A conti fatti

Entrambe queste proposte, sia quella della moltiplica- zione delle caselle e dei gruppi, sia quella della riduzio- ne delle caselle (che tra le due mi sembra semmai la più ragionevole, perché la moltiplicazione non avrebbe fine) si basano sul presupposto di mantenere un’identità et- nica fissa che deve essere nominativamente accertata e che quindi rende possibile quei due testi un po’ perversi che ho nominato prima, l’identificazione etnica di ognu- no, sempre comunque registrata, e l’idea che la giustizia etnica debba fondarsi sulla partecipazione alla quota del gruppo. L’altra strada mi pare sia quella di togliere rigidità, cioè di diluire l’appartenenza e l’obbligo di appartenenza. Co- me? Innanzitutto, come andiamo ripetendo da tanto tem- po, rendendo anonima la dichiarazione, che quindi sarà anche più veritiera. Rendere anonima la dichiarazione vuol dire farla diventare di nuovo un fatto statistico come lo è stata nel ’61 e nel ’71. E vi ricordo che quando è stato approvato lo Statuto e l’art. 89 di cui discutiamo, era ap- pena passato da un mese il censimento del ’71. Quindi è ragionevole pensare che il legislatore costitu- zionale di allora abbia pensato a quel tipo di censimento quando ha approvato l’articolo 89, e non a un censimen- to di là da venire di cui fino ad allora nessuno aveva parlato, se non la Volkspartei, negli anni Cinquanta, nel suo disegno di legge costituzionale in cui aveva pre- visto la dichiarazione a vita e quindi l’identificazione et- nica vita natural durante. Il legislatore del ’71 ragione- volmente avrà pensato a un censimento del tipo che non obbligherebbe nessuno a mettere la crocetta univoca- mente su un gruppo che non è il suo. Tra l’altro i casi in cui ci sarebbe veramente bisogno della dichiarazione non sono nemmeno i 7.000 dell’impiego statale, ma mol- ti di meno perché in un decennio non è che l’intera po- polazione impiegatizia sottoposta alla proporzionale si rinnova. Quindi, in realtà, sono pochi i casi in cui uno dovrebbe dichiararsi se le leggi non fossero oggi abusi- vamente piene di trappole. Ma mettiamo anche che deb- ba continuare a essere presentata una dichiarazione linguistica per fare l’esame del patentino. Va bene, si faccia anche quella: in tale occasione una persona pre- senterà una carta in cui dice di appartenere al tal grup- po linguistico. Come evitare le frodi? In parte le frodi su queste cose non si possono mai evitare e lo sappiamo. Comunque, per contenere il problema, basterebbe au- mentare il peso della competenza linguistica e quindi accertare il reale bilinguismo nei concorsi. Quello è im- portante. Negli esami di bilinguismo non conta che il presidente della commissione di volta in volta sia di lin- gua tedesca o italiana, l’importante è che l’esame sia uguale per tutti. Per le case, in materia edilizia, è del tutto abusivo che ci sia la proporzionale, quello che va dimostrato è il bi- sogno. In conclusione, mi pare che tra le due soluzioni che oggi sono in discussione (quella di conservare la rigidità e moltiplicare le caselle, o cercare una soluzione che pre- veda l’eccezione e la regola, quindi solo due caselle, o vi- ceversa diluire la pervadenza della dichiarazione cen- suaria) mi pare si debba preferire nettamente la secon- da strada, che è l’unica libertaria e democratica. 5 anche negli esami di bilinguismo l’importante è che l’esame sia uguale per tutti

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