manca?” ed è una domanda sbagliata, perché non è che manca qualcosa, il problema è che ci si sente inadeguati. Questo tipo di disturbo è molto democratico: non conta la condizione sociale, l’istruzione, è un disagio che azzera tutto. Oppure quando una persona ti confida che si vede grossa e tu rispondi di no, che è normalissima, ma lei ti ha detto che si vede così, non che lo è. Ancora, si accusa chi non mangia di essere una persona ingrata, perché al mondo ci sono tante persone che muoiono di fame. Ma così si colpevolizza inutilmente chi comunque non lo sta facendo apposta. A volte capita che queste ragazzine giovani improvvisamente non vogliano più uscire. Rifiutano di stare in mezzo agli altri e tutte le situazioni conviviali. Ecco, spronarle ad andare a prendere un gelato, “così socializza” vuol dire chiedere loro qualcosa di impossibile. Oppure la frase: “Da te mi aspettavo di più”, che una ragazzina in difficoltà traduce con “Non valgo nulla!”. O ancora gli apprezzamenti sull’aspetto fisico che enfatizzano un “troppo”, troppo bassa, troppo alta, troppo seno... Insieme ai gruppi di auto aiuto del Veneto, anni fa abbiamo stampato un libretto, intitolato proprio “Senti chi sparla”, tutto incentrato sulla comunicazione, in cui abbiamo raccolto tutte quelle frasi che a nostra volta abbiamo pronunciato; spesso sono le frasi più comuni. Chi si rivolge a voi? In genere i genitori, ma negli ultimi anni, con l’aumento dell’età in cui compaiono questi disturbi, anche mariti, compagni, perché si accorgono, che la persona che hanno a fianco non sta bene. Ultimamente, abbiamo avuto anche qualche caso di ragazze giovani che hanno chiesto aiuto in prima persona. Va detto che spesso i giovani non vengono accompagnati dai genitori. Magari confidano questo loro malessere a qualche insegnante o a qualche istruttore sportivo. A me è capitato di ricevere una persona con il proprio allenatore perché aveva paura di coinvolgere la famiglia. Poi noi l’abbiamo aiutata a parlare con i genitori che non si erano accorti del suo stare male. Da noi comunque arrivano in modo prevalente i genitori o perché non hanno capito bene di cosa si tratta e hanno bisogno di ricevere informazioni, oppure perché magari, sempre tramite il lavoro sulla sensibilizzazione che svolgiamo anche nelle scuole, qualche insegnante si è accorto di qualcosa e li ha consigliati di prendere contatto con noi. Abbiamo fatto un grande lavoro di formazione per gli insegnanti, copriamo tante scuole; è una parte del nostro lavoro molto importante perché i ragazzi trascorrono tantissime ore a scuola, l’insegnante li incontra e sta con loro tutti i giorni, li vede crescere, trasformarsi. Bisognerebbe fare di più. Rispetto al passato, ora i genitori sono meno presenti in casa per problemi lavorativi, così spesso i ragazzi a pranzo sono soli. Quali sono le varie forme di disturbo alimentare? Abbiamo anoressia e bulimia. In entrambe, c’è la paura di ingrassare e il cibo viene visto come un nemico. A volte la bulimia è più insidiosa, più difficile da individuare perché la ragazza può essere normopeso. Nella bulimia un genitore può però trovare in casa dei segni, che possono essere residui di vomito, involucri di cibo, cartocci nascosti negli armadi, dentro le scarpe, negli zaini, in posti impensabili. Oppure possono verificarsi sparizioni importanti di cibo. Spesso queste persone, per mascherare il disturbo, si sottopongono a una iperattività fisica. La bulimia è caratterizzata dall’abbuffata, che è una perdita del controllo: si mangiano diversi tipi di alimenti, cotti, crudi, surgelati, tutti insieme, salvo dopo sentirsi malissimo perché si è pieni, quindi si ha bisogno di svuotarsi e le modalità per farlo sono il vomito indotto, i lassativi e l’iperattività fisica. Solo che dopo rimane il senso di colpa, quindi tutto questo viene fatto di nascosto. Diversa la dinamica nell’anoressia: la persona che ha questo disturbo, va a tavola insieme agli altri, ma non riesce a mangiare. Quello che accomuna questi disturbi, e di cui inevitabilmente ci si accorge, è il cambiamento del tono dell’umore. Con mia figlia, per esempio, questo mutamento è stato un indicatore, più che il dimagrimento: era diventata triste e si isolava. Qual è il problema? Che le persone appunto, non rendendosene conto per tempo, arrivano tardi alla diagnosi e oggi sappiamo che la bulimia causa i danni maggiori agli organi interni, come sovraccarico del cuore, problemi legati all’esofago, allo stomaco, corrosione dei denti. Ci sono conseguenze gravi anche nella anoressia, che può perfino portare alla morte, però nella bulimia gli effetti sono mediamente peggiori proprio perché si rivela tardi, quando i problemi creati sono più difficili da risolvere. Dicevi prima che le famiglie vengono travolte. Cosa intendevi? Ti capita una cosa di cui non sai e non capisci nulla, e di fronte alla quale sei totalmente impotente, perché fino a che non incontri dei terapeuti che prendono in mano la situazione e ti indirizzano, da solo non puoi risolvere nulla. La tua vita viene travolta perché all’improvviso non sai più cosa fare, come comportarti, hai questa persona che sta male e non puoi fare niente, devi stare attenta alle parole, i rapporti con gli altri diventano difficili, perché c’è ancora un senso di vergogna, di pregiudizio. Inoltre parliamo di un percorso di cura che è molto lungo. Se anche hai la fortuna che tua figlia o tuo figlio vengano presi in carico, poi c’è un piano alimentare da seguire, devi preparare tutta una serie di cibi, che all’inizio la persona ammalata non mangerà e così sei continuamente sottoposto a enormi frustrazioni, con tutto quello che ne consegue. Pensi: “Ma cosa le costa mangiare quei pochi grammi di pasta?”. Senza capire che per lei è una fatica enorme e che lo farà, ma solo quando avrà gli strumenti necessari. In passato, si imputava l’origine di questi disturbi al rapporto con la madre... Oggi non più. Il disturbo alimentare arriva per un insieme di fattori di rischio e non per colpa della madre. Probabilmente quella era una semplificazione perché tradizionalmente era la mamma a preparare da mangiare, a stare più vicino ai figli e quindi nasceva un conflitto. Tra l’altro, spesso si creano situazioni spiacevoli anche con i nonni. Potete immaginare, per loro è un affronto se la nipote va da loro e non mangia. Un classico: la nonna prepara il pasticcio... per la ragazza è una tragedia! Cioè il pasticcio è una di quelle cose che non verrà mai mangiata da chi è affetto da disturbi alimentari. Nella sua testa scatta immediatamente la domanda relativa a chissà cosa c’è dentro, quanto olio, quanto burro, quante calorie... la persona ammalata va veramente in tilt. E la nonna, poveretta, ovviamente ha preparato il pasto con le sue migliori intenzioni, perché una volta a sua nipote quel cibo piaceva tanto. Ecco perché abbiamo organizzato anche dei corsi per i nonni. Poi c’è il tema dei fratelli, che in genere sono più piccoli. Una famiglia viene talmente assorbita da questo disturbo che fatica a reggere il quotidiano e questo rischia di avere delle ripercussioni sugli altri membri. Infatti è importante fare interventi anche sugli altri figli. Ci sono capitati casi in cui un fratellino diceva: “Devo ammalarmi anch’io perché tu ti accorga che esisto?”, perché il genitore appunto è travolto, è più forte di lui. Quindi io mi sento di spezzare una lancia in favore dei genitori, che vengono attrauna città 32 abbiamo organizzato anche dei corsi per i nonni. Poi c’è il tema dei fratelli più piccoli... buone pratiche
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