Una città n. 312

una città 43 lettere, rubriche, interventi di salute”. Nella maggior parte dei paesi europei nelle età mature e anziane (da 55 a 75 anni) i tassi di attività nel decennio 2012-2022 sono sensibilmente aumentati ovunque, ma meno della media in Italia, dove, tra gli uomini tra i 70 e i 75 anni, solo uno su 25 viene classificato come attivo. Tendenze e controtendenze Va osservato che i fattori della bassa partecipazione al lavoro degli anziani sono molteplici, prima tra questi una legislazione pensionistica relativamente generosa, riformata solo a partire dagli anni Novanta, come già ricordato. Tra i più anziani, spesso entrati giovanissimi al lavoro, fa difetto quel livello di formazione oggi necessario anche per lavori poco qualificati. Nell’insieme si può dire che le condizioni di vita e sociali degli anziani di oggi stiano subendo una profonda trasformazione e che convivono modelli antichi con modelli più adatti alla società attuale. Tuttavia c’è un forte contrasto tra l’aumento dell’attivismo degli anziani (sport, viaggi, consumi, partecipazione alle varie forme di vita sociale) e la loro rarefatta presenza nel mercato del lavoro. C’è una retorica della “silver economy” che valorizza le potenzialità di consumo e la richiesta di benessere degli anziani, ma che trascura l’altro aspetto che attiene all’origine delle risorse necessarie (lo stato? I risparmi degli anziani? I trasferimenti dai familiari?) per soddisfare queste esigenze. Lo stato di salute dei seniores L’inversione di tendenza avvenuta negli ultimi anni, che vede più seniores al lavoro, è destinata a esaurirsi, o potrà prolungarsi nel futuro? Data la molteplicità dei fattori che determinano la propensione al lavoro (lo stato di salute, il bisogno economico, le condizioni normative, la disponibilità di lavori convenienti, per dirne alcuni) ogni previsione è un azzardo, anche se il rapido invecchiamento fa ritenere che questo debba avvenire, pena la bancarotta dello stato sociale, e non solo. Limitiamo il campo, e consideriamo le condizioni di salute. Nell’ultimo mezzo secolo, la speranza di vita ha continuato la sua crescita secolare; nel 2024 per gli uomini di 65 anni era pari a 19,8 anni, e per le donne della stessa età a 22,6; oltre sei anni in più, per i due generi, rispetto a cinquanta anni prima. Più longevità significa anche, mediamente, miglior salute. Esistono oramai molte indagini affidabili che misurano lo “stato di salute” percepito dalle persone (che è diverso da quello oggettivo, e dipende fortemente da fattori culturali). Siamo in attesa di conoscere i dati dell’indagine del 2025 (ancora in corso) che permetterà anche aggiornati confronti con gli altri paesi europei. Multimorbilità e cronicità grave, come è ovvio, aumentano rapidamente con l’età, dal 44% per la popolazione (uomini e donne) tra i 65 e i 74 anni al 66% oltre gli 85 anni; lo stesso si dica per la cronicità grave (da 34,2% al 59,4%, per le stesse classi di età). Tuttavia non sappiamo in che misura queste condizioni -la cui incidenza appare elevata- siano incompatibili con le singole attività lavorative. Più informative per il discorso qui svolto, sono le indagini sulla “percezione” dello stato di salute individuale. Secondo i dati riportati da Eurostat, relativi al 2023, nella media dei paesi Ue, quasi la metà della popolazione tra i 65 e i 74 anni considerava la propria salute “buona o molto buona”; tra i 75 e gli 84 anni la proporzione è di circa un terzo, e di circa un quinto oltre gli 85 anni. C’è una forte variazione da paese a paese -l’Italia si trova in posizione mediana- appare però che in ogni classe di età le persone in buona salute siano un multiplo di quelle che lavorano. C’è sicuramente molto da indagare, da interpretare e da discutere. Tuttavia è evidente che si sta formando una crescente massa di persone in buona salute, e che buone politiche possano dare forza alla tendenza (più anziani al lavoro) brevemente tratteggiata, utile antidoto ai mali dell’invecchiamento demografico. Può un viaggio turistico di gruppo permettere di fare osservazioni sociali, politiche ed economiche su un paese esotico come il Vietnam, tanto lontano dalla realtà quotidiana in cui viviamo? Probabilmente quanto scrivo potrà essere confutato da chi conosce meglio di me la storia e l'attualità di quel paese. Pur sempre le contraddizioni sono talmente palesi che merita scriverne con punti interrogativi. Dunque certo sono meravigliosi i paesaggi: la fantastica baia di Halong; i canali e le ripide colline di Ninh Binh; le terrazze di riso sui monti di Sappa; la natura rigogliosa sui rami del delta del Mekong. Sono interessanti le vestigia coloniali francesi a Saigon (Ho Chi Minh city) e Hanoi, e le variate pagode, templi e chiese di tante credenze differenti che pare coesistenti senza tensione. Pensate che ce n'è persino una di cinque milioni di aderenti per i quali uno dei tre profeti principali sarebbe Victor Hugo! Ovunque sono presenti i ricordi ancora recenti delle sanguinose ed eroiche guerre anticoloniali, la prima contro i francesi, conclusa con la batosta a Dien Bien Fu nel 1954, e poi contro la superpotenza americana, in fuga precipitosa da Saigon e dal Vietnam del Sud nel 1975. Così pure sono onnipresenti gli slogan classici del partito comunista e del governo della Republica Socialista del Vietnam, che impongono di pensare alla vita odierna del popolo liberato dal colonialismo occidentale. È vero che solo nel 1994, dopo vent’anni di un boicottaggio economico pari a quello fatto dagli Usa contro Cuba, l'economia del paese incominciò a riprendersi dalle guerre, incluse quelle con la Cina e la Cambogia. Ma data la natura talmente rigogliosa, la popolazione così produttiva e l'apertura all'economia di mercato e agli investimenti internazionali, come avvenuto in Cina, mi sarei aspettato di trovare un paese molto più sviluppato e soprattutto con infrastrutture che permettano la riduzione della povertà e della stratificazione sociale. Nel centro di Ho Chi Minh City (Saigon) e della capitale Hanoi domina ancora lo stile pomposo e paternalista coloniale. Malgrado il turismo internazionale molto fiorente, lungo tutto il giro non ho riscontrato frutti di un sistema che dovrebbe assicurare maggiore eguaglianza di diritti e di servizi sociali tra i cittadini. Servizi sanitari, istruzione, trasporti pubblici, alloggio, ecologia, non sono sviluppati: dappertutto si vedono iniziative private per il turismo e l’esportazione, mentre la vita della popolazione locale non sembra goderne altro che briciole. Un esempio illuminante è l'edilizia, con nuovi quartieri che sorgono vicino alle grandi città, con moderni centri commerciali e uno persino con canali e stile veneziano (come a Las Vegas), ma migliaia di appartamenti vuoti, perchè troppo cari per i vietnamiti: questi restano affollati nelle casupole delle piccole fattorie agricole familiari, anche se lontane dai centri industriali e commerciali. Tra queste, in fazzoletti di terra a suo tempo divisi tra le famiglie con la riforma agraria, spuntano stranamente palazzotti stravaganti all’europea, con Uno sguardo al Vietnam di oggi di Rimmon Lavi

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