Una città n. 282

una città 7 Jeffrey C. Isaac è James H. Rudy Professor di Scienza Politica all’Università dell’Indiana, Bloomington. È autore di numerosi libri e articoli, tra cui Arendt, Camus, and Modern Rebellion (Yale University Press), Democracy in Dark Times (Cornell University Press) e #AgainstTrump: Notes from Year One (Or Books). È co-coordinatore e collaboratore del centro di studi Democracy Seminar e da tempo collabora con la rivista “Dissent”. Cura un blog dal titolo “Democracy in Dark Times” (jeffreycisaacdesign.wordpress.com). L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha visto aprirsi una spaccatura all’interno della sinistra in tutto il mondo. Cosa pensi di quanto sta accadendo? Ne sono sconvolto, si tratta sicuramente di un’invasione ingiusta e brutale. Ho un legame diretto con quel paese, dato che la mia nonna materna era ucraina, emigrata negli Stati Uniti dalla città di Cherkasy nel 1914. Ho amici ucraini, amici nell’est Europa, specialmente in Romania, che sento come la mia seconda casa, per cui sto prestando molta attenzione al conflitto, per motivi personali ma certamente anche perché sono uno scienziato politico, oltre che un essere umano. Ritengo che questa guerra rappresenti un’indicibile devastazione e che ciò che l’Ucraina è costretta a subire sia un atto criminale. C’è anche molto da temere riguardo le future implicazioni, il rischio di un’ulteriore escalation che porti il conflitto anche al di là dell’Ucraina. Credo sia davvero importante che Stati Uniti e Nato continuino a sostenere il governo ucraino, costretto a resistere all’invasione, e però sono anche convinto che vadano operate scelte caratterizzate da un certo grado di moderazione. Per esempio, non sono favorevole all’imposizione di una no-fly zone sul paese, né ad altre forme di intervento diretto che potrebbero trascinare Stati Uniti e Nato in uno scontro frontale con la Russia, cosa estremamente pericolosa per la possibilità di una guerra nucleare. Comunque, ci sono tutti i motivi di ritenere che si andrà a negoziati, ma attualmente Putin sembra interessato solo a infliggere distruzione e questo richiede una resistenza militare. Se però nel momento in cui Putin accettasse un cessate-il-fuoco rivendicando magari di poter restare in qualche modo nel Donbass, Zelensky continuasse a dire che “l’Ucraina deve lottare fino alla morte”, beh, credo che penseremmo che abbia perso il senno. Zelensky alla fine potrebbe vedersi costretto a compiere scelte davvero difficili. Ma ora non siamo ancora a questo punto. Oggi Putin non gli sta lasciando altra scelta se non quella di resistere alla distruzione e all’occupazione del suo paese, oltre che alla decapitazione della democrazia liberale ucraina, per quanto imperfetta e fragile. Zelensky sembra auspicare una reazione più forte da parte occidentale. Cosa credi si possa fare di più rispetto a quanto già è stato fatto? Prima di tutto, penso che sin qui Zelensky abbia operato saggiamente. Come ex uomo di spettacolo, la sua intera carriera si è centrata sulla sua capacità di performance in un contesto mediatico, e se pensiamo che anche personaggi davvero sinistri come Trump possono giungere al potere tramite i media, credo che l’uso fatto da Zelensky dei mezzi di comunicazione sia stato finora molto corretto. Sicuramente sceglie bene come presentare le sue richieste ai vari interlocutori e in generale mi sembra molto efficace. Capisco e comprendo la sua ricerca di sostegno. Penso che desidererebbe venisse imposta una no-fly zone, ma ciò che più gli serve è che prosegua il sostegno militare e che si inaspriscano le sanzioni energetiche ai danni della Russia, l’unico tipo di pressione politica che potrebbe spingere Putin a un qualche tipo di negoziato. Non credo che riuscirà a sconfiggere l’esercito russo, che nel frattempo continua a bombardare le città, ma sono sicuro che può tenere il fronte molto a lungo e rendere l’operazione bellica molto dispendiosa per il suo avversario. Comunque, ritengo che alcune cose che Zelensky ha detto circa la necessità della no-fly zone e sulla possibilità che se Putin non accettasse di negoziare si scatenerebbe la Terza guerra mondiale siano alquanto pericolose. Finora va rilevato che si è registrata una notevole unità tra gli alleati Nato, una sorta di consenso riguardo le sanzioni, ma anche un certo senso del limite. La Nato è un’alleanza molto complessa; molti membri europei non possono tagliare del tutto i legami con la Russia per via della loro dipendenza energetica. Nell’Europa orientale poi la questione è ancor più complicata, perché anche lì molti -in particolare nei paesi Baltici- vorrebbero la no-fly zone e un confronto militare diretto con Putin nel timore di ulteriori invasioni future, ma sono sicuro che nemmeno loro vogliano una guerra condotta con testate nucleari tattiche. Per cui, sì, tutte le parti avvertono il bisogno di considerare il senso del limite -anche se c’è già chi dice che ci troviamo in piena “Guerra mondiale 2.5” e che non ci possiamo sottrarre a una risposta militare diretta alla Russia. In generale penso che la Nato stia svolgendo un buon lavoro nell’osservare questo limite, pur continuando a sostenere l’Ucraina, compito molto difficile; una no-fly zone, d’altro canto, sarebbe qualcosa di estremamente più semplice: consisterebbe nell’abbattere gli aerei, i cosa sta succedendo Il necessario sostegno, anche militare, della Nato a un’Ucraina che deve difendersi dall’invasione ingiusta e brutale e, insieme, la prudenza nell’evitare una precipitazione possibile in una guerra generale, potenzialmente anche nucleare; le sanzioni da inasprire, ma anche il rischio di conseguenze che potrebbero minare la solidarietà agli ucraini; il problema delle sinistre rispetto alla Nato e il paragone con l’Iraq. Intervista a Jeff C. Isaac. FRA PUTIN E LA DEMOCRAZIA LIBERALE sono sicuro che nemmeno loro vogliano una guerra condotta con testate nucleari tattiche

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