Una città n. 312

una città 18 causto degli ebrei europei e l’Olocausto degli arabi palestinesi, un unico Olocausto del popolo ebraico, le due porte direttamente l’una di fronte all’altra”. Più vicino a noi, nel suo film “Valzer con Bashir”, il regista Ari Folman ha accostato la guerra del Libano del 1982, i rifugiati palestinesi, alle vittime dell’Olocausto. Il libro di Bashir e Goldberg è un contributo importante a questa tradizione. Si possono trovare molti altri esempi nel campo della politica, della cultura. Questa tradizione è condivisa da coloro che collegano gli eventi e da coloro che rifiutano totalmente questa connessione. La storia dell’oblìo della Nakba è complementare alla storia del suo ricordo. Non c’è ricordo senza oblio, o meglio senza un tentativo sociale e politico di oblio. Il tentativo di cancellare il ricordo della Nakba nella società israelo-ebraica è stato esso stesso una forza sociale attiva e vigorosa, risultato di un’enorme mobilitazione di sforzi politici, economici e culturali, dalla distruzione fisica dei villaggi arabi al silenzio simbolico nei libri di storia e nelle espressioni pubbliche. La ratio del ricordo è il risultato del risveglio della coscienza di tutti. Una versione radicale della negazione della Nakba è stata recentemente offerta dal gruppo ebraico-israeliano Im Tirzu nella pubblicazione “Nakba Nonsense. L’opuscolo che lotta per la verità”. “Il mito della Nakba -scrivono- è un bluff, una storia falsa e distorta, spazzatura, una raccolta di favole”. In queste parole, la Nakba viene chiamata in causa proprio come l’Olocausto viene chiamato in causa nelle parole dei suoi negazionisti. In secondo luogo, il gesto dei Kowalski propone un’alternativa storica nella storia dell’espropriazione palestinese e nella memoria ebraica della Nakba e dell’Olocausto: un’alternativa molto personale e intima, forse persino minore, eppure dalle implicazioni sovversive e fondamentali. Il loro atto ci rende possibile immaginare una storia controfattuale. Cosa sarebbe successo se la parte ebraica vittoriosa avesse rispettato la proprietà, i diritti civili e umani della popolazione civile palestinese? Se Ben-Gurion e la leadership ebraica avessero annunciato agli ebrei e agli arabi in Palestina, il 30 novembre 1947, una volta terminati i festeggiamenti ebraici per la risoluzione di spartizione delle Nazioni Unite, che avrebbero rispettato la risoluzione e trattato tutti gli arabi entro i confini dello Stato ebraico come cittadini uguali, i cui diritti, proprietà e vite sarebbero stati protetti? Così, dal 1917 al 1948, la Palestina fu governata dall’impero britannico su mandato della Società delle Nazioni. Nel 1947, gli inglesi decisero che dovevano tagliare le perdite. Non potevano più fare testa e croce tra ebrei e palestinesi e consegnarono la questione della Palestina all’Un, il precursore della Società delle Nazioni. Alla fine del 1947 un comitato dell’Un decise di dividere la Palestina. Quindi, tornando alla nostra storia controfattuale, cosa sarebbe successo se gli ebrei, la cui giustificazione per l’insediamento nella terra d’Israele derivava dalla Bibbia, avessero esercitato nel 1948 una politica basata sul principio “ciò che è odioso per te non farlo agli altri”. Quando i Kowalski rifiutarono di arricchirsi con le proprietà palestinesi, il loro gesto si pose in netto contrasto con la massiccia spoliazione delle proprietà palestinesi durante la guerra del 1948. Il saccheggio, iniziato all’inizio della guerra, aveva acquisito uno slancio popolare durante i mesi che portarono alla dichiarazione dello Stato di Israele il 15 maggio 1948 e ricevette poi l’imprimatur ufficiale dello Stato. Il significato della spoliazione delle proprietà palestinesi non si riduceva solo all’acquisizione di beni materiali. Piuttosto, segnalava una certa immaginazione sul fatto che gli arabi non sarebbero tornati e che non avrebbero avuto posto nello Stato ebraico. Questa immaginazione non era tanto una conseguenza della guerra, quanto piuttosto uno dei sentimenti che la alimentava. La guerra ebraica per l’indipendenza politica era giustificata, ma il saccheggio andava oltre. Era mirato contro la popolazione civile, gli indifesi, i deboli e i non organizzati, al fine di distruggere la società palestinese. Quando gli ebrei ottennero le vittorie nell’aprile e nel maggio del 1948 nei centri urbani palestinesi, i saccheggi furono così diffusi che alcuni ebrei descrissero “l’impossibilità di controllare gli impulsi impetuosi dei saccheggiatori che assomigliavano a cavallette che attaccavano un campo”, mentre gli ebrei si impossessavano di tutto, sia che si trattasse di mobili, di un tappeto, di una lampada, di una casa o di un pezzo di terra. Ecco, e se la storia controfattuale fosse un buon modo di pensare al passato? Ci costringe a considerare presupposti e alternative storiche, la questione della scelta piuttosto che dell’inevitabilità e la questione del giudizio morale nell’interpretazione degli eventi storici. Alla base di questi scenari c’è una curiosità umana, che consiste nello speculare su cosa sarebbe potuto accadere nella nostra vita personale e collettiva, se avessimo fatto scelte diverse e se certi eventi fossero andati diversamente. Tali scenari ci costringono a riflettere in modo critico sui modi in cui raccontiamo il passato e noi stessi e il modo in cui scegliamo di ricordarlo. Quante volte ci capita di chiederci cosa sarebbe successo se avessimo fatto questo o quello. L’allontanamento dalla casa di Jaffa pone al centro della storia del 1948 il problema della moralità e delle scelte individuali e ufficiali compiute dagli ebrei. Il progetto sionista costrinse gli ebrei a comportarsi in un certo modo nel 1948. Non hanno scelto la strada dei Kowalski, ma potevano farlo. Allora come oggi, gli ebrei israeliani si sono trovati di fronte a scelte morali e politiche drammatiche. Il pensiero controfattuale è un modo per capire il passato e quindi per pensare a come cambiare il presente. Gli ebrei israeliani possono oggi scegliere di fare dei Kowalski degli eroi non celebrati del 1948, una fonte di ispirazione i Kowalski, degli eroi non celebrati del 1948, una fonte di ispirazione per un futuro di giustizia e umanità israele-palestina

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==