Una città n. 283

una città 39 lettere, rubriche, interventi rebbe un intellettuale ‘perbene’, ma sulla base della propria personalissima esperienza”. Che vuol dire “intellettuale perbene”? Dramma esistenziale e ricerca metodica cosa hanno a che fare con l’ipocrisia moralistica? Non si chiede a Barberis di concedere a Pasolini la corona dei poeti laureati (di montaliana memoria), ma, a un secolo dalla nascita e a quarantasei anni dalla morte, si chiede solo finalmente di rispettare Pasolini, aggredito spesso impunemente in vita e mai difeso dai tanti benpensanti che seguivano ipocritamente la bandiera delle sue idee. In una bella intervista il regista Mario Tullio Giordano, che a Pasolini ha dedicato alcune sue opere cinematografiche, chiede che Pasolini non sia ostentato come “un corpo Santo in una stagione nella quale la violenza del sovranismo populista e l’odio per la diversità sono ancora più drammatici di allora. Basta considerare che nel recente Festival di Sanremo si è discusso per tre giorni sul tema della diversità. Perché intorno a questo complesso personaggio continuano a nascere studi e approfondimenti di solido impegno? Pasolini aveva una vocazione pedagogica costruita su una passione solidale verso l’umanità dei diseredati e verso tutti coloro che avessero accettato la sua autorevolezza culturale. Celebri le sue riflessioni “Può educare solo chi sa cosa significa amare”. E ancora: “Educare sarà forse questo il più alto e umile compito affidato alla nostra generazione”. O come scriveva sul “Popolo di Roma” nel settembre ’51 quando si interrogava su come proporre agli alunni delle medie la poesia: “È equo che l’insegnante ricorra a un elementare principio di autorità e che nello stesso tempo susciti nell’allievo quella curiosità e quella passione che elimini la fatica di un’attenzione ‘passiva’”. Certo, la contraddizione di rimpiangere la campagna abitata dalle lucciole è più reminescenza delle Bucoliche di Virgilio e trascura la tragica miseria della popolazione contadina friulana che nella pellagra, nella miseria, nello sfruttamento feudatario ancora nel Novecento subiva una sottomissione disperante. Ma le sue contraddizioni erano anche l’impegno di scoprire nuovi itinerari di solidarietà tra chi riceveva le attenzioni della sua intelligenza. Pasolini amava credere nelle possibilità di conservare la memoria del borgo nel quale era cresciuto contro un mondo da abbandonare. Il metodo pedagogico di Pasolini non si fonda su una dimensione teorica, astratta, ma vive della fatica dell’operare lontano dagli stereotipi del maestro del libro Cuore. Nel volume Romans, Pasolini scrive con candore: “Il lavoro del maestro è come quello della massaia, bisogna ogni mattina ricominciare da capo: la materia, il concreto sfuggono da tutte le parti, sono un continuo miraggio che dà illusioni di perfezione. Cosa riuscirò a insegnare loro?”. Felice questo interrogativo che pone dubbi sull’interazione tra maestro e alunno, protagonista da cui far affiorare attitudini di ognuno contro il potere impositivo dall’alto. Pasolini non viene capito in questa sua vocazione educativa, soprattutto in romanzi come Teorema o Petrolio, nei quali appare il tormento della testimonianza di una visione sociale-politica intrisa di tematiche pseudo conflittuali con velleità religiose e civili più inquietanti che verosimili. Certo, le difficoltà di catalogare Pasolini pedagogo nascono, come ebbe a scrivere Enzo Siciliano, “dalla lucida consapevolezza del poeta di soffrire la propria solitudine e nell’irridere alle etichette, essendo l’intellettuale e il politico più antischematico della nostra epoca”. Uomo impolitico, inattuale, Pasolini mantiene accesa la tensione morale in un “disorientamento” pensante verso la realtà, in una moltitudine di linguaggi, in molteplici registri immateriali sempre diversi. Invade Pasolini l’ordine politico-educativo “ufficiale”. In una lotta nella quale la multiforme genialità (soprattutto cinematografica) cerca di contrapporsi alla dimensione del capitalismo consumistico, con provocazioni estetiche e polemiche feroci contro un nuovo ordine di cose. Ma nelle società della democrazia del consenso può essere accettato un maestro e una pedagogia delle incontentabilità? Pasolini coglie la responsabilità di pensare l’educazione per i tempi attuali, permeati dalla complessità del vivere. Lo spirito pedagogico continua a essere un invito alla meditazione. Anche nella sua morte c’è stata una pedagogia. E Marco Tullio Giordana bolla questa tragedia come un fatto “culturale”. Il capro espiatorio di cui con tanta sapienza parla René Giraud, cioè dell’innocente che diventa vittima. E poi come dimenticare Totò che nel film “Uccellacci e uccellini” racconta “i maestri si mangiano in salsa piccante”. Dante Ferretti, scenografo di tanti film di Pasolini, racconta al “Corriere della Sera”: “Gli feci notare che nel film Decameron c’era un’incongruenza nell’arredo. Pier Paolo mi insegnò ‘Si ricordi che siamo proiettati nel futuro. Gli errori sono fondamentali nelle cose che abbiamo fatto. Se tutto è perfetto vuol dire che è stato ricostruito. Ogni tanto bisogna fare degli sbagli: diventa tutto più vero’”. Il monumento che Pasolini non ha mai chiesto è la sua tomba a Casarsa: una sobria lapide, senza foto, una rigogliosa pianta di alloro alla quale possono avvicinarsi coloro che ne rispettano le poesie, i romanzi, gli articoli, i film, la cui concretezza e severità non hanno perso valore e vigore nell’incontro tra realtà e sublimazione. Il monumento vorrebbero edificarlo tutti coloro che, deformando la personalità dell’ostinato friulano, pensano di sopperire a pesanti complessi di colpa e di indifferenza verso un autore che l’Academy Museum di Los Angeles, edificato da Renzo Piano, onorerà con la programmazione dei suoi film in un accordo con Cinecittà. Ma quanto ci vuole per affrontare il salario minimo? Il fatto è presto raccontato: si rivolgono all’Ufficio Vertenze di un sindacato “maggiormente rappresentativo” (che passa il caso al nostro studio) un gruppetto di lavoratori dipendenti che risultano dalla busta paga essersi visti riconoscere retribuzioni medie intorno ai 4,6 € netti all’ora (circa 700€ al mese!). Il tutto lavorando 38 ore settimanali a seconda di eventuali assegni familiari o meno. Non sono dipendenti di una cooperativa più o meno fantomatica, come ci si sarebbe aspettato, bensì di una Srl avente scopi industriali di assemblaggio materiale ferroso, costruzioni metalliche, eccetera. L’azienda risulta applicare un Ccnl non controfirmato dalle tre organizzazioni sindacali maggiori, ma come ormai noto la mancata applicazione dell’art. 39 della nostra Costituzione (laddove prevede l’obbligatorietà in forza di legge dei Contratti di lavoro firmati dalla Oo.Ss. che però abbiano acquisito personalità giuridica, cioè nessuno) permette ai datori di lavoro che non siano aderenti (sempre più numerosi, peraltro) a qualche assoIl salario minimo di Massimo Tirelli

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