Una città n. 282

stesso argomento. Per ora è così. Certo per immaginare una nuova Visegard ci vuole molto ottimismo... Per quanto riguarda Orban, c’è da dire che evidentemente lo scambio che sta offrendo agli ungheresi, cioè niente guerra, niente prezzi alti, niente profughi, alla fine è accettabile. È vergognoso, certo; però ovunque l’elettorato vota i suoi interessi, non le sue dichiarazioni morali, no? Certo il prezzo da pagare è infeudarsi a Putin, ma alla fine gli ungheresi pensano che è Orban che si sta infeudando, mica noi! Poi, nel caso peggiore, Bruxelles ci salverà. Temo che questo tipo di argomentazioni siano molto più convincenti di altre... In Polonia sono arrivati anche russi dissidenti. Dicevi che la loro situazione è quasi tragica... Ne abbiamo aiutati alcuni a uscire dalla Russia; so che fa impressione dirlo, ma sono persone che si trovano in una crisi più profonda di quella degli ucraini. Gli ucraini hanno perso tutto, ma sanno che la loro causa è giusta. I russi hanno anche loro perso tutto: chi si è rifugiato in Polonia non ritornerà in Russia perché anche se la sua casa esiste ancora rischia di ritrovarsi in galera, e però la loro causa è odiosa e il fatto che la condannino non cambia niente. Non pochi oggi fanno volontariato per aiutare gli ucraini. D’altra parte, se non aiuti gli ucraini, come fai a guardarti allo specchio? Parlo di persone di mia conoscenza. Persone che sono partite assumendosi rischi importanti dopo che per anni avevano fatto tutto quello che si poteva, le manifestazioni, le proteste, anche la galera… Ecco, oggi in Polonia si ritrovano in situazioni psicologicamente impossibili, perché, ad esempio, gli ucraini si accorgono che sono russi-russi, e non russi di Ucraina; la differenza di accento che i polacchi non sanno rilevare, gli ucraini la percepiscono subito. E allora accetterai una minestra preparata da una signora russa? Non solo, in qualche caso gli ucraini, davanti a un russo, hanno finalmente la possibilità di dire cosa pensano di loro, di sfogarsi, anche se questi russi fuggiti sono evidentemente le ultime persone che avrebbero bisogno di sentirselo dire. Davvero, fatico a immaginare una condizione esistenziale più difficile... Il resto della popolazione russa è la prova di quanto può essere efficace un totalitarismo moderno. Questo è anche un monito: se non difendiamo le nostre democrazie in Polonia, Ungheria, Slovenia, i nostri paesi rischiano, nel giro di dieci, quindi anni di essere assimilati alla Russia di Putin. È un pericolo reale, non immaginario e nessuno sa quale sarebbe la strada di ritorno. Già oggi la situazione in Russia è intricata. Se qualcuno assassina Putin, o Putin muore di infarto, assumendo che abbia un cuore, il giorno dopo cosa succede? Quali sono i meccanismi democratici che potrebbero portare al potere un reale rappresentante della società russa? Non vedo un ingranaggio interno in grado di riabilitare la società russa. Rifiuto assolutamente di accettare l’idea che “i russi sono così”. Perché i russi che io conosco non sono così. E conosco invece polacchi che sono così. Quindi quella mi sembra proprio una sciocchezza. Detto questo, continuo a non vedere come si possa uscire da questa trappola. Cioè, posso immaginare che si verifichi una specie di crisi generale quando aumenterà il numero dei cadaveri di soldati russi che torneranno in madrepatria. Però non dobbiamo dimenticare che in Serbia si sono liberati di Milosevic quando si sono resi conto che stava perdendo la guerra, e però questo non ha portato alla creazione di una società liberale e democratica, e in un certo senso la Serbia era meno coinvolta della Russia. La Serbia appoggiava gli assassini, la Russia è la mandante degli assassini. Dicevi che anche l’Unione europea ti ha sorpreso positivamente... Sì, l’Unione europea mi ha sorpreso così come mi ha sorpreso la Polonia. La Russia invece non mi ha sorpreso per niente, cioè per me era evidente che ci sarebbe stata una guerra, perché non si mobilitano centocinquantamila soldati in pieno inverno per impressionare il “New York Times”. Uno sforzo tale poteva essere intrapreso per un solo scopo: fare una guerra. E conosciamo il modo russo di fare la guerra: l’abbiamo visto in Cecenia, in Georgia, in Siria… quindi quel modo di fare guerra non mi ha sorpreso. Invece, come dicevo, mi ha sorpreso immensamente la Polonia, e mi hanno sorpreso molto l’Unione europea e l’Occidente in generale per la capacità di intraprendere un’azione unitaria e anche abbastanza coraggiosa. Davvero non pensavo che ci saremmo mostrati all’altezza della situazione, con una miscela intelligente di sfida, ma anche di azione ragionevole. Per esempio, io appoggio la decisione della Nato di non fare la no-fly zone nel cielo ucraino: il rischio è troppo grande, e questo è l’aspetto ragionevole. Ma la decisione dei tedeschi di diventare il terzo paese in spese per difesa del mondo, dopo tutti questi anni di pacifismo, mi ha colpito molto. Tra l’altro, sarà un’Europa completamente diversa, con i tedeschi non più pacifisti e i polacchi non più monoetnici. L’ultima volta che è capitato, negli anni Trenta, non è andata a finire bene… Bisognerà prestare attenzione anche a ciò che succede nei Balcani... ci sono così tanti fattori in gioco. Credo che in queste settimane nei Balcani stiano studiando la lezione del Nagorno-Karabakh, questa piccola azione militare compiuta dall’Azerbaijan contro i territori protetti dai russi. Ecco, loro hanno dimostrato che si può andare contro la volontà politica di una grande potenza senza pagarne il prezzo se la grande potenza è occupata altrove. Ovviamente loro non intendono certo fare la guerra alla Russia, ma quando si ritornerà a negoziare, gli azeri diranno: “Avete visto? Possiamo fare delle cose. Possiamo anche non farle, se otteniamo gli stessi risultati alla tavola del negoziato...”. Però attenzione perché la Russia non è l’unica potenza occupata altrove. Se prima, ad esempio, per Dodik l’idea che Putin sarebbe corso in suo aiuto era poca cosa comparata alla possibilità di una reazione americana massacrante, e sarebbe stata sufficiente a convincerlo a rimanere su livelli di pura retorica, beh, oggi, con quello che sta succedendo, una secessione della Repubblica Serba di Bosnia sarebbe certo rischiosa, ma non è più suicidaria. È diventata una opzione da considerare. E se si fa un accordo con la Croazia, se si appoggia la creazione di uno stato croato in Bosnia… ecco che di questo già si può parlare. La guerra è tornata come un argomento legittimo di relazioni politiche. Ancora l’altro ieri uno stato che avesse minacciato di fare guerra a un altro sarebbe stato già perdente. Oggi dipende dalle alleanze dell’uno e dell’altro. È un mondo che noi pensavamo fosse sparito dopo il ’45. ... A metà degli anni Novanta, davanti all’aggressione serba, abbiamo lasciato la Bosnia da sola. In queste settimane si è parlato della “prima volta” dopo la Seconda guerra mondiale. Ecco, della Bosnia non si ricorda più nessuno… È vero ed è una cosa indecente. Detto questo, l’amara verità è che l’Europa poteva permettersi di abbandonare la Bosnia. Era una vergogna morale, c’era un prezzo politico da pagare, ma visto che eravamo occupati altrove, il prezzo politico era accettabile e il resto dei costi lo pagava la Bosnia stessa. Con l’Ucraina non abbiamo questa possibilità. È questo che ci ha portato ad agire con l’unità e la forza. È la paura. La paura è che questa volta si tratti di affari nostri e questa percezione è qualcosa che mobilita a meraviglia! (a cura di Barbara Bertoncin e Bettina Foa) una città 22 l’amara verità è che l’Europa si poteva permettere di abbandonare la Bosnia... in Ucraina sono “affari nostri” cosa sta succedendo

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