una città 24 tra trenta tipi di formaggio. Vivevano in un mondo dove erano abituati a poter essere fregati dallo stato, e per questo, infatti, nutrivano una grande diffidenza; però, allo stesso tempo, sapevano che il formaggio era formaggio, il latte era latte... l’idea che un prodotto occidentale potesse essere una truffa, un falso o una schifezza non c’era. Nei primi anni post-comunisti l’area sovietica venne invasa da porcate di ogni genere, dalla vodka polacca farlocca, alle finte magliette Chanel dalla Turchia… Non erano preparati neppure alla pubblicità, o alle catene di sant’Antonio, alle truffe bancarie. Nei primi anni milioni di persone hanno perso dei soldi perché non c’era nessun tipo di anticorpo: la pubblicità veniva considerata un’informazione, non una cosa da prendere con le pinze. Se qualcuno ti prometteva il 300% in un mese, gli credevi e gli portavi i soldi. Allo stesso modo, se qualcuno ti diceva che un detersivo lavava “bianco che più bianco non si può” ci credevi. Allo stesso modo erano impreparati a una politica aperta, pubblica, competitiva, dove si litiga, dove si fanno promesse che poi non si realizzano. C’era un rapporto gerarchico codificato: le autorità ti dicevano cosa dovevi fare, la televisione pure, e non poteva essere diversamente. Ricordo persone anche non troppo anziane che erano sconvolte dalla velocità dei telegiornali moderni, perché erano abituati a un tg con due conduttori, un lui e una lei, impettiti, perfetti, che con voci metalliche, a turno -rigorosamente leggendo- dicevano cose del tipo: “Oggi il segretario generale del comitato centrale del Partito comunista ha incontrato gli esponenti del settore agro industriale della Siberia…”. Era un rito quasi religioso. Poi è arrivato il telegiornale che dava le notizie vere. Gli aerei cadevano... ma quando mai erano caduti aerei in Unione sovietica? Non si poteva dire, perché i tg dovevano dare l’impressione di un paese senza droga, prostituzione o povertà, dove tutto andava bene. Era l’Occidente, casomai, a essere il luogo della tossicodipendenza, del vizio, della criminalità. L’Urss veniva raccontata come un mondo dove una ragazza poteva passeggiare alle due di notte in minigonna senza temere per la sua virtù. E invece no, aveva assolutamente da temere! C’è un passaggio in cui dici che i russi hanno quasi volontariamente rinunciato alla propria libertà. Senza dubbio i russi non sapevano che farsene della libertà, anche perché nessuno gli aveva mai detto cosa fosse. Per come la vedevano, con la libertà in Russia era arrivato il caos economico, la disoccupazione, la confusione. Persone che fino al giorno prima avevano un lavoro d’ufficio e un qualche tipo di prestigio sociale, a un certo punto passavano a commerciare, che so, vodka, diventando magari anche più benestanti, però decadendo socialmente. Sicuramente la monotonia del passato veniva idealizzata come il bel mondo dove tutto era rassicurante, come una sorta di infanzia mitizzata. Pensa ai bambini che vogliono mangiare sempre le stesse cose, guardare sempre lo stesso cartone, farsi leggere sempre la stessa fiaba e spaventarsi sempre nello stesso momento. Non mi ricordo chi è stato a dire che “la libertà arriva nuda”. Ecco, in Russia la libertà è arrivata abbastanza svestita e malconcia: con essa sono arrivate la corruzione, le ruberie, l’inganno, gli oligarchi, la criminalità, l’assenza di regole… Pensate cosa poteva significare un licenziamento su due piedi in un paese dove prima tutti dovevano avere un lavoro, anche con uno stipendio ridicolo, e si veniva assunti a vita anche per non fare niente, perché non poteva esserci disoccupazione. All’improvviso ci si è trovati a dover lottare per la sopravvivenza! A questa situazione si erano aggiunti i connon ricordo chi ha detto che “la libertà arriva nuda”; ecco, in Russia, è arrivata svestita e malconcia... cosa sta succedendo
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