Una città n. 312

una città 2 Dedichiamo la copertina, a colori quando le cose vanno malissimo, al martoriato popolo palestinese. La “soluzione armena” è iniziata? Hitler ai suoi, perplessi per le reazioni nel mondo che avrebbe provocato la persecuzione degli ebrei, disse di non preoccuparsi, che nessuno, a suo tempo, s’era preoccupato degli armeni. Cosa faremo noi? Qui riportiamo la lettera dell’amico Rimmon da Gerusalemme, intitolata “La forza sola non dà speranza”. Le manifestazioni di massa in tutta Israele chiedono di terminare la guerra per liberare i cinquanta ostaggi israeliani, vivi, moribondi o morti, tenuti in condizioni crudeli da quasi due anni dai terroristi a Gaza. Partecipo alle manifestazioni assieme ai gruppi più radicali; noi siamo contro la guerra, anche per la tragedia spaventosa a cui è sottoposta la popolazione palestinese nella striscia di Gaza: i trasferimenti forzati proposti; le distruzioni sistematiche; l’eccidio indifferenziato di più di sessantamila civili, tra cui quasi ventimila bambini; lo sfollamento continuo e ripetuto di centinaia di migliaia di persone affamate, pigiate in zone “sicure” ma colpite “per sbaglio o come danni accidentali”, anche se in coda per ottenere cibo, o assieme a giornalisti o paramedici che accorrono in aiuto. Ci opponiamo anche alla violenza aumentata in Cisgiordania: espulsione di comunità intere sotto minacce e incursioni; espropriazione di terre; attacchi continui, veri pogrom di teppisti ebrei armati, difesi dall’esercito, quando non attaccano persino i soldati stessi. Noi pensiamo che le cause prime della situazione, apparentemente insolubile, siano il fanatismo intransigente di Hamas da una parte e il suprematismo ebraico dall’altra, che vogliono entrambi il dominio esclusivo in tutta la Terra Santa, convinti ciascuno che con la forza, e solo con essa, si possa “vincere” il nemico. I termini dell’accordo che ora forse stanno maturando sono simili a quello che sarebbe potuto avvenire subito dopo l’attacco del 7 ottobre e prima della disastrosa guerra di vendetta, sotto l’egida della coalizione internazionale, inclusi i paesi arabi che temono il terrorismo fanatico: coalizione che si è smembrata subito a causa della violenta reazione israeliana. Molti governi e popoli sono ora contro Israele, e c’è un grave rigurgito del peggiore antisemitismo. Appunto perciò non sappiamo che cosa possa esercitare maggiore pressione sul governo israeliano o su Hamas per ottenere un accordo di tregua: queste manifestazioni o le minacce di conquista totale della Striscia. Per ora, del resto, ciò che è rimasto del terrorismo micidiale e sanguinario di Hamas ricorda un’eroica resistenza partigiana. Mentre le minacce israeliane di conquistare anche la città stessa di Gaza, per rimanerci poi impantanati, dovrebbero spaventare noi stessi, israeliani, eredi del genocidio degli ebrei. La spaventosa tragedia nella Striscia di Gaza dovrebbe ricordarci il genocidio che precedette l’Olocausto: la micidiale marcia forzata degli armeni durante la Prima guerra mondiale, anche senza campi di sterminio. Invece l’euforia in Israele dello scorso maggio, dopo l’attacco al progetto nucleare dell’Iran, ricorda gli album della vittoria lampo nel Sinai del 1956 e quelli della guerra dei sei giorni del 1967. Entrambe vittorie di Pirro, anche se la seconda era riuscita a sciogliere l’angoscia della minaccia concordata da tre stati arabi su tre fronti contemporanei. Ma Israele, ebbra dell’impero conquistato in sei giorni, non seppe sormontare il rifiuto totale di pace e di trattativa degli stati arabi a Khartum né liberarsi dalla maledizione coloniale appena acquistata. Conquiste territoriali ed euforia che si svilupparono in questi cinquantotto anni in messianesimo, suprematismo e nazionalismo imperialistico. Questi, infatti, sono riusciti a far crollare tutti i tentativi di apertura a un futuro diverso: ricordo qui le proposte di Sadat attraverso Kissinger prima della guerra dell’ottobre 1973, il processo di Oslo degli anni 1992-’95 e la proposta saudita e della Lega Araba del 2002, a cui Israele non ha mai reagito. Ci sarebbe stata, ci sarebbe ancora una via diversa? Nel Medio Oriente, dicono, solo la forza può salvarci, noi piccola minoranza di otto milioni in un fazzoletto di terra. Non sosommario In copertina Masafer Yatta, Palestina La forza sola non dà speranza di Rimmon Lavi (p. 2) Fame, sete e pallottole di David Calef (p. 4) Siamo ancora qui La volontà dei palestinesi di restare intervista a una volontaria in Palestina Noi nipoti... Sulla resistenza nonviolenta in Palestina intervista a Sameeha Hureini (p. 12) Restituimmo la chiave Il gesto straordinario di Genya e Henryk Kowalski. Di Alan Confino (p. 15) “Ucraina è Ucraina!” Lo shock del futuro e la Russia intervista ad Anna Zafesova (p. 22) Cosa significa pace per gli ucraini di Oleksandra Matviichuk (p. 27) One more cup of coffee Un ricordo di Luca Rastello intervista ad Andrea Oskari Rossini (p. 28) Nel gruppo puoi anche piangere Una buona pratica sui disturbi alimentari intervista ad Antonella Cornale (p. 31) Una fede concreta Per una chiesa “gentile” intervista a padre Benito Fusco (p. 35) Simone Weil filosofo inascoltato di Alfonso Berardinelli (p. 40) Primo Levi e Sandro Delmastro. Tra storia e letteratura di Michele Battini (p. 41) Anziani: ritorno al lavoro? di Massimo Livi Bacci (p. 42) Uno sguardo al Vietnam di oggi di Rimmon Lavi (p. 43) Libertà e diritti di Vicky Franzinetti (p. 44) La terra dei princìpi di Belona Greenwood (p. 45) Una cartolina di Srebrenica Un’associazione impegnata per la memoria Dopo la morte di mio fratello... (in ultima) luglio-agosto 2025 Redazione “una città” via Duca Valentino 11, 47121 Forlì tel. 0543/21422 unacitta@unacitta.org È così che la massa degli uomini serve lo Stato, non come uomini coraggiosi ma come macchine, con il loro corpo [...]. Nella maggioranza dei casi non c'è nessun libero esercizio del giudizio e del senso morale [...]. Suppongo che se facessimo degli uomini di legno sarebbero altrettanto utili [...]. E tuttavia, normalmente, quegli uomini sono considerati buoni cittadini. Altri -come la maggioranza dei legislatori, dei politicanti, degli avvocati, dei preti e dei tenutari di cariche- servono lo Stato soprattutto in base a ragionamenti astratti; e poiché fanno assai di rado distinzioni morali, hanno la stessa probabilità di servire Dio che, senza volerlo, di servire il diavolo. Pochissimi -gli eroi, i patrioti, i martiri, i riformatori in senso ampio e gli uomini- servono lo Stato anche con la loro coscienza: e così, nella maggior parte e di necessità, si oppongono al governo che di solito li considera nemici. Una persona saggia servirà solo come uomo e non si sottometterà a essere “creta” [...], lascerà quell’incarico alla propria polvere, perlomeno. Henry David Thoreau, Disobbedienza civile, 1849 Rotocalco culturale. Anno XXXV, Dir. resp. Giuseppe Ramina. Aut. Trib. di Forlì n. 3/91 del 18/2/91. Stampa: Grafiche Baroncini Srl, via Ugo la Malfa, 48, Imola. Redaz. e amministraz.: via Duca Valentino n.11, Forlì. Poste Italiane SpA - Sped. in A. P. D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/04 n.46) Art. 1 c.1 CN/FC, n. 312/2025 - Tassa pagata.

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