Una città n. 283

una città 20 cosa sta succedendo tive personali di singoli comandanti. Di recente mi hanno mostrato uno stato di servizio militare con degli appunti in cui si diceva che il soldato si era rifiutato di prendere parte all’“operazione militare speciale” e pertanto veniva congedato per “essere venuto meno ai termini contrattuali”. È la stessa cosa, anche se posta in maniera più “morbida”. Scrivere una nota simile in uno stato di servizio di un militare equivale a rovinargli la vita. Quel commento non si basa su nulla; è contrario alla legge, e si può richiedere che venga annullato. Sto lavorando proprio su questo. Come potrebbe rovinare la vita del soldato un’annotazione del genere? Perché pregiudicherebbe le sue opzioni future, quando questi, per esempio, dovesse volersi unire a un’altra unità militare, alle forze di polizia, al Servizio penitenziario federale o ad altre forze dell’ordine. L’unica cosa su cui possono fare leva i comandanti è mettersi a strillare e minacciare azioni penali, ma in verità ciò che possono fare è semplicemente congedarli. Molti vogliono essere congedati, ma i loro comandanti, che vogliono gestire il problema in qualche modo, non possono far altro che urlare, minacciare e scrivere queste annotazioni. Vieni mai contattato dai parenti di soldati morti o feriti? Persone che cercano una compensazione economica? Sì, come ho già detto conosco casi di soldati feriti, o che hanno subìto traumi cranici, che ritengono di non aver ricevuto cure mediche appropriate. Al momento ho in sospeso una richiesta della moglie di un soldato che ha subìto gravi danni cerebrali ma non riesce a ottenere una compensazione. E per quanto riguarda i parenti dei morti? Non mi è capitato. Dal tuo osservatorio, ti sembra di notare un incremento di soldati contractor? Molti uffici di reclutamento militare stanno cominciando a cercare soldati per contratti a breve termine. Non posso parlare di percentuali, ma noto anche, come ho già detto, che i numeri di coloro che stanno lasciando il servizio sono molto alti. La maggior parte di coloro che vanno in Ucraina per la prima volta, sì, vogliono “de-nazificare”, “de-militarizzare”, “liberare”… molti sono anche pronti a uccidere. Ma certo non è vero che sono tutti pronti a morire per questo. Quando un soldato però comprende che la realtà è che può rimanere ucciso, per molti questo rappresenta un momento di presa di coscienza. In tanti allora cominciano a riconsiderare il loro bisogno di partecipare all’operazione. Perché gli ucraini, sì, che sanno per cosa stanno morendo, ed è su questa consapevolezza che si fonda la loro audacia. Quando i nostri nonni combattevano, anche loro sapevano per cosa stavano morendo. Invece, non tutti i nostri soldati comprendono il motivo per cui la loro morte sarebbe necessaria. Cosa ti dicono le persone con cui entri in contatto circa la guerra? Per esempio, dopo essere stati feriti, o dopo il congedo? Alcuni sono ancora convinti di star combattendo contro il nazismo. Non posso certo dire che tutti coloro che hanno servito la patria in questa guerra ritengano che sia tutto invano. Ci sono quelli che vogliono essere pagati il giusto, ma pronti a tornare in battaglia. Ma sono una minoranza. Il resto dei soldati mi dice di essersi reso conto che i locali non erano certo felici di vederli. Dicono anche che non incontrano mai gruppi isolati di “nazisti”, come gli era stato detto, ma forze armate regolari, ben equipaggiate. Capiscono che le cose non stanno come gli era stato detto e che quelli non sono “nazisti”, ma una nazione che difende il proprio territorio. Tu cosa pensi della guerra? Credo che i nostri ragazzi non c’entrino nulla con questa “operazione speciale”. Nel 2014 mi trovavo sul confine ucraino in una missione di lavoro, ai tempi in cui lavoravo come aiuto del procuratore militare. Ho visto come sono state create le repubbliche di Luhansk e Donetsk, pertanto ritengo che le basi su cui è stata giustificata questa guerra siano completamente artificiose. Ma, lascia che lo ripeta, questa è solo la mia opinione personale; con questo, non sto cercando di convincere nessuno a fare alcunché. (traduzione di Stefano Ignone. Pubblicato su Meduza col titolo “Freeing them from the motherland’s tenacious grip” https://meduza.io/en/feature/2022/0 5/03/freeing-them-from-the-motherland-s-tenacious-grip) capiscono che le cose non stanno così, e che quelli non sono “nazisti”, ma una nazione che difende il proprio territorio Facciamo lavori per altri per salvare la rivista e i posti di lavoro. Ma così togliamo tempo alla rivista. Non sappiamo come fare. Aiutaci sottoscrivendo l’abbonamento, regalandolo, convincendo qualcuno ad abbonarsi o semplicemente con un contributo una città IBAN IT68R0306913298100000013815. www.unacitta.it

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