una città - n. 295 - settembre 2023

altro aspetto importante -ce ne sarebbero ancora numerosi a cui non riuscirò ad accennare- riguarda l’attacco alle attività economiche ebraiche, i licenziamenti degli ebrei da numerose aziende oltre che pubbliche anche private, e l’attacco diretto alle proprietà degli ebrei: gli ebrei non potevano possedere più di un certo valore, per esempio nel campo immobiliare. Anche qui si mette in moto un processo, più lento, ma comunque estremamente significativo, che va avanti nel corso degli anni in modo sempre più radicale, teso a espropriare gli ebrei di una parte consistente dei loro patrimoni. A che cosa conducono tutte queste azioni, che si concentrano in un’unica direzione? Conducono al progressivo impoverimento degli ebrei, a una riduzione progressiva delle risorse su cui potevano contare e, su un altro versante, a un isolamento progressivo di ogni singolo ebreo nel rapporto con la società che gli stava intorno. Tutto questo rappresenta un ambito di ricerca estremamente importante che ci consente di capire con più precisione che cosa è successo tra il ’38 e il ’43. Un altro ambito di ricerca riguarda invece le reazioni da parte degli ebrei di fronte all’attacco che progressivamente veniva scatenato contro di loro. Anche qui gli studi sono soltanto all’inizio. C’è da sottolineare, in una prima fase, un atteggiamento di generale incredulità da parte di una gran parte degli ebrei, non di tutti, una oscillazione continua tra un atteggiamento di incredulità e vari gradi di percezione, di consapevolezza del pericolo. C’è da ricordare che gran parte del mondo ebraico, come, d’altra parte, gran parte della società italiana, era composto di fascisti o comunque di persone che avevano accettato nei fatti l’esistenza del regime; immaginate che cosa poteva voler dire, per tutti costoro, scoprire improvvisamente che il regime aveva deciso di emanare una serie di norme tese ad espellerli progressivamente dal loro ambiente di lavoro, a isolarli dal resto della società. Via via che passa il tempo le cose cambiano, si mette in moto una serie di iniziative da parte di famiglie, di singoli, di gruppi, tese a contrastare quanto il regime stava cercando di realizzare. Ci sono tentativi di eludere la normativa antiebraica, anche se non era così facile, soprattutto nella prima fase, quando la spinta all’applicazione delle leggi era molto forte. Ci sono varie forme di contrattazione con l’amministrazione pubblica, ci sono tentativi di corrompere i funzionari per non subire le conseguenze più negative di quella normativa, c’è una forte spinta all’emigrazione e ci sono numerosissimi tentativi tesi a far sì che gli ebrei potessero mimetizzarsi nella società, cercando varie forme di solidarietà e cercando soprattutto di evitare di essere individuati da parte delle istituzioni. Vorrei sottolineare come, per chiunque dovesse subire i rigori della legge, fosse estremamente difficile riuscire a valutare l’entità dei rischi che si presentavano. Cito un esempio, a mio avviso molto significativo, che si riferisce al periodo tra il ’43 e il ’45. Ancora nel ’44, a Vercelli e a Biella, il 50% degli ebrei che possedevano una cassetta di sicurezza -dal ’43 viene emanata una normativa che impone l’apertura forzata delle cassette di sicurezza- non l’aveva ancora svuotata. Questo vi dà l’idea di come fosse difficile, per chi subiva la normativa antiebraica, riuscire a percepire l’entità del rischio che si stava correndo. Un penultimo terreno di ricerca, che però a mio avviso è di grande rilevanza, riguarda l’atteggiamento dei non ebrei nei confronti delle leggi razziali. In proposito vi propongo qui un’ipotesi di lavoro, un’ipotesi che credo possa essere suffragata dalle ricerche che ci saranno. Si tratta di un problema controverso, ma penso che si possa individuare chiaramente una fase iniziale caratterizzata da una sostanziale acquiescenza da parte della generalità della popolazione nei confronti delle leggi antiebraiche: ci furono ovviamente piccole forme di opposizione, ci fu una serie di persone che cominciò a distaccarsi dal fascismo proprio in ragione dei provvedimenti antiebraici, ma, nell’insieme, possiamo affermare che la società italiana all’inizio non reagì e si dimostrò sostanzialmente acquiescente. C’è poi, in una seconda fase -credo che il fenomeno si manifestasse soprattutto a partire dall’entrata in guerra dell’Italia, dal 1940 in avanti- una progressiva crescita della solidarietà intorno agli ebrei, in ragione, innanzitutto, dell’aggravarsi della loro condizione, ma anche, e credo che questo sia l’aspetto principale, per il progressivo distacco della popolazione dal regime che stava disgregandosi. Un ultimo aspetto, e con questo concludo, riguarda la svolta del 1943. Su questo non mi soffermerò a lungo. Quello che vorrei sottolineare è che dal ’43 in avanti, ovviamente, la condizione degli ebrei cambia radicalmente. La presenza dei tedeschi è una presenza minacciosa, i tedeschi puntano direttamente alla deportazione, però, contemporaneamente, si assiste a un aggravarsi progressivo della legislazione antiebraica emanata dalla Repubblica Sociale (mi riferisco ovviamente al territorio della Repubblica Sociale Italiana e non a quello dell’Italia meridionale, dell’Italia liberata, dove, peraltro, malgrado l’arrivo degli alleati, i provvedimenti antiebraici vengono aboliti con estrema lentezza, e anche questo dato è estremamente significativo). Tutto ciò significa che il rapporto tra gli italiani e i tedeschi dal ’43 in avanti è estremamente complesso, perché da un lato c’è l’iniziativa diretta, esplicita, da parte dei tedeschi, finalizzata alla deportazione, dall’altro c’è però un’iniziativa specifica, autonoma dell’amministrazione della Repubblica Sociale che continua a fare quello che si è fatto prima, ma in forma molto più grave, e c’è, in terzo luogo, una collaborazione esplicita degli italiani con i tedeschi, un appoggio diretto, in prima persona, di vari ambiti delle istituzioni rimaste ancora in piedi per favorire le iniziative dei tedeschi tese alla deportazione. In definitiva, risulta molto chiaramente come, nel periodo tra il ’43 e il ’45, la burocrazia italiana agisce come se si fosse progressivamente allenata nei cinque anni precedenti. A questo bisogna aggiungere gli effetti del progressivo isolamento che gli ebrei avevano subìto nel corso del quinquennio precedente tali da renderli particolarmente vulnerabili ai nuovi attacchi perpetrati contro di loro dal ’43 in avanti. una città 14 Qualcuno ha chiesto, e non so se gli abbiamo risposto, perché torna la svastica. È un ritorno, in effetti, preoccupante a tutti i livelli. Abbiamo letto notizie inquietanti sul presidente della Croazia, sulla Lituania... Sono emerse cose pazzesche sulla Lituania: voi sapete che molti lituani cominciarono, durante la Seconda guerra mondiale, a lottare al fianco dei nazisti contro gli occupanti sovietici, ma poi finirono anche per PROBLEMI RITENUTI GIÀ CHIARI E DEFINITI il convegno del ‘92 di Gianni Sofri

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