una città 22 Anna Zafesova, giornalista, sovietologa, traduttrice e scrittrice, è stata corrispondente da Mosca per il quotidiano “La Stampa”, di cui è tuttora editorialista. Il libro di cui si parla nell’intervista è Russia, l’impero che non sa morire (Rizzoli 2025). Nel libro parli, per la Russia, di “shock del futuro”, e fai capire come nessuno avesse ben compreso la portata delle trasformazioni avvenute negli ultimi due decenni. Credo che in effetti non l’avesse capito nessuno, oltretutto è qualcosa che stiamo vivendo anche nelle società occidentali. Penso alla polarizzazione, al sovranismo, tutti fenomeni senz’altro legati anche a cambiamenti estremamente rapidi, probabilmente i più rapidi che ci siano stati mai nella storia dell’umanità, stravolgimenti che si stanno verificando nell’arco di una vita, se non di mezza vita umana. Nel caso della Russia parliamo di cambiamenti estremamente rapidi e potenti: questo paese si è trovato non solo a dover recuperare un ritardo preesistente rispetto all’Europa, ma a farlo in un momento in cui tutto il mondo subiva a sua volta un’accelerazione incredibile, di tecnologia, di globalizzazione, di cambiamento di rapporti, gerarchie sociali, geografiche, politiche, ecc. Per l’ex Unione Sovietica l’impatto di questo cambiamento è stato infinitamente più brutale. Sicuramente in Occidente abbiamo sottovalutato questo fenomeno, così come l’hanno sottovalutato anche i diretti interessati, perché c’era l’idea che un miglioramento non potesse che essere positivo. Certo, diventare più liberi, poter più facilmente accedere al mondo, alla cultura, alla ricchezza e alla possibilità di realizzare le proprie idee, non può che essere un bene; il problema è che molti ex sovietici non erano attrezzati per fruirne senza attraversare uno shock che li ha profondamente segnati. Non a caso, Vladimir Putin, per un quarto di secolo, ha proposto ai russi la “stabilità”. Era quella la sua ricetta. Di solito, in politica la stabilità viene apprezzata quando si sta bene, in momenti di relativo benessere, quando nessuno vuole cambiare. Nel caso della Russia, invece, la stabilità era apprezzata nonostante non si stesse proprio benissimo. Pur di non avere altri cambiamenti, altri shock, si preferiva conservare quel poco che si aveva senza rischiare più. Perfino tra gli intellettuali russi di stampo diciamo “liberale”, la parola “rivoluzione”, anche quella d’Ottobre, aveva assunto una connotazione negativa. D’altra parte, il paese che oggi noi chiamiamo Federazione russa, e che è stato per più di settant’anni Unione sovietica, è nato da uno shock, appunto la Rivoluzione d’Ottobre, e poi è collassato in un altro shock, la Perestrojka di Michael Gorbachev, processo che si è concluso con la deflagrazione dell’Unione. Si è trattato di una rivoluzione, non soltanto politica o economica, che ha impattato anche sulle famiglie, sulle relazioni tra genitori e figli, tra dipendenti e datori di lavoro, sul rapporto con il denaro -nell’Urss il denaro non era rilevante, era molto più importante l’accesso a beni che scarseggiavano, che non era garantito dal possesso di contante. Con la Perestrojka è cambiato veramente tutto: il modo di sposarsi, di fare figli, di cercare lavoro, di progettare la propria vita, e questo ha avuto un impatto su milioni e milioni di famiglie, anche su chi fieramente proclamava di non interessarsi alla politica e di considerarla una cosa noiosa, sporca. Nessuno, in un paese che all’epoca contava circa trecento milioni di abitanti, ne è uscito indenne, cioè senza sconvolgimenti, casomai anche positivi, ma comunque enormi. Ecco, in Occidente abbiamo sottovalutato tutto ciò, non abbiamo capito niente, fino a che non è apparso Putin e ha cominciato a raccontare ai russi e a se stesso la favola di un passato al quale la Russia doveva tornare perché il presente non era positivo. Mi hanno colpito molto i racconti di vita quotidiana sotto il comunismo, anche il semplice fare la spesa era qualcosa di molto lontano dalla nostra esperienza... Ho fatto di recente una conferenza in un liceo a Biella e ho percepito la difficoltà degli studenti a comprendere il mio racconto. Figuriamoci, ci sono cose che anche chi studiava la Russia non riusciva a capire, pensa i quindicenni di oggi… Ho provato a far immaginare loro come potesse essere frequentare una scuola sovietica del 1983, tutti in uniforme, i capelli della stessa lunghezza, le ragazze che non possono truccarsi, il non poter fumare, non conoscere il significato della parola “sesso”, guardare, ascoltare e leggere tutti le stesse cose, e poi avere davanti a sé una vita estremamente regolamentata: dopo la scuola il militare, poi alcuni l’università, altri un istituto tecnico… Non credo di esserci riuscita, tanto più che i ragazzi davanti a me, anche visivamente, erano tutti diversissimi, quelli con i capelli lunghi, quelli rapati, quelle con il velo… Poi ho detto loro: “Immaginate di entrate in un negozio perché volete comprare il formaggio e di non trovarlo”. Secondo me non riesci neanche a spiegarglielo. “Cosa vuol dire non c’è il formaggio? Vai in un altro negozio!”. Non solo, entravi in un emporio, e invece di sentire i profumi di cibo buono ti veniva quasi un conato di vomito, perché le patate erano sporche, piene di terra... ma poi c’era questo odore di marcio, di terra, di umido. (Tutti questi orrori poi venivano trasformati in piaceri della vita attraverso la cucina delle nonne). Nel paese che aveva lanciato il primo uomo nello spazio non si riusciva a trovare il latte a lunga conservazione; nei negozi Da un lato un paese, la Russia, che negli ultimi due decenni è stato travolto da un autentico shock socio-culturale, oltre che politico, e che ha spinto tanti a rimpiangere un passato grigio ma rassicurante; di qui il successo della ricetta di Putin: stabilità in cambio della libertà. Dall’altro, l’Ucraina, che, anche grazie a una diffusa emigrazione, soprattutto delle donne, ha familiarizzato con l’Europa e ha scelto di guardare avanti. Intervista a Anna Zafesova. “UCRAINA E’ UCRAINA!” con la Perestrojka è cambiato tutto: il modo di sposarsi, di fare figli, di cercare lavoro, di progettare la propria vita cosa sta succedendo
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