Una città n. 285

una città 11 come sua proprietà. Esistono madri che non amano i propri figli? Queste madri possono essere definite “disfunzionali”? Sì, ed è la logica conseguenza del fatto che l’istinto materno è una mera invenzione: certo che esistono madri che non amano i propri figli, o madri che amano poco i loro figli, o che amano troppo i loro figli, o che li amano pensando che siano diversi da come sono. Insomma, esistono madri fallibili ed erronee e non è detto che per questo siano madri disfunzionali. La disfunzionalità arriva quando dalla fisiologia si passa alla patologia. Ma che non esistono madri perfette lo affermava lo stesso Freud -diceva che si cresce “nonostante i genitori”, soprattutto “nonostante la madre”. Perché la madre appunto condivide questa vicinanza tremenda con il figlio che è veicolo d’amore, ma spesso è anche veicolo di veleno. Lo psicologo infantile Donald Winnicot sosteneva che la madre ha un seno buono e un seno cattivo e non si sa mai la mattina quale dei due ti propini. Direi che quindi non esistono madri perfette, le madri quando va bene sono “sufficientemente buone”, nulla di più. Si può dire che è innaturale che una madre uccida un figlio? O è forse un modo per non voler accettare che le madri sono essere umani, quindi possono diventare anche loro assassine? Molto spesso si dipingono le madri assassine come “mostri”. Disumanizzarle è pericoloso? È esattamente questo il punto. Tendiamo a pensare che casi come quelli della piccola Elena del Pozzo non ci tocchino, che siano assolutamente lontani dalle nostre famiglie e dalle nostre vite. I mostri sono “rassicuranti”, invece è importante avvicinarci e provare a comprendere. Anche per prevenire altri drammi, per cogliere gravi segnali di malessere in tempo, ed evitare delle morti tragiche come quella di Elena. Non possiamo dire che sia “innaturale” che una madre uccida un figlio. Purtroppo nella donna esiste -insieme alla capacità di amare infinitamente- anche quella sensazione tangibile che il figlio le appartenga, sia una parte di lei. E che di conseguenza lei possa disporne come vuole. Anche se oggi siamo sotto l’ombrello della legge della bigenitorialità, le donne faticano ad accettare che esiste un secondo genitore, pari a loro: una parità che antropologicamente è difficile da cogliere. Che una madre uccida un figlio è quindi certamente un fatto eccezionale, ma non innaturale. Così come non esistono madri buone o madri cattive: esistono invece famiglie all’interno delle quali ognuno deve occuparsi della propria psiche e deve curarsi della psiche degli altri. Tendiamo ancora ad accettare con fatica la necessità di prenderci cura della nostra psiche? Purtroppo sì, ma dobbiamo rassegnarci all’idea che ciascuno di noi ha una psiche che si ammala esattamente come si ammala il nostro corpo. Dovremmo quindi smettere di negare quelli che sono i segnali di un eventuale disagio, ma al contrario evidenziarli per aiutare le persone accanto a noi ad affrontarli chiedendo aiuto così come faremmo nel caso di una malattia organica. Se una persona a noi cara ha un problema di salute le suggeriamo di curarsi, giusto? Dovremmo fare lo stesso rispetto alla sfera psichica. Il malessere psichico in questi ultimi anni è davvero diffuso, il livello di sofferenza delle persone in questo periodo post-pandemico, che in realtà non si è ancora concluso, è alto. E la mente, esattamente come il corpo, ha bisogno di cure. La salute mentale in Italia è ancora un tabù. Quali crede siano le ragioni per cui nel nostro paese è così difficile sdoganarla? Alla base c’è il giudizio: il giudizio degli altri che in troppi casi ci paralizza. Abbiamo ancora una mentalità provinciale. Faccio un esempio: mi capita di trovarmi con pazienti che ricevono chiamate durante una seduta di terapia e rispondono al telefono dicendo all’interlocutore: “Sono dal commercialista, ti richiamo”. Perché nascondersi? Non sei dal commercialista, sei dal tuo terapeuta, ed è una forma di civiltà e di consapevolezza. È fondamentale che le nuove generazioni siano sensibili al tema. Non possiamo pretendere di sapere come funziona il nostro corpo e la nostra mente senza appoggiarci al supporto di un esperto. Come il fisico, anche la nostra mente ha bisogno di un monitoraggio, di una frequentazione e non di un nascondimento. Perché è proprio nel nascondimento che si generano i drammi. (a cura di Giulia Mengolini) problemi di salute una città Ecco le nostre proposte: - rinnovo cartaceo: € 70; - abbonamento online: € 30 - primo ingresso: € 40 - abbonamento regalo: € 40 - rinnovo o regalo abbonamento estero : € 100 (Europa) - 120 (resto del mondo) - rinnovo “una città” sostenitore: € 100 modalità di pagamento: - Cc. postale n. 12405478 - Una Città Soc. Coop., via Duca Valentino 11, 47121 Forlì. - bonifico bancario sul conto intestato a Una Città Soc. Coop. presso Intesa Sanpaolo IBAN IT68R0306913298100000013815 -tramite internet: www.unacitta.it/it/abbonamenti-e-libri/ per informazioni: tel 0543-21422 339-1135921 unacitta@unacitta.it - www.unacitta.it Regala una città a un amico o amica, a una biblioteca comunale o di quartiere o di un carcere, a un centro sociale, a un’associazione o, anche, al tuo sindaco o a un dirigente di un partito. non possiamo dire che sia “innaturale” che una madre uccida un figlio

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