nel futuro, e anche nel passato, nei ricordi, fuori dall’immediatezza del presente. Tutto interessa in quanto è presente oggi, di quello che ci sarà non ci poniamo il problema, quello che c’è stato si ricorda, ma in modo, e questo lo potremmo vedere poi, semplificato e, secondo me, anche improprio o inadeguato. Ovviamente la percezione del tempo riguardo al futuro presenta delle caratteristiche diverse dalla percezione del tempo riguardo al passato, ma entrambe le percezioni sono accomunate da una semplificazione, un’immediatezza finalizzate esclusivamente al presente.
Questo mi sembra molto grave e mi sembra che questo aspetto del berlusconismo ci riguardi un po’ tutti. Nell’opinione generale è difficile pensare al tempo come a una cosa che cambia, uno pensa solo alle cose che ci sono subito. E mi domando molte volte in che misura si può proporre non soltanto di ripensare il passato in modo meno schematico e semplificato, ma soprattutto di pensare al futuro in modo complicato, per esempio come solidarietà, o anche solo, in negativo, come riduzione dell’oppressione e della coercizione. Ecco, questo è più difficile.
Dicevi che stavi ripensando a due esperienze del passato…
L’esperienza positiva che io ricordo, da questo punto di vista, e che che mi è parsa, ma può anche darsi che mi sbagli, molto convincente è stata, in primo luogo, l’assemblea costituente. Nell’assemblea costituente noi passavamo metà della giornata a discutere di politica, e anche se l’assemblea non aveva alcun potere politico, era l’esecutivo a decidere tutto, noi, appunto, cercavamo di contrastare la politica dell’esecutivo nella Camera. Questo la mattina, attraverso scontri violentissimi, con lacerazioni anche profonde tra uomini e uomini. Al pomeriggio si discuteva delle regole, cioè della costituzione, e tutto cambiava. La testa di tutti noi diventava un’altra cosa. Noi pensavamo ad altro e il risultato è stato poi che la costituzione fu approvata a grande maggioranza da gente che al mattino, invece, discuteva animatamente e, spesso, fuori di sé dalla rabbia, di altre cose.
L’altro momento?
Ecco, la mia memoria si è estesa poi a un periodo del secolo scorso molto discusso, e questo è un particolare interessante sul piano storiografico, il cosiddetto periodo badogliano, subito dopo la caduta della dittatura mussoliniana. Fu allora che si determinò una politica assurda di gestione dell’Italia fatta di incertezze, di fughe di fronte ai tedeschi, di fughe di fronte agli alleati e fu allora che i partiti, che pure la pensavano in modo profondamente diverso, si ritrovarono all’improvviso a doversi far carico del futuro. Riuniti nei comitati regionali e ...[continua]

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