Una città n. 282

una città 42 tendenza sempre più diffusa. Questa settimana il cancelliere dello scacchiere del Regno Unito, il milionario Rishi Sunak, la cui moglie è invece miliardaria, ha pronunciato una frase agghiacciante mentre, con fare entusiasta, parlava delle sue finanze ai media. Ha detto: “Certo non possiamo fare tutto”. Forse all’apparenza può sembrare una frase innocente, d’altra parte è vero: chi può fare “tutto”, in fin dei conti? Ma il “certo non possiamo fare tutto” di Rishi Sunak era rivolto alle classi più povere della società, a quelli che meno degli altri riescono a sopravvivere nel bel mezzo di questo caro-vita, coloro la cui salute e sicurezza vengono compromessi dalle scelte del governo. “La povertà è una scelta politica”, ha affermato l’ex leader del Labour Party, Jeremy Corbyin. È anche la battaglia più antica e duratura, la guerra tra chi ha e chi non ha, ma da almeno un secolo non assistevamo a una situazione tanto grave e, peraltro, all’orizzonte si prospettano solo peggioramenti. Come ha sottolineato il professor Anthony Costello, ex responsabile del Dipartimento di salute materna e infantile dell’Oms, in questo stesso anno i nostri bambini soffriranno di malnutrizione; nel 2022, i nostri figli non avranno cibo a sufficienza per nutrirsi, un risultato diretto di scelte politiche del nostro governo. Un quattordicenne è svenuto per la fame in una mensa pubblica, ed è stato trasportato in un ospedale assediato da pazienti; è successo il 27 marzo scorso, e non sarà l’ultimo. Nelle interviste alla radio, i genitori single sono disperati davanti alle sfide sempre più ardue che devono affrontare per sfamare i loro figli. Le persone danno voce alla propria rabbia e alle proprie paure. Ora che ci dobbiamo confrontare con le parti più vulnerabili della nostra società, con i nostri stessi figli che vanno incontro a denutrizione, fame, temperature sempre più fredde, miseria vera e propria, che dovrebbe fare un Cancelliere? Certamente non intraprendere misure per sostenere i ricchi, i benestanti, né lasciare intonsi gli immensi profitti delle compagnie energetiche e poi dire: “Certo non possiamo fare tutto”. Un governo cui importasse dei propri cittadini direbbe: “Troveremo il modo”. Ma forse lo stesso Cancelliere che ha eliminato il contributo di 20 sterline ai più poveri pensa di poter fare affidamento alla rete nazionale delle mense pubbliche per nutrire gli affamati; se così fosse, sarebbe spregevole e cinico. Perché in quelle mense c’è sempre meno da mettere nei piatti, man mano che anche le comunità cittadine diventano sempre più povere e si riducono le donazioni. Le mense stanno assistendo a un incremento da record nella domanda e ci si aspetta che la situazione peggiorerà. In casi normali, la comunità si fa avanti e organizzazioni volontarie, come “The Gleaning Network”, raccolgono e redistribuiscono la frutta e la verdura avanzata dai mercati agricoli proprio alle mense che solitamente sono carenti di prodotti freschi, così ricchi di nutrienti; ma ora la domanda si è spostata su cibo che non richiede la cottura, perché mancano i soldi per pagare il gas, il cui prezzo è salito del 54% solo questa settimana. I cittadini comuni sono capaci di una compassione che non trova eguali in nessun livello governativo. Più di 200.000 persone si sono offerte di accogliere famiglie ucraine. Una risposta fantastica a un urgente bisogno umanitario. Forse è un cambio di paradigma nel modo di pensare ai rifugiati in generale. Penso e spero sia così. I miei concittadini sono sotto shock e si sono resi conto di cosa stia accadendo forse perché gli ucraini sono tali e quali a noi, ma ora è importante che la stessa sensibilità, la stessa compassione venga rivolta anche a tutti gli altri profughi. Il desiderio di essere d’aiuto, i furgoncini caricati dalle comunità locali di beni di prima necessità e portati fino al confine tra Polonia e Ungheria, è qualcosa che si deve a una reazione di cuore ed è, al contempo, molto pratica. Ma i nostri governanti riescono a sprecare anche questa manifestazione di impegno e solidarietà, così come hanno sciupato lo spirito di cooperazione messo in atto durante il lockdown: quello stesso periodo in cui a Dominic Cummings è stato dato un lasciapassare per andare a Barnard Castle, dove Boris Johnson si intratteneva in festini, e tutto questo mentre noi normali cittadini non potevamo nemmeno dare l’addio ai nostri cari in fin di vita. Non danno valore a generosità e bontà d’animo perché non vi ritrovano alcun profitto economico. Forse è perché la gentilezza non trova posto nel loro gretto individualismo. Forse è per questo che sembra impossibile che il governo ritrovi la retta via e lavori sul serio a servizio degli altri, con competenza, e che fornisca rifugio ai profughi privi di documenti; se poi non riesce ad agire con compassione neppure verso popoli così vicini all’Europa, almeno che predisponga un sistema di visti che funzioni, che offra sicurezze che mettano al riparo i profughi dal rischio del traffico di esseri umani, che dia aiuto. Ma non è ciò che il governo sta facendo: piuttosto, taglia gli aiuti. È incompetente, è il peggior governo della nostra storia recente. Non ha valori, e certamente nessuna grazia. Quando ero una studentessa universitaria, qualche tempo fa, un giovane compagno di studi, maschio privilegiato di una famiglia benestante, uno che non aveva mai dovuto lavorare un giorno della sua vita, era solito firmare così le sue lettere: “la gentilezza è debolezza”. Una frase arrogante e stupida. Beh, la gentilezza non è debolezza. La gentilezza è invincibile, ed è lì per essere offerta, ed è questo che fanno le persone comuni, e lo fanno spesso. Non tutti, ma un numero sufficiente di noi sì. (traduzione a cura di Stefano Ignone) Io sono un serbo (di nome e di poco altro) in Bosnia. Nel 1992 (esattamente trent’anni fa, e più o meno in questo stesso periodo dell’anno), ho avuto il culo che i miei compatrioti serbi si siano messi una mano sul cuore e abbiano deciso di difendermi da orde musulmane assetate di sangue. Badate, non è che hanno deciso di difendere se stessi, dovunque stavano. No, si sono impuntati proprio su di me, serbo in Bosnia, preda di mujaheddin. Sono arrivati alle porte della mia, di città, per tenermi al sicuro. Mi hanno lanciato addosso qualcosa come tre milioni di granate, che altrimenti i musulmani mi maltrattavano. Mi hanno tenuto sotto l’assedio più lungo della storia dell’umanità, che se no potevo rimanere offeso nei sentimenti. Mi hanno levato l’acqua e l’energia elettrica, rispedendomi dritto all'età della pietra e con tutto questo hanno in effetti provocato qualche rappresaglia da parte dei non serbi. Ora, se non mi avessero “difeso”, come sarebbero andate le cose per me? Beh, il leader politico musulmano Alija Izetbegovic non è certo stato uno stinco di santo, ma da qui a bombardare civili preventivamente ce ne dovrebbe correre. I rapporti di forza in Bosnia trent’anni fa e in Ucraina adesso sono bene o male gli stessi (l’esercito jugoslavo era, dicevano, il quarto al mondo per potenza mentre quello russo è il secondo, ma la popolazione bosniaca è un decimo di quella ucraina). La differenza è che la comunità internazionale ci lettere, rubriche, interventi Sono un serbo in Bosnia... di Zoran Herceg

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