Una città n. 285

una città 7 bria, di aver fatto un patto con la ’Ndrangheta e di aver ucciso due carabinieri, che è tutto vero. Lui approfitta di questo processo per fare dichiarazioni spontanee che durano ininterrottamente per tre giorni. Racconta tutta la sua vita. Nella storia della mafia non si è mai vista una cosa del genere, racconta proprio tutto: il papà, la mamma, i fratelli, come ha ucciso questo, come ha ucciso quell’altro e via di seguito. A un certo punto, però, ed è quello che mi ha colpito, si mette a parlare di Omegna, della sua latitanza lì, e dice: “Io qui godevo di una favolosa protezione”, e lo ripete tante volte. E colpisce che nessuno gli chieda niente su chi fosse a proteggerlo. Finché si mette a parlare apertamente dell’arresto di Balduccio Di Maggio, e racconta che loro, Graviano e i suoi amici, stavano giocando a poker quando vennero avvertiti che lo avevano arrestato e che lo tenevano lì in una villa, ma era prima della data dell’arresto ufficiale, e aggiunge: “Io lo sapevo che stavano preparando l’arresto di Riina perché nel mio albergo a Palermo erano arrivate le squadre speciali per preparare l’irruzione nella sua casa e la mia gente nell’albergo mi aveva avvertito”. Ancora: “Certo, avrei potuto avvertire Riina, ma non l’ho fatto”! Praticamente fa capire che l’ha tradito e forse quello è il patto per cui godeva di una favolosa protezione. Concludendo? Guarda, se vogliamo essere realisti, uno potrebbe anche vederla così: c’è stata una situazione, negli anni Ottanta, che è andata completamente fuori controllo. Però alla fine, anche se in maniera, come possiamo dire, molto eterodossa, molto illegale, la soluzione s’è trovata. La mafia non è più un pericolo, non è più una forza militare, il paese è in pace, i cattivi sono in galera al 41bis… Se uno vuole, può sostenere questa tesi. Non regge tanto rispetto alla Calabria, dove i calabresi sono a detta di tutti i più grandi importatori di cocaina dal Messico, dalla Colombia e hanno in mano la distribuzione in tutta Europa, però è vero che i siciliani hanno sicuramente diminuito il loro volume d’affari; il mercato dell’eroina non lo posseggono più, quindi si può dire che il pesce grosso è stato preso. Però nello stesso tempo vediamo com’è andata l’elezione recentissima per il sindaco di Palermo. La lancetta dell’orologio è stata riportata esattamente a trenta-quaranta anni fa, quando le persone legate alla mafia davano indicazione di voto e venivano elette queste figure che al tempo si chiamavano Lima, Ciancimino, eccetera. Diciamo che il potere amministrativo sulla Sicilia rimane assolutamente in mano a questi con tutto quello che vuol dire per la spesa pubblica, la corruzione dei politici, adesso col piano Pnrr, e tutto quanto. E la magistratura? Ecco, questa fa un po’ impressione, anche dal punto di vista culturale, sociologico. Con Falcone e Borsellino abbiamo pensato veramente che la magistratura potesse essere l’elemento fondamentale per vincere questa battaglia. E quindi abbiamo dato molto credito ai magistrati che sono venuti dopo. Nessuno avrebbe mai pensato che fossero, non dico corrotti, ma così incapaci. Tutte le indagini condotte negli ultimi trent’anni sono quasi ridicole. Noi abbiamo passato i primi quindici anni sul delitto Borsellino con l’impostura di Scarantino. Quindici anni! Una pista falsa a cui hanno partecipato tutti, tutti i magistrati! Questo ragazzo accusato era uno che non sapeva fare la propria firma e nessuno se n’è accorto in quindici anni? L’hanno manipolato in tutte le maniere. Sono cose da pazzi! Poi questo processo “della trattativa” che ormai va avanti da una ventina d’anni e dove si spiega che tutto quello che è successo in Italia lo si deve a una trattativa per eliminare il carcere duro del 41bis, una cosa che non sta né in cielo né in terra. Tutto l’aspetto reale, decisivo, della questione, quello economico, i soldi, gli interessi, scompare. E hanno montato su un castello di sciocchezze, coinvolgendo addirittura Napolitano, con le telefonate segrete, Conso, e, tra l’altro, venendo sempre bocciati. Adesso questo processo è alla fine, e hanno sempre assolto tutti, perché la cosa non sta in piedi. E nello stesso tempo questi magistrati, in particolare Di Matteo, che ha condotto questa inchiesta, sono diventati delle star politiche. Di Matteo è l’uomo dei Cinquestelle, chiede che gli sia data la direzione delle carceri, mentre in realtà non ha mai combinato nulla. Faccio un ultimo esempio, un caso su cui nel libro mi dilungo e che mi sta a cuore, quello di Nino Gioè. Un altro scandalo mostruoso. Gioè è una persona che partecipa a tutti i fatti più gravi, a cominciare da Capaci, voglio dire che l’ha fatta lui materialmente, ha messo lui l’esplosivo. Ebbene, viene fuori che è arruolato dai servizi segreti fin da quando era giovane! E poi lo ammazzano a Rebibbia e dicono che si è ammazzato per il rimorso e nessun magistrato ha mai indagato! Francamente non so cosa pensare. Quello che vorrei è che ci fosse, da parte della magistratura in particolare, un atto di contrizione, di pentimento, perché queste persone sono state degli irresponsabili. Hanno dato al popolo italiano un’idea sconvolgente di che cosa sia la giustizia nel nostro paese. Perché si sono comportati così? Non lo so, un po’ perché ci si sono trovati in mezzo, e ognuno ha pensato solo a salvaguardarsi, a non denunciarsi l’uno con l’altro, a fare carriera, poi ci sono tutte le cose venute fuori con Palamara, ognuno che si spia con l’altro, le correnti... Purtroppo è così. Uno poi immagina che ci sia sempre un grande male, ma spesso è la banalità della vita di questi corpi separati a fare la parte principale... (a cura di Gianni Saporetti) storia italiana e parla di Omegna, della sua latitanza lì, e dice: “qui godevo di una favolosa protezione”, e lo ripete più volte questo ragazzo accusato era uno che non sapeva fare la propria firma e nessuno se n’è accorto in quindici anni? UNA CITTA’ Redazione: Barbara Bertoncin, Giorgio Calderoni, Stefano Ignone, Silvana Massetti, Giovanni Pasini, Paola Sabbatani, Gianni Saporetti (direttore), Giuseppe Ramina (direttore responsabile). Collaboratori: Isabella Albanese, Katia Alesiano, Rosanna Ambrogetti, Oscar Bandini, Luca Baranelli, Michele Battini, Amalia Brandi Campagna, Dario Becci, Antonio Becchi, Alfonso Berardinelli, Sergio Bevilacqua, Guia Biscàro, Stephen Eric Bronner, Thomas Casadei, Flavio Casetti, Alessandro Cavalli, Giada Ceri, Luciana Ceri, Francesco Ciafaloni, Luciano Coluccia, Francesca De Carolis, Carlo De Maria, Ildico Dornbach, Bruno Ducci, Fausto Fabbri, Roberto Fasoli, Adriana Ferracin, Enzo Ferrara, Bettina Foa, Vicky Franzinetti, Andrea Furlanetto, Iacopo Gardelli, Wlodek Goldkorn, Belona Greenwood, Joan Haim, Massimo Livi Bacci, Giovanni Maragno, Emanuele Maspoli, Lisa Massetti, Franco Melandri, Annibale Osti, Cristina Palozzi, Cesare Panizza, Irfanka Pasagic, Andrea Pase, Lorenzo Paveggio, Edi Rabini, Alberto Saibene, Ilaria Maria Sala, Massimo Saviotti, Sulamit Schneider, Massimo Tirelli, Fabrizio Tonello, Alessandra Zendron. In copertina: via d’Amelio, 19 luglio 1992. Hanno collaborato: Martino Fabbri, Maria Giorgini, Matteo Lo Presti, Giulia Mengolini, Oxana Pachlovska, Michael Walzer, Monika Weissensteiner. Proprietà ed editore: Una Città società cooperativa. Questo numero è stato chiuso l’8 agosto 2022.

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