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La Repubblica Islamica è forse il paese più
giovane del mondo. Secondo alcune statisti-
che, il 63% della popolazione è nata negli
anni successivi alla vittoria della rivoluzio-
ne khomeinista e ha meno di 30 anni. La
stampa occidentale sceglie di parlare dei
giovani iraniani, quando intende dimostra-
re i paradossi e le contraddizioni della socie-
tà iraniana odierna. Effettivamente quello
che qualche politico potrebbe definire “la
questione giovanile” spiega meglio di ogni
altra analisi un paradosso chiamato Repub-
blica Islamica. I giovani non contestano più
di tanto la religione, semplicemente non vo-
gliono rispettare le regole rigide imposte dal
clero. Non amano il clero, che rappresenta
la rigidità, ma non contestano la fede. Del
resto era lo stesso 33 anni fa, nel periodo
precedente l’arrivo di Khomeini e la caduta
della monarchia.
Il velo islamico, se non caricato da un signi-
ficato politico, non divide la società. Il velo
diventa simbolo di repressione, quando in-
dossarlo viene imposto dal governo, dalla
comunità oppure semplicemente dal padre o
dal marito. In Iran per le donne, soprattutto
giovani, il velo è un’imposizione. Per questo
viene contestato, anche da chi lo indossereb-
be se fosse lasciato al libero arbitrio.
Depressione e suicidi
Negli ultimi anni, soprattutto dopo le presi-
denziali del 2009, che hanno vanificato ogni
speranza di un cambiamento indolore e pa-
cifico, la depressione giovanile ha raggiunto
livelli preoccupanti.
Il 52,8% dei giovani iraniani hanno pensato
almeno una volta al suicidio. Questo si leg-
ge in uno studio realizzato da Hadi Marjaii
per conto del Dipartimento Affari Sociali
del Ministero degli Interni della Repubblica
Islamica. Alla domanda, se “qualche volta la
disastrosa situazione sociale del paese ti ha
fatto prendere in considerazione la possibi-
lità di toglierti la vita”, il 52,8% ha risposto
positivamente. Dalle domande successive
del questionario risulta che tra le ragioni
per le quali un giovane potrebbe deprimer-
si tanto da togliersi la vita, al primo posto
troviamo “l’impossibilità di poter vivere se-
condo le proprie scelte e convinzioni”. L’in-
giustizia sociale, il nepotismo e le tensioni
sociali sono gli altri elementi che secondo
il questionario contribuiscono alla forte de-
pressione dei giovani iraniani. Il 68,8% dei
giovani, sempre secondo lo stesso studio,
non intravede la possibilità di un migliora-
mento, e crede che “la situazione possa solo
peggiorare”. Il 77,4% sostiene di “non avere
alcuna certezza per il suo futuro”. Il 67,4%
definisce la Repubblica Islamica “un paese
dove non c’è giustizia e i cittadini non han-
no uguali diritti”. Infine per il 62% “l’attuale
struttura politica è incapace di risolvere i
problemi politici, economici e sociali del pa-
ese”. Una realtà triste e grigia per un paese
dove la grande maggioranza della sua popo-
lazione ha meno di 30 anni di vita.
In Iran il governo cerca di minimizzare e
soprattutto di non rendere pubbliche queste
statistiche. Secondo i dati ufficiali 6 iraniani
su 100.000 riescono nel tentativo di toglier-
si la vita. Il tasso più alto riguarda alcune
regioni occidentali del paese, dove vivono
i curdi. Il Kurdistan iraniano, pur avendo
notevoli riserve petrolifere, è una delle aree
economicamente più depresse del paese, as-
sieme al Belucistan, dove vivono i beluci.
Tossicodipendenza
Un’altra manifestazione del forte disagio
giovanile è la tossicodipendenza. Il 67,11%
dei tossicodipendenti iraniani sono giovani,
ossia l’8% dei giovani iraniani fanno rego-
larmente uso di stupefacenti. Da uno stu-
dio realizzato dall’Organizzazione per la
Salute risulta che il consumo annuo delle
droghe nella Repubblica Islamica supera le
500 tonnellate. Questa cifra è stata fornita
all’Organizzazione per la Salute, dal gene-
rale Esmail Ahmadi Moghaddam, capo dello
Stato Maggiore per la Lotta alla Droga.
Ogni anno, sempre secondo la stessa fonte,
entrerebbero dai confini orientali del paese
2500 tonnellate di droga, 900 delle quali se-
questrate dalle Forze dell’Ordine, 500 con-
sumate nel paese, mentre le restanti 1100
continuerebbero il loro viaggio verso i paesi
del Golfo Persico oppure raggiungerebbe-
ro l’Europa attraverso la Turchia. Secondo
i dati pubblicati dall’Organizzazione per la
Salute il numero delle persone che fanno uso
regolare di stupefacenti, soprattutto eroina,
crack e oppio, sarebbero oltre un milione a
200.000, a cui vanno aggiunte altre 800.000
che fanno uso saltuario di droga, e non pos-
sono essere definiti tossicodipendenti. Le
fonti ufficiose parlano invece di 2.5 milioni
di persone che fanno uso regolare di droga.
“è difficile vivere in una società come quella
iraniana se non condividi gli ideali di chi go-
verna”, racconta una giovane iraniana. “Fin
dall’infanzia impari a mentire e a vivere due
vite parallele e per una ragazzina non è faci-
le mentire ogni giorno a scuola sulla vita che
conduce a casa”. “Una menzogna dopo l’altra
-racconta ancora- mentire e nasconderti è
diventata una costante della tua vita”. “Cre-
scendo, grazie alle televisioni satellitari e a
internet e magari qualche viaggio all’estero,
scopri che altrove puoi vivere senza mentire
e senza dover sempre nascondere i tuoi de-
sideri e i tuoi pensieri, allora comincia il tuo
disagio e diventa sempre più difficile vivere
nella Repubblica Islamica”.
Matrimonio a tempo
Nella Repubblica Islamica ogni relazione tra
i sessi non regolata dalla legge è vietata e
severamente punita. Un uomo e una donna
possono avere rapporti sessuali solo se rego-
larmente sposati. Il matrimonio può essere
regolare e a tempo indeterminato, oppure
come
sighe
, cioè a tempo determinato da
un’ora a 99 anni. Il
sighe
, è un matrimonio a
tempo, che non prevede il divorzio, in quan-
to alla scadenza del tempo prestabilito, se
la donna non è rimasta incinta, la relazione
di coppia si scioglie automaticamente. Que-
sta pratica è in forte crescita in Iran negli
ultimi anni. Nel 2010, secondo dati ufficiali
diffusi dall’Ente per l’Anagrafe della Repub-
blica Islamica, il numero dei matrimoni a
tempo determinato era cresciuto del 31% ri-
spetto l’anno precedente. Nello stesso anno
era stato registrato anche un incremento
dei divorzi pari al 14%. Esaminando questi
dati, non è difficile giungere alla conclusione
che in tutti e due i casi, l’instabilità econo-
mica, la crescita del tasso di disoccupazione,
nonché i mutamenti culturali del paese sono
le ragioni principali dell’aumento dei matri-
moni
sighe
e dei divorzi.
La diffusione del fenomeno dei matrimoni a
tempo tra i giovani ha diverse spiegazioni,
ma la necessità di avere una vita sessuale,
sembra essere la principale. “Il 74% delle
nostre ragazze perdono la loro verginità pri-
ma di sposarsi”, è il grido di allarme lanciato
dall’ayatollah Yousef Tabatabainejad. Forse
il dato citato dall’ayatollah in un sermone
non corrisponde alla realtà, ma sicuramente
dimostra la preoccupazione del clero per un
fenomeno che non riescono più a fermare.
L’ayatollah Tabatabainejad di fatto ricono-
sce il diritto dei giovani ad avere una vita
sessuale, che nessuna predica e nessuna
legge riesce a negare. Non potendo ignorare
questa necessità, e non potendo riconosce-
re il diritto a un sesso non regolamentato
dalla
sharia
, il clero sciita ha deciso di of-
frire qualche scappatoia per salvare capra
e cavoli. Il matrimonio a tempo è una del-
le proposte del clero per rendere “legale” il
rapporto sessuale tra i giovani. Se è vero che
le femministe iraniane considerano il
sighe
una forma di sottomissione della donna (che
in molti casi corrisponde anche a verità), è
anche una formula che molti giovani scel-
gono per evitare di cadere nella rete della
polizia e finire sotto processo per relazioni
illecite. L’uso del
sighe
è talmente diffuso
che da alcuni anni operano nel paese anche
delle agenzie matrimoniali, con tanto di siti
internet, che facilitano gli incontri tra i gio-
vani e snelliscono le pratiche. L’altra forma
di compromesso con la fede e le tradizioni
è l’imenoplastica, ovvero la ricostruzione
I giovani
Prigionieri ribelli
della tradizione
grazie alle televisioni satellitari
e a internet scopri che altrove
puoi vivere senza mentire