Una città n. 285

una città 47 la visita Cimitero acattolico, Roma. “Le ragioni ideali che hanno spinto alla guerra - difesa della democrazia e della libertà - sono forse venute a mancare perché la guerra è una strage? Se noi siamo convinti che dobbiamo batterci, i nostri sacrifizi sono compensati. Certo, noi siamo tutti stanchi e i soldati, ammutinandosi, ce lo hanno proclamato ad alta voce oggi. Ciò è umano. A un certo punto, ci si scoraggia, si pensa solo a noi stessi. L’istinto di conservazione ha il sopravvento. E la maggior parte vorrebbe veder finita la guerra, finita in qualsiasi modo perché la sua fine significa la sicurezza della nostra vita fisica. Ma è ciò sufficiente a giustificare il nostro desiderio? Se così fosse, un pugno di briganti non ci avrebbe perennemente in suo arbitrio, impunemente, solo perché noi abbiamo paura della strage? Che ne sarebbe della civiltà del mondo se l’ingiusta violenza si potesse sempre imporre senza resistenza? È che tu devi ammettere che bisogna difendere le proprie idee anche a rischio della vita”. Emilio Lussu (tratto da Un anno sull’Altipiano, Einaudi, 2014) ricordarsi Jugoslavia (Icty) nel dichiarare questi crimini un genocidio. Nel corso della commemorazione, il Ministro della Difesa olandese, Kajsa Ollongren, ha riconosciuto le responsabilità dei Paesi Bassi nel non aver fermato il massacro del 1995 e ha presentato scuse ufficiali alle madri di Srebrenica e ai parenti delle vittime. La Commissione Internazionale per le Persone Scomparse (Icmp) prosegue il proprio lavoro di ricerca e identificazione delle oltre mille persone che ancora mancano all’appello. Adam Radosavljevic/Alamy

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