una città 5 Nulla di tutto questo sta succedendo a Gaza dalla fine di maggio. L’esercito israeliano ha imposto, per la distribuzione degli aiuti, la sostituzione della Ghf alla precedente gestione dell’Onu e delle ong, accusate di collusione con Hamas. Sotto il controllo della Ghf, i siti sono passati da 400 a quattro, tre dei quali si trovano a ovest di Rafah, nell’estremo sud della striscia, e uno solo nella parte centrale non lontano dal corridoio di Netzarim. La Ghf non ha pianificato alcun centro di distribuzione nella parte settentrionale di Gaza dove si trovano centinaia di migliaia di palestinesi che in tal modo restano tagliati fuori dagli aiuti. La scelta logistica di Ghf costringe quindi una parte della popolazione a percorrere lunghe distanze per accedere agli aiuti e ne esclude del tutto la parte che per diversi motivi non riesce a raggiungere i punti di distribuzione. Inoltre, fino ad ora, la Ghf non ha organizzato alcun sistema di identificazione e registrazione dei beneficiari, con la conseguenza che l’organizzazione non esercita alcun controllo per assicurare che tutta la popolazione bisognosa di assistenza sia coperta adeguatamente, col rischio che qualcuno riceva più aiuti di quanto gli sia dovuto, a scapito di qualcun altro. Dal punto di vista sia pratico che nutrizionale, i pacchi alimentari distribuiti dalla Ghf rivelano l’incompetenza e l’incuria di chi li ha concepiti: i pacchi alimentari della Ghf contengono principalmente alimenti che richiedono cottura come pasta, riso e bulgur, mentre a Gaza la scarsità di acqua potabile e di combustibile ne rende difficile la preparazione. Inoltre, i pacchi sono privi di alimenti freschi e di cibo specifico per neonati e mancano quindi di vitamine e dei micronutrienti necessari per evitare forme croniche o acute di malnutrizione. Fino a marzo agenzie dell’Onu e ong distribuivano pacchi alimentari, cercando di ottenere un giusto equilibrio tra macronutrienti (come grassi e proteine) e micronutrienti (come vitamina A e ferro). Per di più, ogni razione della Ghf è in media di circa 1.750 calorie/giorno inferiore alla razione umanitaria standard di 2.100 calorie per persona al giorno considerata quella necessaria a nutrire un individuo adulto. Insomma, il regime alimentare ideato per i gazawi sembra fatto apposta per ridurli all’inedia. Ma ciò che soprattutto distingue il sistema di aiuti della Ghf da quello esistente fino a pochi mesi fa è che riceverli è diventato una lotteria mortale, in cui coloro che arrivano nei pressi dei siti di distribuzione rischiano la vita e spesso la perdono. Ad ogni distribuzione l’esercito israeliano e i mercenari americani impiegati dalla Ghf sparano sulle folle di palestinesi radunatesi in attesa di ricevere il cibo. Il risultato è che alla fine di luglio quasi mille palestinesi erano stati uccisi dai soldati israeliani. Secondo la versione ufficiale dell’esercito israeliano i soldati sparano colpi di avvertimento contro “individui sospetti” che si avvicinano troppo alle loro posizioni. In realtà le testimonianze, sia dei palestinesi sia degli operatori umanitari presenti sul campo e corroborate da esperti di armi consultati dalla Cnn, sostengono che i beneficiari dell’assistenza non sono in preda ad un impulso suicida, ma che Tsahal fa un uso molto disinvolto di cecchini, droni e carri armati per “controllare” la folla. Il riscontro definitivo riguardo alle responsabilità israeliane viene dai soldati stessi. Militari israeliani intervistati dai giornalisti di “Haaretz” e del “Wall Street Journal” (questi ultimi embedded con l’Idf a luglio) hanno confermato di aver ricevuto dai loro comandanti l’ordine di sparare ai civili palestinesi anche quando è chiaro che questi ultimi non costituiscono una minaccia [3]. Un palestinese sta oltrepassando una linea non segnalata al di là della quale non si può passare? I soldati israeliani sparano perché le regole d’ingaggio lo consentono. Che cosa spiega questa ennesima manifestazione di incompetenza mista a sadismo dopo 22 mesi di stragi? Su questo da tempo non ci sono più dubbi: basta ascoltare e leggere le dichiarazioni rilasciate dai membri del gabinetto di guerra negli ultimi mesi. A marzo il ministro delle finanze Bezalel Smotrich affermava che il governo era pronto a creare un’agenzia per l’immigrazione da Gaza per realizzare il piano di Trump che mira a trasformare i 40 chilometri di costa di Gaza in un complesso turistico e a deportare quel che resta dei 2,2 milioni di residenti. Ad aprile il ministro degli esteri Gideon Sa’ar ha confermato i propositi di deportazione del governo. Nel corso di una conferenza a Gerusalemme, Sa’ar ha detto che incoraggiare l’emigrazione “volontaria” da Gaza è “la cosa più morale e umana da fare” [4] sottolineando che l’iniziativa è in linea con la proposta di pulizia etnica fatta da Trump a febbraio. Ancora più chiaro è stato il primo ministro Netanyahu che a maggio, durante una riunione della Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset, ha dichiarato: “Stiaisraele-palestina alimenti che richiedono cottura come pasta, riso e bulgur, mentre a Gaza c’è scarsità di acqua e combustibile... uno degli obiettivi dei centri di distribuzione della Ghf è spostare la popolazione di Gaza verso sud Fig. 1. Striscia di Gaza: IPC Acute Food Insecurity and Acute Malnutrition. Special Snapshot aprile-settembre 2025. Fonte: IPC (aprile 2025)
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