Una città n. 285

una città 18 Nel non riconoscere i molteplici imperialismi, anche la sinistra è colpevole di americano-centrismo? Per chi è di sinistra è scomodo stare dalla parte del mainstream, dell’opinione più popolare. Quando ci capita di trovarci in quella posizione, ci sentiamo come se ci stesse sfuggendo qualcosa, se stessimo trascurando “la lotta”, e che in questo coalizzarci, sia pure per combattere qualcuno dichiaratamente cattivo, contribuiamo a rafforzare la nemesi in patria, dandogli l'occasione di mostrarsi come il “buono” della situazione. Per quando riguarda il rapporto tra la sinistra occidentale e la Russia, è così dal 1917. Prima del 1917, la sinistra riconosceva nell’autocrazia zarista il culmine del reazionarismo autoritario, un atteggiamento che aveva spianato la strada dell’interventismo nella Prima guerra mondiale ai partiti socialisti dei paesi nemici della Russia. Ma dopo la Rivoluzione russa, la sinistra si è sempre trovata in difficoltà nell’unirsi alle critiche delle borghesie occidentali verso quel paese, nonostante la stessa sinistra talvolta adottasse posizioni di netta obiezione allo stalinismo o al deteriorarsi della democrazia interna alla Russia. Ora che la guerra entra nel suo quinto mese, ci ritroviamo in un caso simile con l’Ucraina, nonostante la Russia di Putin sia ben più vicina al modello zarista di quanto non lo fosse mai stata l’Unione sovietica. Nei primi giorni dopo l’invasione, sembrava quasi che tutti i più importanti analisti occidentali di sinistra non riuscissero a parlare d’altro che di Nato, e mai di Russia. Questi commentatori cominciavano col dichiarare che l’invasione era stata un errore, per poi subito concentrarsi sul “vero” colpevole, che, invariabilmente, era l’Occidente. Ma qual era stata la sua colpa? Aver espanso i confini della Nato a est, e non aver escluso categoricamente la possibilità di un ingresso tra le sue fila dell’Ucraina. Non importava che l’espansione fosse voluta più dai paesi dell’Europa dell’Est che da Washington -dove, in realtà, l’argomento risultava alquanto divisivo- né aveva importanza il fatto che l’ingresso nella Nato dell’Ucraina fosse tutto fuorché imminente, né che non esistessero scenari in cui si potesse prefigurare un attacco Nato alla Russia. Ciò che contava era piuttosto che queste mosse avessero fatto arrabbiare la Russia, ed è su questa rabbia giustificata che, nei giorni successivi all’invasione, così tanti, a sinistra, non vedevano l’ora di concentrarsi. Così facendo, a sinistra si è di fatto minimizzata la responsabilità di Putin, adottando il punto di vista “realista” secondo cui il mondo è tenuto, in una qualche maniera, ad accettare come “normale” la furia devastatrice di una “grande” potenza. Non sorprende, dunque, che molti tra le fila della sinistra dell’Est Europa abbiano riservato critiche molto aspre alle loro controparti occidentali, accusandoli di “westplaining”. Persino Noam Chomsky, pur tra i maggiori critici dell’invasione -che ha definito “un grave crimine di guerra, al pari dell’invasione Usa dell’Iraq o dell’invasione di Hitler e Stalin della Polonia nel 1939”- è poi passato subito a discutere esclusivamente di Nato, sostenendo il punto di vista espresso da qualcun altro secondo cui “non ci sarebbe stato il presupposto per l’attuale crisi se non ci fosse stata l’espansione” della Nato. Ed ecco che, ancora una volta, Putin appare quasi privo di volontà propria, senza altra scelta se non quella di invadere l’Ucraina per difendere la Russia. Il comunicato diffuso dal “Party for Socialism and Liberation” [“Partito per il socialismo e la liberazione”, formazione politica comunista statunitense] è stato più schietto, ma non poi così diverso dall’approccio condiviso da troppi altri: “Anche se non sosteniamo l’invasione russa, riserviamo la nostra più aspra condanna (corsivo mio) al governo degli Stati Uniti, che ha ignorato le legittime preoccupazioni russe nella regione”. In altre parole, nei giorni successivi a questa brutale e del tutto immotivata invasione di una nazione sovrana, la prima preoccupazione di tante persone di sinistra in Occidente è stata contestualizzare l’aggressione, spostando la colpa sul nemico interno, standosene così in disparte rispetto al dilagante coro “mainstream” di condanna della Russia. Per quel che riguarda le cosiddette “garanzie sulla propria sicurezza”, forse è vero che la Russia ne ha “bisogno” -d’altronde, le grandi potenze insistono sempre su questo aspetto. Ma che persone di sinistra siano più preoccupate di queste “garanzie” di una superpotenza -in questo caso, poi, una potenza militarista e di destra che si sostiene quasi interamente estraendo e vendendo quei combustibili fossili che stanno distruggendo il pianeta- che del desiderio di un popolo di veder rispettata la propria indipendenza e di non essere invaso, costituisce uno scandalo. Mai a sinistra si sono trattate popolazioni messe ai margini dall’imperialismo occidentale in maniera tanto sprezzante. Un lasciapassare all'imperialismo Eppure, tutto ciò non mi sorprende affatto. Da uomo di sinistra, scrivo sull’Europa dell’Est sin dai tardi anni Settanta. Fin da allora, quando criticavo duramente le politiche sovietiche o sostenevo i movimenti di opposizione sorti all'interno del blocco sovietico, i colleghi occidentali di sinistra talvolta mi guardavano con sospetto. Dopotutto, la stampa mainstream, e spesso anche il governo statunitense, criticavano sovente le stesse cose e, almeno a parole, si facevano sostenitori di quegli stessi movimenti di opposizione. Non stavo forse appoggiando le politiche da Guerra Fredda dei governi occidentali quando, come americano di sinistra, avrei dovuto concentrarmi su come cambiare le cose qui? Nei primi anni Ottanta ho scritto numerosi articoli dalla Polonia per il settimanale statunitense di sinistra “In These Times” sul movimento sindacale Solidarnosc -un movimento di lavoratori che lottava contro il governo filo-sovietico, dove si praticava la democrazia partecipativa e si lottava contro il capitalismo e per l’indipendenza sindacale. Quando tornai in patria un amico mi presentò definendomi “un internazionalismo democratico “anche se non sosteniamo l’invasione russa, riserviamo la nostra più aspra condanna al governo Usa” LA RUSSIA, L’UCRAINA, LA NATO E LA SINISTRA Le difficoltà della sinistra a criticare l’Unione sovietica si riflette pure sull’atteggiamento verso la Russia di oggi, più vicina a un regime zarista; si dà la colpa alla Nato quando Putin da anni sosteneva che l’Ucraina era Russia a tutti gli effetti; può una sinistra avere comprensione per l’interesse di ogni potenza a una sfera di influenza; può una sinistra, per essere contro l’imperialismo americano, sostenere gli altri imperialismi antiamericani? Di David Ost. fotoreserg

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