Una città n. 285

Io racconto queste cose perché quel che è successo in quegli anni in Italia è abnorme e sconosciuto! Hanno attaccato veramente i capisaldi della democrazia italiana: il sistema bancario, l’indipendenza della magistratura, tutto è stato messo in discussione e quando si arriva al fatto che Andreotti fa arrestare i vertici della Banca d’Italia per salvare Sindona, quando si arriva al punto che il più grande banchiere viene ucciso a Londra e si maschera un suicidio e i servizi segreti sono coinvoltissimi… Insomma, tutto questo sembra dimenticato. Di quel periodo resta solo la versione che c’era un contadino di Corleone, semianalfabeta, feroce, dominato dallo spirito di vendetta. Tutto qui. La politica non c’entrava, non c’entrava l’economia e i soldi di tutto questo grande traffico non si sa dove siano finiti. Ma i Graviano c’entrano anche con l’arresto di Riina? Certo, anche questo è un grande scandalo. Nel libro faccio molti riferimenti al cinema, in particolare al “Padrino”, un vero capolavoro, e la storia dell’arresto di Riina è la stessa di Salvatore Giuliano che venne raccontata magistralmente da Rosi nel suo film. Riina è stato consegnato. A un certo punto Riina non andava più bene a nessuno, era veramente esagerato, era pazzo, tra l’altro odiato anche dai suoi perché aveva promesso che avrebbe fatto assolvere le persone in Cassazione e non c’era riuscito. Quindi è stato consegnato. E lì devo aggiungere qualcosa sulla mia attività di “investigatore dilettante” a cui, in realtà, è capitato un colpo di fortuna. Mi aveva stupito da subito che Giuseppe Graviano avesse detto: “No, io ho l’alibi, non stavo neanche a Palermo, perché ho fatto tutta la mia latitanza a Omegna”. Ora, Omegna è questo paese magnifico sul Lago d’Orta che io frequentavo un po’ perché lì avevo un carissimo amico, Carlo Torre, il famoso perito, medico legale, che ogni tanto andavo a trovare. Lui aveva una casa sull’isola e passavamo qualche giorno lì. Allora mi aveva incuriosito il fatto un po’ strano che Graviano stesse lì e poi che questo Di Maggio, grazie al cui tradimento Riina, di cui era l’autista, sarà catturato, fosse stato arrestato a Borgomanero, che dista da Omegna dieci chilometri. Sono due palermitani che stanno lì… Mi parve curioso. E poi mi ricordo che Carlo, una volta che eravamo andati in gita, mi aveva fatto vedere un grande castello, di quelli che costruivano all’inizio del Novecento copiando i castelli medievali -in Piemonte ce ne sono parecchi- e mi aveva detto: “L’ha comprato Pasquale Galasso”, che è un eminente boss della camorra. E io: “Mah, strano…”, e lui: “Sì, non solo! Ma a un quando venne incarcerato, dopo essersi pentito fu messo agli arresti domiciliari qua, nel castello medievale. Lo si vedeva in giro”. Insomma, era tutto un po’ strano. Poi succede che siccome una clinica di Omegna è un’eccellenza nella sostituzione delle anche e mia moglie aveva bisogno di una sostituzione, sono stato lì una ventina di giorni. Così, non sapendo come passare il tempo, ho cominciato a informarmi su questa presenza di Graviano tanti anni prima. E dei vecchi giornalisti, perché sono storie di trent’anni fa, qualcuno si ricordava le cose e quindi ho raccolto un po’ di informazioni. La prima delle quali era che l’arresto di Balduccio Di Maggio non era avvenuto come l’avevano raccontato. Era avvenuto in un’altra maniera, era stato anche questo concordato... Nel libro ci sono i dettagli su questa vicenda. Poi, l’altra cosa che mi ha aiutato, siamo nel 2020, è la lettura delle dichiarazioni che Graviano rende quando è accusato, a Reggio Calauna città 6 storia italiana resta solo che c’era un contadino di Corleone, semianalfabeta, feroce, dominato da spirito di vendetta

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