Una città n. 282

una città 41 Nessuno ignora oggi che la tubercolosi è, molte volte, uno dei mezzi che i giovani impiegano per suicidarsi. Azzardo l’ipotesi che il cancro (malattia degli anziani) abbia le sue radici psichiche in un tentativo sbagliato dell’organismo per ringiovanire. La formazione di un neoplasma potrebbe significare il desiderio di rifarsi un nuovo organo; p. es, uno stomaco. (Ho comunicata questa mia ipotesi ad alcuni medici intelligenti, i quali ne hanno tutt’altro che riso). Ebbene, che cosa è stata, in fondo, l’adesione al fascismo -in Italia e altrove- se non un tentativo sbagliato della borghesia di rifarsi una vita nuova, di ringiovanire? Troppo tardi si è accorta poi dell’errore; e allora... non c’era più rimedio; la buona cosa, la cosa provvidenziale, che si presentava apportatrice di un “ordine nuovo” recava invece inumane sofferenze; e, a più o meno lunga scadenza, la morte. L’“Impero Romano” (nel secolo XX!) ebbe -purtroppo per noi- la genesi, i caratteri e le conseguenze di un neoplasma. È evidente, qui, il metodo e la diagnosi di tipo clinico che Saba adopera per interpretare e smascherare con spietata onestà gli eventi politici e storici. La fisiologia scavalca la storiografia, nel sottinteso generale secondo cui la vita e l’evoluzione del genere umano rispecchiano quelle del singolo organismo individuale. Perciò (e in proposito) si possono subito citare altre due scorciatoie: A QUELLI che credono ancora che Adolfo Hitler (l’uomo che non poté amare) abbia almeno amata la Germania, racconto qui qual è stato veramente il suo sogno. Ridurre la Germania un mucchio di macerie; e, fra nuvole di gas asfissiante, rimproverando ai tedeschi di averlo -per colpa degli ebrei- tradito, salire EGLI al cielo, in una specie di apoteosi, circondato dal fiore delle sue più giovani e fedeli Ss. Questo sogno egli lo ha sognato così profondamente (credendo -oh, in piena buona fede!- di sognarne un altro) che si può dire egli abbia vinta -almeno in parte- la SUA guerra. Con supremo distacco (che è, appunto, clinico) Saba propone in un lampo visionario la sua diagnosi di Hitler: “l’uomo che non poté amare”, perché amava sé stesso in un’apoteosi di morte e distruzione, che sono, in senso freudiano, un sadismomasochismo gigantesco e allo stato puro. Una malattia che quell’uomo è riuscito a trasmettere quasi a un intero popolo, perché in quel popolo esisteva già, in altre più tenui forme, allo stato latente. Quanto al parallelismo fra malattie prevalenti in una data epoca nel corpo umano e patologie sociali, si tratta proprio di una straordinaria intuizione metaforica, cioè in senso lato poetica: come il leone è metafora del coraggio, così il cancro è metafora del fascismo. Un difetto tuttavia si nota, perché non c’è vero parallelismo invece fra gli “sdilinquimenti sentimentali” tipici dell’Ottocento e il fascismo del Novecento. A meno di non pensare che una patologia della sensibilità diffusa in epoca romantica non si sia ahimè trasformata, nel secolo delle macchine e delle masse, in una ben peggiore patologia politica, dentro la quale c’era naturalmente un’inclinazione sociale che scambiava un male per un rimedio al male. Nella crisi borghese di inizio Novecento, suggerisce Saba, covava perciò, anzitutto, una pulsione suicida. Ma per finire sullo stesso tema ecco le conclusioni: UOMINI POLITICI Se io, se tu lettore, si andasse al governo, faremmo -ne sono (almeno per quanto mi riguarda) certo- delle buone leggi. Ma non possiamo (né vogliamo) andarci. Perché? Perché ci manca la volontà di potenza, o quella particolare forma di essa, senza la quale uno né va, né si mantiene, al potere. Abbiamo certamente l’altra qualità necessaria a una azione -in questo senso- utile e costruttiva: l’amore intelligente del nostro paese. Ma, sola, non basta. Né, sola, basta l’altra. L’uomo di stato è -come il grande poeta- raro; deve fondere in sé due qualità (la prima egoistica, “crudele”, captativa; l’altra di dedizione, oblativa) che sembrano -e sono- discordanti e quasi inconciliabili. La sola volontà di potenza, disgiunta da un sincero amore per l’oggetto (in questo caso il popolo italiano) ci ha data la “grinta” di Mussolini. La stessa, unita all’amore per l’Italia (o almeno per l’Italia Settentrionale, o per il Piemonte, o per quella che Radetzky chiamava, con settecentesco rispetto, la S. M. Sarda) il sorriso di Cavour. Uno ha fatta l’Italia, che l’altro ha disfatta. C’è da aggiungere qualcosa? Sì, ecco: PATRIOTTISMO, NAZIONALISMO E RAZZISMO stanno fra di loro come la salute, la nevrosi e la pazzia. La salute mentale, nonostante le apparenze, è sempre più rara. La nevrosi è dovunque. La pazzia è in crescita: dato che nasce da una stupidità diventata socialmente più naturale che mai. Cari amici, tre o quattro mattine a settimana porto il mio cane a passeggio nei pressi di un campo dove si trovano un gruppetto di asini raglianti e un vigoroso giovane pony. Nella loro mangiatoia non ho mai visto un filo di paglia. Non è chiaro di chi siano questi animali, che abitano un campo troppo piccolo per ospitarli tutti. Un paio di quegli asini sono anziani, malfermi, magri e col manto arruffato. Non sono l’unica a portare loro delle carote, ma ora so che nutrire alcuni asini con qualche carota è un processo più complicato di quanto potessi immaginare e richiede una certa strategia. Tanto per cominciare, è il vivace pony il primo ad affacciarsi alla recinzione. Provo dunque a passare una carota prima agli asini, ma è spesso impossibile, perché il pony è più forte, scalcia e dà spallate agli asini per farsi spazio. Per nutrire gli altri devo prima dar da mangiare a lui, e continuare a farlo per distrarlo, così da riuscire a lanciare una carota all’asino più debole e affamato in modo da lasciargli il tempo di raccoglierla da terra. Questo significa che il pony si mangia il triplo o il quadruplo delle carote degli altri, e che alcuni di questi, che arrivano troppo tardi, o sono troppo lontani, deboli e lenti, non ne riescono a prendere neanche una. Non credo che avrei potuto trovare una metafora migliore per le condizioni del Regno Unito dei nostri tempi. Talvolta mi domando se il proprietario degli asini e del pony non consideri anche le attenzioni dei passanti nel valutare come e quanto nutrire le povere creature rinchiuse nel suo recinto. Se fosse così, vorrebbe dire che sta cinicamente sfruttando la compassione degli sconosciuti. Cosa che sembra una lettere, rubriche, interventi La gentilezza è invincibile dall’Inghilterra, Belona Greenwood

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