Una città n. 283

lione di militari a sua difesa. Quindi sarà sempre più difficile accettare i compromessi proposti dalla Russia e favoriti da certe forze politiche in Occidente (che vorrebbero chiudere gli occhi su questo massacro e tornare a un approvvigionamento indisturbato del gas e di altre materie prime). Nel contempo anche in Occidente non mancano forze intenzionate a indebolire la Russia usando per questo scopo la resistenza ucraina. Dal punto di vista pragmatico è una mossa intelligente. La Russia ha minacciato l’intero Occidente con l’imperdonabile ricatto delle armi nucleari. Finalmente si è arrivati alla conclusione che questo è inammissibile. Questo pericolo però non rientrerà fino a che la Russia non sarà costretta a pagare un prezzo adeguato per questa inaudita violenza. E qui devono avvenire tre cose: sconfitta militare, tribunale internazionale per i crimini di guerra e il genocidio, pagamento dei danni. Per cui questa situazione sarà dispendiosa per tutti. La guerra può durare ancora dei mesi, un anno, forse di più. In fondo la guerra nel Donbass non è durata otto anni?! Questa guerra è anche il frutto dell’oblio, della cecità dell’Europa, che ha chiuso gli occhi sulla Cecenia, sulla Georgia… Ricordo ancora, all’inizio della guerra in Cecenia, la frase di un giornalista italiano: “L’Occidente non intende litigare con l’orso russo per quattro ceceni”. “Quattro ceceni” sono diventati 120 mila morti. Anna Politkovskaja, e pochi altri, sono stati lasciati a combattere e morire in questa battaglia solitaria, mentre l’“homo oeconomicus” europeo, per dirla con Glucksmann, commerciava con la Russia facendo finta che la cosa non lo toccasse. Ecco perché oggi la consapevolezza occidentale del fatto che l’attacco all’Ucraina mina le fondamenta della civiltà democratica costituisce una vera svolta storica. Com’è adesso la vita a Kiev? Noi abbiamo un bravissimo sindaco, Vitali Klitschko, che ha fatto l’impossibile per proteggere la città. All’inizio della guerra una delle numerose colonne di carri armati che si muovevano su Kyiv era lunga sessanta chilometri. La città era assediata, chiusa in una morsa mortale. Klitschko ha fatto di tutto perché in città non mancassero, per quanto possibile, l’acqua, il gas, la luce, il collegamento internet. Ovviamente durante l’assedio è stata dura: sirene continue, esplosioni, ogni attimo di vita poteva essere ultimo. Moltissimi servizi sono stati limitati, dagli ospedali ai negozi. Ma la capitale è stata stoica: apparentemente tranquilla, ma molto, molto arrabbiata. Ora si torna a vivere, molti esercizi sono stati riaperti. Però sono rimasti molti strascichi, anche nel vissuto. All’inizio della guerra si cercava di ragionare razionalmente. Si pensava che i russi avrebbero colpito soltanto le aree delle città dove ci sono obiettivi militari, sedi politiche, depositi di armi, ecc. Invece si è scoperto che colpiscono all’impazzata abitazioni e infrastrutture. Attraverso i telefoni rubati, dove ricevono gli ordini direttamente dai loro capi militari, e quelli dal presidente in persona, sono state raccolte testimonianze preziose. Dobbiamo anche considerare che la capitale ha una forte difesa antiaerea, quella che hanno poche altre città. È insopportabile vedere come vengono uccisi i civili nelle città indifese. Mariupol’, città di Maria, rimarrà per sempre una ferita aperta nell’anima di tutti noi. Sta anche cambiando il concetto di sicurezza. Il sindaco di Leopoli, Andrij Sadovyj, dice che le nuove case verranno costruite con rifugi e con una stanza blindata in ogni appartamento. Insomma, saranno adottate strategie analoghe a quelle adottate in Israele. Non possiamo spostare geograficamente l’Ucraina dalla Russia, ma il muro divisorio politico, militare e culturale sarà molto più alto e sicuro. Non l’abbiamo voluto noi. Stanno accadendo delle cose importanti anche rispetto alla Chiesa ortodossa ucraina... Nel 2019 il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo II, conferendo alla Chiesa ucraina l’autocefalia, ha compiuto un grande passo. Nel 1686 la Chiesa ucraina era stata strappata con violenza ed inganno dal suo spazio confessionale canonico, il Patriarcato di Costantinopoli. Ora anche da questo punto di vista ci troviamo di fronte a grandi trasformazioni. Fino allo scoppio della guerra, il passaggio dalle chiese del Patriarcato di Mosca alla Chiesa autocefala ucraina era stato rallentato rispetto al periodo della presidenza di Poroshenko, convinto fautore dell’autocefalia. La posizione ignobile del Patriarcato di Mosca che ha fomentato e “benedetto” la guerra, ha prodotto una sorta di accelerazione. I fedeli lasciano in massa questa chiesa; in diverse città è addirittura bandita. Certamente dopo la guerra la situazione sarà regolarizzata. Ufficialmente, credo, la chiesa del Patriarcato di Mosca rimarrà, ma le sue posizioni in Ucraina saranno sempre più deboli. Insomma, sono in corso tanti cambiamenti. Va detto che già durante la Rivoluzione arancione, e poi con l’Euromajdan, era accaduto che le varie chiese dell’Ucraina, quindi cattolici, greco-cattolici, ortodossi, ebrei, buddisti, musulmani, si radunassero tutte insieme in preghiera. L’unico assente è stato sempre il Patriarcato di Mosca. Ora il capo di questa Chiesa, il metropolita Onufrij, fa ogni tanto qualche gesto “patriottico”, ma è troppo tardi per rimediare alla crisi di questa chiesa che è colpevole di aver seminato tanto odio nei confronti degli ucraini. Un chiaro segno dei mutamenti in corso è il fatto che le due chiese principali dell’Ucraina, quella ortodossa del Patriarcato di Costantinopoli, e quella greco-cattolica, in comunione con la Chiesa di Roma, hanno due guide spirituali, rispettivamente il metropolita Epifanij e il metropouna città 6 “L’Occidente non intende litigare con l’orso russo per quattro ceceni”. “Quattro ceceni” sono ora 120 mila morti in pochi mesi Putin ha fatto per l’ucrainizzazione quello che non sono riusciti a fare tutti i dirigenti ucraini in trent’anni Soldatessa rifugiata nell’acciaieria Azovstal cosa sta succedendo

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