Una città n. 282

una città 32 un dialogo bliche dopo otto anni è stato solo una scusa per l’invasione dell’Ucraina”. Chiama a mobilitarsi “contro la guerra in Ucraina e la dittatura di Putin”. “Abbiamo bisogno che il mondo intero sostenga l’Ucraina e si rifiuti di aiutare in alcun modo il regime di Putin”. Ho letto, grazie alla tua citazione, le pagine di Virginia Woolf dell’agosto 1940 (tradotte da Nadia Fusini) sui “Pensieri di pace durante un’incursione aerea”. Le tue parole erano rimaste sospese in un accostamento fra i piloti tedeschi e inglesi. Dice: “Su in cielo dei giovani uomini inglesi e dei giovani uomini tedeschi si combattono. Sono uomini i difensori, sono uomini gli attaccanti. Alla donna inglese non vengono consegnate le armi, né per combattere il nemico, né per difendersi. Lei deve giacere al buio disarmata stanotte. Eppure se crede che il combattimento in cielo è una battaglia tra gli inglesi per proteggere la libertà, e i tedeschi per distruggere la libertà, anche lei deve lottare, per quanto può, dalla parte degli inglesi. Ma come può lottare per la libertà senza armi da fuoco? ... Possiamo ‘fabbricare’ idee, che aiuteranno il giovane uomo inglese che combatte su in cielo a sconfiggere il nemico”. Dice anche: “Dobbiamo creare attività più onorevoli per chi cerca di dominare in se stesso l’istinto al combattimento, l’inconscio hitlerismo. Dobbiamo compensare l’uomo per la perdita delle armi”. (L’inconscio hitlerismo mi è sembrato un risarcimento anticipato alla dolorosa Sylvia Plath, “Ogni donna adora un fascista”; e quanti suicidi). In quello stesso 1940 di Virginia Woolf, Gandhi scriveva una famosa, tremenda “Lettera agli inglesi”: “Faccio appello perché cessiate le ostilità / contro la Germania nazista, / non perché non siete più in grado di sostenere la guerra, ma perché la guerra è un male in assoluto... Invitate Hitler e Mussolini a prendere ciò che vogliono della vostra bella isola... Se vorranno occupare le vostre case, voi le abbandonerete. Se non vi lasceranno uscire, voi insieme alle vostre donne e ai vostri figli vi lascerete uccidere piuttosto che sottomettervi”. Anche Gandhi infatti, pur sensibile alla “bellezza del compromesso”, cedette all’assolutismo della nonviolenza -non si chiamava ancora senza se e senza ma, che mondo di incubo senza se e senza ma. Di fronte a un totalitarismo che dispieghi i suoi programmi (che “Putin non è Hitler” è certo, e non ha un disegno di genocidio razzista) la resistenza armata è necessaria. Ma la novità vera che l’aggressione all’Ucraina ha introdotto è equivalente all’aggressione storica dei totalitarismi, ed è il ricorso esplicito alla minaccia della bomba atomica (continuo a chiamarla così, che non perda il suo significato d’archetipo). La bomba atomica Caro Adriano, non posso che partire dalla domanda che mi poni a inizio e fine della tua lettera, di cui ti ringrazio, e dal richiamo affettuoso al “lunghissimo tempo in comune” che abbiamo avuto. A partire dal nostro primo incontro come matricole alla Scuola Normale di Pisa, è vero che non ci siamo mai persi del tutto di vista, da vicino o leggendoci da lontano. Ti meravigli che questo lungo tratto di vita e di storia, che a volte si è anche intrecciato - penso a Lotta continua, negli anni Settanta -, non ci porti oggi a trovare almeno un “compromesso” tra le nostre diverse opinioni rispetto a un “frangente cruciale” come la guerra. In Ucraina, ma io aggiungo: rispetto a tutte le guerre. Ti chiedi se, al di là di tutto quello che condividiamo -e che occupa gran parte del tuo scritto-, a dividere le nostre scelte non sia quel “resto”, che è “la differenza fra me donna e te uomo”. Mi viene immediato e facile risponderti che ci sono uomini che la pensano come me, e con argomentazioni analoghe, e donne che conosco, a cui mi lega una lunga amicizia, che condividono la tua idea che sia necessario “dare un’arma di difesa a chi è aggredito”. Non intendo dire che l’appartenenza a un sesso e all’altro sia di per sé insignificante, ma la prima e la più rivoluzionaria intuizione del femminismo è stato riconoscere che le donne hanno purtroppo, forzatamente e loro malgrado, fatta propria la visione maschile del mondo. Che altro potevano fare, una volta confinate nel ruolo di madri e mogli, cancellata la loro sessualità e il loro essere persone e non “un genere”? Anche gli uomini hanno ereditato, di padre in figlio -e con quell’anello di trasmissione che è l’educazione materna- una cultura sessista, un privilegio ma anche la mutilazione di parti essenziali dell’umano, considerate “per natura” femminili. “Per molti uomini -scrive bell hooks- è difficile essere dei patriarchi. Molti di loro sono disturbati dall’odio e dalla paura delle donne, dalla violenza maschile contro le donne, perfino gli uomini che perpetuano tale violenza. Tuttavia hanno paura di rinunciare a dei benefici. Perciò trovano più facile sostenere passivamente il dominio maschile anche quando, nel profondo della loro mente e del loro cuore, sanno che è sbagliato […]. Se conoscessero meglio il femminismo, smetterebbero di averne paura, perché nel movimento femminista troverebbero la speranza della loro stessa liberazione.” Quello che più mi ha colpito nella tua lettera è la ricchezza dei ragionamenti e delle citazioni che dicono quanto questa conoscenza abbia avuto un peso nella tua formazione politica, oltre che personale. La guerra, tu dici, e io posso confermare, è “un culmine della formazione maschile”, o virile, così come della “estraneità femminile, e femminista”: esalta la disuguaglianza di genere, ricaccia indietro libertà c’è da tre quarti di secolo. Dopo è rimasta disseminata, anche fra noi, ma sempre più rimossa, come tante altre cose intrattabili, certe scorie radioattive di cui non sapremo liberarci, certe parole impronunciabili. Ora ci sta fra i piedi. Ti propongo, Lea, di considerare la bomba atomica come il deposito materiale in cui culmina la storia dell’Uomo: il capolavoro del patriarcato che, uscito da lui, gli sta di fronte come un nuovo divieto nel rattoppato giardino dell’eden. C’erano tre minacce incombenti sul genere umano: il clima, la pandemia, l’atomica. Putin poteva maneggiarne una sola, e ci si è buttato. Ora, le donne hanno una forte ragione, seppur non intera, a dissociarsi dalla storia che è arrivata alla bomba e a rivendicarne un’altra direzione. Ma c’è. In Ucraina si sta decidendo come muoversi sotto quell’esplicito ricatto. La distanza fra No Fly Zone e fornitura di armi difensive sta lì, in bilico. Dunque, perché tu e io non siamo d’accordo, nemmeno dopo ottant’ anni che abitiamo questa terra? Guarda, se dovessi ricapitolare l’itinerario di un maschio (etero) del mio tempo direi così: che prima veniva la sfida del sesso come una messa alla prova della virilità, non granché per sé (ancor meno per l’altra), una sufficienza presa presso i propri simili; poi un’attenzione all’altra, al suo piacere e a una sua realizzazione, che era però ancora un arrotondamento meno rozzo della prova di sé; poi un desiderio della felicità dell’altra come condizione e compimento (parziale, incolmabile) della propria. Poi la memoria. Forse nella vicenda media di un uomo (etero) della nostra generazione, di una vita così lunga e così piena di cambiamenti vertiginosi, c’è un riassunto, o almeno uno spiraglio metaforico alla vicenda del rapporto fra l’uomo e la terra. Un uomo che abbia imparato ad amare, davvero saprà fare l’amore e non la guerra. Io desidero dare un’arma di difesa -contro un tank, una batteria di artiglieria, un caccia- a chi è aggredito e rischia di soccombere. E, angosciosamente, mi dico che il negoziato che tutte e tutti dicono di auspicare non verrà se non grazie alla resistenza. A farci differenti è un’opinione, o anche e ancora, il tuo esser donna e il mio essere, ed esser stato, uomo? “Il Foglio”, 12 marzo 2022 Lea Melandri

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