Una città n. 282

una città 10 cosa sta succedendo a reagire a questa offensiva con leggi nazionali. Dunque dobbiamo tenere conto che Biden come presidente si ritrova a essere molto limitato da questi problemi, molto vulnerabile e, anche se non mi ha mai entusiasmato, certamente spero che riesca a prevalere sui repubblicani alle elezioni di quest’anno e alle presidenziali del 2024. Torniamo alla guerra: in molti, anche a sinistra, incolpano la Nato per quello che sta succedendo. Ho letto critiche da politologi realisti, come John Mearsheimer e Steve Walt, ma anche da sinistra, che concordano nel ritenere la Nato responsabile dell’esito della crisi russo-ucraina e che tutti i discorsi di Biden sul rafforzamento della Nato l’avrebbero di fatto esacerbata. Ma queste considerazioni partono dal presupposto che la Nato sia semplicemente ciò che gli Stati Uniti vogliono che essa sia; ebbene, non è così che funziona la Nato! C’è un motivo se i liberali democratici, ma anche quelli di sinistra di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e degli stati baltici vogliono un posto nella Nato, e quel motivo ce lo sta dimostrando apertamente Putin ora. Tutti quei paesi si erano liberati dell’egemonia sovietica e ora vivono a fianco di un regime autoritario che porta avanti la sua agenda imperialista eurasiatica, e per farlo è disposto a condurre guerre brutali, cosa di cui siamo ora tutti testimoni. I critici dicono che la Nato è un’imposizione occidentale, un mero strumento del Fondo monetario internazionale; certo, l’Fmi è importante, e ovviamente il capitalismo tende all’espansione su scala globale, e si è effettivamente espanso in quei paesi post-comunisti, ma questi ultimi -e non solo le loro élites finanziarie- hanno guardato a Occidente per un motivo. E ora che si trovano a dover scegliere tra il capitalismo e la liberal democrazia, da un lato, e il putinismo, dall’altro, beh, direi che non si tratta di una scelta ardua. Dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria del 1956, Albert Camus disse: “Se la scelta è tra sostenere un quarto di verità o una bugia, scelgo il quarto di verità, e quel quarto di verità è l’Occidente”. Credo sia l’approccio giusto per comprendere ciò che sta accadendo ora. La Nato non è un’utopia che condurrà alla pace e alla libertà nel mondo, né il capitalismo neoliberale è un sistema meraviglioso per tutti i popoli del mondo; certo che no. Certo che le democrazia liberali che si sono sviluppate nell’ex blocco sovietico, e anche alcune altre occidentali, sono molto fragili e corrotte. Tutto vero. Ma credo che una democrazia liberale vera, per quanti difetti possa avere, sia sempre meglio delle alternative disponibili, come il sistema del partito unico cinese, la Russia di Putin o le idee illiberali promosse da leader come Orban e Trump. Non tutti sono favorevoli a dare armi agli ucraini. Cosa pensa dell’atteggiamento dell’area pacifista? In queste settimane sto tenendo un corso sulla politica del New Deal negli anni Trenta e Quaranta negli Stati Uniti, con riferimento ai fatti globali, e naturalmente il corso è stato immaginato molto prima che accadesse tutto quello che vediamo ora. Lo scopo del corso era di analizzare le possibilità di Biden di realizzare un programma del tipo New Deal. Ma la misura globale di quanto sta accadendo, i sinistri presagi di una Terza guerra mondiale, certo, nulla di tutto ciò era nel programma, ma naturalmente ci è finito dentro. Ho presentato alla classe un discorso tenuto da Norman Thomas nel 1937, in uno dei momenti più difficili della Guerra civile spagnola. Thomas, leader del Partito socialista statunitense, era un pacifista che si era opposto all’ingresso degli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale e in seguito sarebbe stato contrario anche all’intervento nella Seconda, e in questo discorso del 1937 aveva criticato quel Neutrality Act che poneva grossi limiti alla possibilità da parte degli americani di contribuire alla causa della Repubblica spagnola nonché la decisione di Roosevelt di imporre un embargo all’invio di armi in Spagna, dicendo, di fatto: “Dobbiamo lottare per bloccare i fascisti subito”. Negli anni Trenta la sinistra americana riteneva fosse necessario opporsi al fascismo. Non credo che Norman Thomas e gli altri pacifisti interventisti avrebbero mai sostenuto qualcosa di simile alla Nato, piuttosto erano per le brigate internazionali e auspicavano la venuta della rivoluzione spagnola; ma per ciò che mi pare di capire della cosiddetta “area pacifista”, ora, sento una forte retorica anti-imperialista che rischia di sfociare nel giustificazionismo delle guerre più brutali, come la Siria o l’Ucraina. Dire cose come “Che altra scelta ha Putin? Che poteva fare Assad?”, beh, questo non è pacifismo, è qualcos’altro, che credo cinico, moralmente e politicamente. Quando alcune settimane fa in un incontro in Indiana si parlava di quanto fosse importante sostenere la resistenza ucraina, una studentessa mi ha domandato cosa pensassi della posizione sulla guerra dei Dsa, i Democratic Socialists of America, una posizione di estrema sinistra, che se la prende con la Nato, insomma, una posizione da “area pacifista”, se vogliamo definirla così. Io facevo parte dei Dsa, sono stato prima studente e poi amico del loro fondatore, Michael Harrington, ma ora, a dire la verità, non sono interessato alla loro posizione. Oltretutto, non rappresentano chissà che forza nel paese. Certo che la Nato ha giocato un ruolo nell’evolversi della situazione! Ma se potessimo tornare indietro e rifare un mondo in cui Gorbaciov fosse rimasto al potere qualche anno in più o le idee di Vaclav Havel sulla “terza via” avessero avuto un impatto politico maggiore, avremmo un’Europa diversa, forse migliore, forse no (è sempre più facile immaginare che la strada non intrapresa sarebbe stata tutta rose e fiori) ma non è quello il mondo in cui viviamo. Per cui, sì, la Nato non ha le mani pulite, ma nel mondo in cui viviamo nessuna entità politica le ha. Ciò comunque non significa che la Nato sia responsabile del fatto che Putin sta bombardando Mariupol fino a polverizzarla. I pacifisti vengono oggi accusati di “neneismo”, cioè di non schierarsi né con la Nato né con Putin, così come vent’anni fa non si vollero schierare né con Bin Laden né con la Nato... Ogni situazione ha la sua specificità. Credo che l’area pacifista avesse basi morali e politiche più forti nell’opporsi alla guerra in Iraq, comunque diversa da quella in Afghanistan, e certamente molto diversa dai bombardamenti Nato in Serbia nel 1999. Ho sostenuto questi ultimi due interventi, mentre credo che il mondo sarebbe potuto essere diverso se la guerra in Iraq non fosse mai stata combattuta. Sicuramente Saddam Hussein era un dittatore pericoloso, ma non c’erano possibilità che da quella guerra venisse qualcosa di buono, e infatti ne è venuto solo altro male: morte, distruzione, risentimento, eccetera. E tuttavia, e so che ciò che sto per dire mi attirerà molte critiche, non credo che la strategia militare americana in Iraq sia mai stata quella di radere al suolo le città e produrre deliberatamente stermini di massa tra la popolazione civile. Non è una cosa che fa parte della dottrina militare Usa. Ciò che Putin sta facendo in Ucraina, ciò che ha fatto in passato in Siria, o a Grozny, è tutta un’altra cosa, molto più brutale. Ora so con certezza che la guerra in Iraq era sbagliata, ma penso anche che un pensiero politico sempre intento a cospargersi il capo di cenere assegnandosi tutte le colpe sul passato sia meramente moralistico; avrà anche uno Camus disse: “Se la scelta è tra un quarto di verità o una bugia, scelgo il quarto di verità” non credo che la strategia militare americana in Iraq sia mai stata di radere al suolo le città e sterminare i civili

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