Una città n. 282

Taras Bilous è uno storico ucraino, attivista dell’organizzazione Social Movement. Come redattore di “Commons: Journal of Social Critique” si occupa di guerra e nazionalismi. Scrivo queste righe da Kyiv sotto i colpi dell’artiglieria. Fino all’ultimo minuto ho sperato che le truppe russe non avrebbero lanciato un’invasione in piena regola. Ora posso solo ringraziare chi ha fatto trapelare l’informazione ai servizi di intelligence statunitensi. Ieri ho trascorso mezza giornata a valutare se unirmi o meno a un’unità di difesa territoriale. Nella notte, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato l’ordine di mobilitazione generale, e le truppe russe si sono mosse per preparare l’assedio a Kyiv, prendendo di fatto la decisione per me. Prima di prendere servizio, però, vorrei comunicare alla sinistra occidentale cosa ne penso della sua reazione all’aggressione russa all’Ucraina. Prima di tutto, sono grato a coloro che, a sinistra, stanno picchettando le ambasciate russe -anche a quelli che ci hanno messo un po’ a realizzare che era la Russia l’aggressore in questo conflitto. Sono grato ai politici che sostengono misure per esercitare pressione sulla Russia, affinché interrompa l’invasione e ritiri le proprie truppe. Sono grato alla delegazione dei parlamentari britannici e gallesi, agli unionisti, agli attivisti che sono venuti a offrirci il loro aiuto e ad ascoltarci nei giorni precedenti all’invasione russa. Sono inoltre grato alla Ukraine Solidarity Campaign del Regno Unito per l’aiuto offerto in tutti questi anni. Questo articolo, però, riguarda l’altra parte della sinistra occidentale. Quella che aveva previsto una “aggressione della Nato all’Ucraina”, e che non riusciva a immaginare l’invasione russa -come, ad esempio, la sezione di New Orleans dei Dsa, i socialisti democratici d’America, oppure il comitato internazionale dei Dsa, che ha divulgato una dichiarazione indegna senza esprimere una singola parola di critica alla Russia (sono altresì grato al professore e attivista americano Dan Le Botz e ad altri che hanno manifestato il loro disaccordo con quella dichiarazione). O quelli che hanno criticato l’Ucraina per non aver implementato gli accordi di Minsk, gli stessi che però sono rimasti in silenzio sul mancato rispetto di quegli stessi accordi da parte della Russia e sull’esistenza delle cosiddette “repubbliche popolari”. O quelli che hanno esagerato l’influenza dell’estrema destra in Ucraina senza però accorgersi della sua presenza in quelle “repubbliche popolari”, e che non hanno mai espresso critiche all’indirizzo delle politiche conservatrici, nazionaliste e autoritarie di Putin. Tutto ciò è parte di un più ampio movimento contro la guerra, quello che di solito i critici di sinistra definiscono “campismo”. L’autrice e attivista anglo-siriana Leila AlShami ha usato un epiteto più forte: “l’antiimperialismo degli idioti”. Leggete il suo meraviglioso saggio del 2018, se non l’avete ancora fatto. Qui vi riporterò solo le tesi principali: l’attività di una gran parte della sinistra “pacifista” non aveva nulla a che fare con la fine della guerra in Siria. Si opponeva soltanto all’interferenza occidentale, ignorando, o persino sostenendo, l’impegno di Russia e Iran, per non parlare del loro atteggiamento nei confronti del “legittimamente eletto” regime di Assad. Scrive Al-Shami: “Un certo numero di organizzazioni pacifiste ha giustificato il proprio silenzio riguardo l’intervento russo e iraniano sostenendo che ‘il nemico numero uno ce l’abbiamo in casa’. Questo risparmia loro di intraprendere qualsivoglia seria analisi dei rapporti di potenza che permetterebbe di determinare chi siano effettivamente gli attori che stanno fomentando la guerra”. Sfortunatamente, abbiamo rivisto questo cliché all’opera anche per quanto riguarda l’Ucraina. Perfino dopo che la Russia aveva riconosciuto l’indipendenza delle “repubbliche popolari”, pochi giorni fa, Branko Marcetic, redattore della rivista statunitense di sinistra “Jacobin” ha pubblicato un articolo costituito quasi interamente da critiche agli Stati Uniti. E per quanto riguardava le intenzioni di Putin, si è spinto solo a sottolineare come il leader russo avesse “manifestato intenzioni non troppo buone”. Sul serio? Non sono un fan della Nato. So bene che dopo la fine della Guerra fredda quell’entità ha perduto la sua funzione difensiva e si è data a politiche aggressive. So che l’espansione orientale della Nato ha pregiudicato gli sforzi internazionali rivolti al disarmo nucleare e alla realizzazione di un sistema di sicurezza comune. La Nato ha provato a marginalizzare il ruolo delle Nazioni Unite e dell’Osce in Europa, gettando loro discredito e definendole “organizzazioni inefficienti”. Ma non possiamo riscrivere il passato e ora, per trovare una via di uscita da questa situazione, dobbiamo concentrarci sulle circostanze attuali. Quante volte la sinistra occidentale ha tirato fuori le promesse informali degli Stati Uniti all’ex presidente russo Mikhail Gorbaciov sulla Nato (“non un passo verso Est”), e quante volte ha citato invece il Memorandum di Budapest che garantiva la sovranità dell’Ucraina? Quanto spesso la sinistra occidentale ha sostenuto le “legittime preoccupazioni sulla propria sicurezza” della Russia, uno stato che dispone del secondo arsenale atomico più grande del mondo? E quanto spesso invece ha ricordato le preoccupazioni sulla sicurezza dell’Ucraina, uno stato che ha dovuto svendere le proprie armi nucleari sotto la pressione degli Stati Uniti e della Russia, per avere in cambio un pezzo di carta (il già citato Memorandum di Budapest), reso definitivamente carta straccia da Putin nel 2014? A chi critica la Nato da sinistra è mai capitato di pensare che è l’Ucraina la vittima principale dei cambiamenti operati con l’espansione della Nato? Ancora una volta, la sinistra occidentale risponde alle critiche alla Russia citando l’invasione americana dell’Afghanistan, dell’Iraq e di altri stati ancora. Certo, parliamo pure di questi stati -ma come dovremmo farlo, esattamente? L’argomento della sinistra dovrebbe essere una città 5 NOI VI OPPORREMO RESISTENZA Perché così tante persone a sinistra hanno fatto finta di niente davanti all’invasione russa? Detestare l’internazionalismo liberale non può comportare la non condanna della Russia né l’accettazione della giustificazione del suo presunta esigenza di sicurezza; il bisogno di una politica globale e di un sistema globale di sicurezza internazionale. Di Taras Bilous. la rivista statunitense di sinistra “Jacobin” ha pubblicato un articolo quasi interamente di critiche agli Stati Uniti cosa sta succedendo

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