Una città n. 312

cosa sta succedendo una città 23 c’era sempre questo odore di rancido, perché non essendoci alcuna refrigerazione ed essendo le confezioni bucate, il latte andava a male e c’era sempre quel rivolo… quindi dovevi sempre controllare la data di produzione: se era del giorno prima o del giorno stesso aveva comunque poca vita. Infatti nei negozi si aspettava il “latte di domani”, quello che superava la quota del piano giornaliero e che di solito arrivava solo nel pomeriggio. Ecco, questa cosa devi averla annusata, per capirla. Nel ripercorrere le radici del risentimento russo verso l’Ucraina, denunci anche la nostra cecità... Mi è capitato di rileggere un’intervista fatta nel giugno 2015 da Luciano Fontana e Paolo Valentino a Putin per il “Corriere della Sera”. Un’intervista che aveva fatto discutere, perché la Crimea era già stata annessa e ci si chiedeva quanto fosse corretto intervistare Putin senza contraddittorio. L’intervista era sicuramente noiosa: Putin alla fine ripeteva sempre le stesse cose: “È colpa dell’Occidente”, “In Ucraina c’è stato il golpe nazista”... Senza voler per forza risalire al Settecento, è incredibile come, in realtà, anche il recente allontanamento della Russia dall’Europa sia avvenuto sotto i nostri occhi, mentre noi mandavamo i nostri migliori giornalisti a domandare a Putin “Perché?”, a parlargli di cooperazione... Cioè, abbiamo continuato a rivolgerci a lui come se fosse europeo, come se fosse uno con cui abbiamo avuto qualche diverbio…Ma parliamo di uno che per la prima volta dopo il ’45 si è annesso un territorio in Europa! Non è come noi! Già due anni prima nel suo discorso alle camere riunite aveva detto che “la Russia non è Europa” e che la Russia non doveva condividere i valori europei... Insomma, è avvenuto tutto sotto i nostri occhi. Che dire? Un po’ non volevamo crederci, un po’ avevamo i nostri problemi con AlQaeda e l’Isis. Anzi, proprio per la minaccia del terrorismo, la Casa Bianca aveva rivalutato l’alleanza con Putin, che comunque era bianco e cristiano, quindi in quest’idea di scontro di civiltà Putin doveva stare con noi. Idea, per fortuna, poi completamente dimenticata, ma ricordiamoci che c’è stato un tempo in cui persone anche molto illuminate, gli stessi che oggi chiedono che Putin sia processato all’Aja per crimini contro l’umanità, pensavano che fosse un alleato prezioso. Perché Putin ha voluto prendersi la Crimea e ora l’Ucraina? Da dove nasceva questa “necessità”? Non era “necessario” per nessuno, tant’è vero che gli stessi russi non si aspettavano neppure l’annessione della Crimea. Sicuramente c’era molta nostalgia per l’Urss, un sentimento presente anche in altri paesi. Ma, attenzione, lo abbiamo visto anche alle recenti elezioni in Moldova e Romania: c’è una parte della popolazione, soprattutto quella più anziana, vittima di questo “future shock”, che è nostalgica e molto sensibile ai richiami alla stabilità, al passato, anche al socialismo, a una povertà con però delle garanzie. È un discorso che esisteva anche in Ucraina: tuttora lì ti diranno che tutto sommato con l’Unione sovietica si stava bene, avevi la macchina -poi non è vero, l’avevano in pochissimi-, e prima o poi ti veniva assegnato un piccolo appartamento, nessuno era ricco ma nessuno era nemmeno poverissimo, la gente andava a scuola e all’ospedale… A dirti queste cose sono ucraini che non vogliono l’invasione russa! Questo per dire che tale nostalgia era abbastanza assestata, non rappresentava un problema, e i russi già prima potevano andare a fare le vacanze in Crimea senza bisogno di visto. La verità è che non ci andavano più, perché il livello dei servizi offerti, a parità di prezzo, era di molto inferiore a quelli della costa spagnola o turca; infatti, il turismo in Crimea era praticamente morto. Motivo per cui la Crimea stessa era nostalgica dell’Unione sovietica; molti crimeani pensavano che tornare alla Russia equivalesse a un rifiorire, a diventare una Rimini pansovietica. Quando poi Putin ha annesso la Crimea, gli stessi russi sono rimasti sorpresi: “Ma come? Si poteva fare?”. Dalla sorpresa è scaturito poi un orgoglio nazionalista, che ha contagiato anche molti liberali anti-putiniani, perché comunque resiste l’idea per cui “più territorio si ha più si è grandi”. Sicuramente, in questo senso, l’indipendenza dell’Ucraina era stata percepita da tanti russi come un errore, perché mentre gli uzbeki, i georgiani o gli abitanti dei paesi baltici erano percepiti come diversi -per lingua, religione, storia, tratti somatici- gli ucraini erano da sempre i loro “cugini di campagna”. Ma anche questa percezione si andava appianando. Se la Russia avesse continuato a evolversi, diventando più ricca, più promettente, con più università, case editrici, eccetera, sarebbe tornata naturalmente a essere un polo d’attrazione per quasi tutto lo spazio ex sovietico. Prendiamo, ad esempio, l’immigrato clandestino tagiko che andava a lavorare nei cantieri moscoviti per mantenere la famiglia in patria; ebbene, il Tagikistan soprattutto, ma anche in parte l’Uzbekistan, vive delle rimesse degli immigrati in Russia. Oppure, uno dei maggiori oligarchi russi, Michail Friedman, è nato a Leopoli, però se ne è andato a Mosca perché lì a suo dire pativa meno l’antisemitismo. O il direttore del maggiore festival cinematografico russo, l’ucraino Alexander Rodniansky, anche lui era andato a vivere in Russia -poi, con la guerra, si è schierato con l’Ucraina e vive da esule in Italia. Ripeto, la Russia sarebbe diventata naturalmente un polo di attrazione dell’ex spazio postsovietico. Ovviamente, più Mosca mostrava il volto di un centro imperiale che pretendeva fedeltà dagli altri paesi, più questi si allontanavano cercando di entrare nell’orbita dell’Ue e degli Stati Uniti. Quindi, tornando alla domanda, no, non c’era alcun bisogno di annessioni. O meglio, il bisogno stava tutto nella sopravvivenza del regime di Putin, che riteneva di dover reggere il suo comando in buona parte su questo sogno di grandezza, sulla militarizzazione, e per dirottare l’attenzione dai problemi economici interni, dalla corruzione e dalla totale assenza di alternanza del potere. Dopodiché, nella visione di Putin, a rendere “imperiale” la Russia, è l’Ucraina. Basta guardare la cartina geografica: la Russia diventa un impero europeo solo se ha l’Ucraina e la Bielorussa. Senza, rimane un grande paese essenzialmente asiatico. Putin interpreta questa voglia di tornare alla grandeur e contemporaneamente il bisogno di quel grigiore che aveva anche degli aspetti rassicuranti… È così. Il grigiore era rassicurante perché si sapeva cosa ti avrebbe riservato il domani. Un’altra componente psicologica che non si era minimamente compresa in Occidente è che gli ex sovietici avevano scelte molto ridotte a qualunque livello: cosa indossare, quale profumo mettersi, che spettacolo teatrale scegliere, perché era tutto scarso. La Tv mostrava sempre gli stessi film o cartoni animati… Per esempio, c’era una serie popolarissima, l’equivalente di Tom e Jerry, dove c’era un lupo che inseguiva un leprotto. Molto carina, disegnata bene, però ne sono uscite credo venti puntate in vent’anni! È curioso notare come ancora oggi generazioni molto diverse di ex sovietici si raccolgano intorno a un film, a un cibo, a una canzone, a un libro, ma perché erano sempre gli stessi per decenni. Era un mondo molto poco variabile. I russi, è vero, volevano l’abbondanza occidentale, però non erano assolutamente pronti a entrare in un supermercato per scegliere Putin interpreta questa voglia di tornare alla grandeur e assieme il bisogno di quel grigiore rassicurante abbiamo continuato a rivolgerci a lui come se fosse uno come noi con cui avevamo avuto qualche diverbio…

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