Una città n. 283

una città 19 cosa sta succedendo Quindi, sì, è possibile fare qualcosa per liberare i singoli soldati dalla morsa di ferro della Madrepatria. Prima dell’inizio della guerra vera e propria contro l’Ucraina, ti è mai capitato di essere contattato dai contractors mandati a combattere in Siria, per esempio? Per quanto riguarda la Siria non ho quasi mai ricevuto contatti. Nel caso dei contractor, è difficile parlare di violazioni dei diritti dei soldati: vengono accuditi come si deve e pagati più o meno come quelli che vanno a combattere in Ucraina. Qual è la paga del personale militare schierato in Ucraina? Tra i cinquemila e i diecimila rubli (69138 euro) al giorno per quelli che partecipano all’“operazione militare speciale”. Questo in aggiunta al loro salario ufficiale. Hai detto che oggi più che mai ricevi richieste da obiettori. Quante ne ricevi, approssimativamente? Ora sto sentendo via mail e telefono diverse dozzine di potenziali obiettori, direi quasi un centinaio. Molto spesso, per ogni individuo che mi contatta c’è un intero gruppo di soldati con cui poi questo condivide le informazioni ottenute dal nostro consulto. Io posso solo dare loro i dettagli circa l’eventualità di un loro reintegro nell’esercito nonostante l’obiezione. Che tipo di soldati si rifiutano di andare in Ucraina? Non posso rispondere a questa domanda perché mi trovo in Russia e non posso gettare discredito sulle Forze armate della Federazione russa. Hai ricevuto richieste anche da soldati di rango superiore che non vogliono partecipare alle operazioni militari? Sì, ho aiutato anche il capitano di un’unità di ricognizione, ma non posso fornire ulteriori dettagli. Il personale militare può subire azioni legali per essersi rifiutato di combattere? In tempo di pace è piuttosto problematico portare avanti un’azione penale contro qualcuno che si sia rifiutato di obbedire agli ordini, ma non è impossibile. Se non si ottempera a un ordine, il reato penale si configura solo nel caso se ne abbiano conseguenze materiali dannose, o se ciò nuoce a un’azione di combattimento; questo è disposto nel Codice penale, articolo 332, parte 1 (incapacità di eseguire un ordine). Per esempio, il caso di un soldato incaricato di difendere una caserma che gettasse il suo fucile per scappare e in seguito la caserma venisse data alle fiamme. È più difficile quantificare i danni materiali in terra straniera, in Ucraina. Per esempio, un danno materiale potrebbe essere considerato il disturbo a un’azione di combattimento, e ciò potrebbe includere soldati che rimangono uccisi a seguito di una mancata azione di un altro soldato, o il non raggiungimento di obiettivi strategici. Al momento, non c’è stato neanche un caso di azione penale per il rifiuto di un soldato di combattere, e credo di sapere il perché. Perché? Perché poi finirebbe sui media. Se ci fosse un’azione legale circa i motivi del fallimento di un’azione militare specifica, equivarrebbe ad ammettere che nell’esercito c’è qualcosa che non funziona come dovrebbe. In più, secondo le norme della procedura penale, se viene istruita una causa contro un soldato, a questo deve essere fornita una copia della decisione di istruire il caso; e questo deve includere i dettagli del “danno materiale significativo” che le sue azioni hanno provocato agli interessi dell’esercito. E così, tutti verrebbero a sapere che quella particolare missione è fallita. I resoconti mediatici finirebbero per minare l’autorità del comando se il caso divenisse pubblico; il soldato potrebbe essere intervistato dai giornalisti, e sicuramente potrebbe avere molte informazioni interessanti da condividere. In seguito, se altri soldati venissero costretti ad affrontare casi penali, la reticenza dei soldati a obbedire agli ordini verrebbe ad aumentare. Ecco perché ritengo che lo stato non abbia ancora adottato questo strumento, ma vorrei che fosse chiaro che è, almeno teoricamente, una via possibile. Molti soldati russi finiti prigionieri degli ucraini hanno detto che il 24 febbraio pensavano di andare a svolgere delle esercitazioni, e che solo in seguito era stato loro ordinato di unirsi all’“operazione militare”. Puoi confermarlo? Hai sentito resoconti simili? Sì, certamente. Proprio ora sto preparando un caso per alcuni soldati cui avevano detto che stavano andando a svolgere delle manovre di esercitazione che poi si sono rivelate essere l’“operazione militare speciale”. Tra questi ci sono soldati che si sono rifiutati di andare in Ucraina, e soldati che, dopo avervi trascorso un po’ di tempo, se ne sono andati. Cosa ti dicono circa il motivo per cui non vogliono tornare in Ucraina? Non posso rispondere, perché se lo facessi potrei gettare discredito sulle Forze armate, cioè dare l’impressione che in Ucraina i nostri soldati stiano facendo una figuraccia. E non voglio certo dire nulla di tutto ciò. Però un conto è vincere, un conto è morire. Moltissimi hanno cominciato a volersene andare dopo l’avvio dell’“operazione”, quando hanno cominciato a vedere i loro commilitoni morire. Comunque, gli obiettori sono stati minacciati di azioni penali -gli si è urlato contro, si sono puntati i piedi e sono stati rivolti appelli all’ufficio del procuratore militare. Cosa è accaduto a coloro che si sono rifiutati di combattere? La maggior parte di loro è stata congedata. Alcuni sono stati mandati via in licenza, perché per legge, prima di essere congedati, ai soldati deve essere permesso di usufruire di tutte le licenze che hanno maturato, e solo dopo possono essere congedati. Perciò, tantissimi dei congedati in realtà sono ufficialmente ancora in licenza. Ma non li congedano tutti, alla fine. In alcuni casi, se la fetta di soldati che si rifiuta di combattere diventasse troppo grande, e li congedassero tutti, non rimarrebbero più soldati in servizio. Per cui tendono a colpire duramente solo alcuni degli obiettori, per renderli d’esempio per gli altri. C’è anche chi non viene congedato dopo aver obiettato. Uno, in particolare, era un autista in servizio al contro-spionaggio militare dei servizi di sicurezza, l’Fsb. Lui è stato reinserito in ruolo; lo hanno spaventato, gli hanno urlato contro, ma poi non è successo altro. Fa ancora l’autista per l’Fsb. Hai scritto che alcuni dei congedati si ritrovano nel loro stato di servizio la definizione “incline al tradimento, al sotterfugio, alla menzogna”. Sono stato molto criticato per aver parlato di queste definizioni nello stato di servizio. Mi si è accusato di aver diffuso false informazioni, di averle prese da canali Telegram ucraini. E invece no, sono stato io a farle girare per primo! È stato un soldato a parlarmene. Vengono spesso a riferirti di queste “macchie” negli stati di servizio? No, perché credo che si tratti di iniziasto seguendo la causa di alcuni soldati cui avevano detto che stavano andando a svolgere delle esercitazioni moltissimi hanno cominciato a volersene andare quando hanno visto i loro commilitoni morire

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