Una città n. 283

una città 2 sommario Non ci saremmo più Sulla resistenza ucraina e l’aggressione russa intervista a Oxana Pachlovska (p. 3) La democrazia sovrana Sull’evoluzione del regime di Putin intervista ad Antonella Salomoni (p. 9) Una guerra giusta? Taras Bilous (p. 13) L’Ucraina cambia il mondo Luigi Marinelli (p. 16) La morsa di ferro della Madrepatria Sui soldati russi che disertano intervista a Maxim Grebenyuk (p. 18) Le origini del totalitarismo di Putin Nina L. Khrushcheva (p. 21) Che vuol dire “disperso in combattimento’? La protesta di due madri russe interviste a T. Yefremonko e Y. Tsyvova (p. 22) Nei rifugi Nelle centrali, la popolazione civile ucraina nei rifugi Fare bene le cose semplici Su cosa dovrebbe fare una buona scuola intervista a Claudio Giunta (p. 27) Addio a Chiara Frugoni Ricordiamo una cara amica (p. 30) Bellocchio critico della vita sociale Alfonso Berardinelli (p. 35) La sfida enorme Emanuele Maspoli (p. 37) Pasolini pedagogo Matteo Lo Presti (p. 38) Il salario minimo Massimo Tirelli (p. 39) Il teatro, la musica amatissima... Bartolo Gariglio (p. 41) Il giubileo Belona Greenwood (p. 42) Perché gli assassinii di Gobetti, Amendola, Rosselli e Matteotti? Massimo Teodori (p. 36) Scelgo l’Occidente, Dwight Macdonald (p.46) La visita è alla tomba di Vladimir Vysotsky. aprile 2022 Redazione Una città via Duca Valentino 11, 47121 Forlì tel. 0543/21422 unacitta@unacitta.org “[...] Da dieci anni, i nostri dirigenti disprezzano le indignazioni «morali». Da dieci anni, affermano di fare della «realpolitik»: non sarà per Grozny che il mondo smette di girare, evitiamo di urtare il gigante Russia, lasciamo agli illuminati il loro «ritornello moralistico» d’impotenti. Scusatemi, ma senza principio etico, non c’è politica a lungo termine. Morale e politica non si dissociano come credono i Machiavelli da strapazzo. La «politica» degli Airbus e degli idrocarburi, la «politica» delle riverenze, la «politica» del «me ne infischio altamente che un popolo sia sterminato» portano a Beslan. Questa non è politica, è cecità. La «belle âme» che loro deridono e che io assumo per aver combattuto, con qualche raro amico, i fascismi nero, rosso e verde, per aver sostenuto all’epoca della loro persecuzione Solzenicyn, Sakharov, Havel, Massud, i boat people, gli assediati di Dubrovnik e di Sarajevo, gli espulsi del Kossovo, gli sgozzati d’Algeria, tutti quei «senza potere» sui quali i sostenitori della realpolitik non scommettevano un chiodo, la mia anima pietosa vi dice che non si cancella un popolo dalla carta, fosse pure irrisoriamente piccolo a giudizio delle nostre grandi nazioni.” André Glucksmann, “Corriere della sera”, 16 settembre 2004 Dedichiamo gran parte del numero all’Ucraina. Sappiamo che la nostra posizione intransigente suscita perplessità in alcuni dei nostri lettori. Un’abbonata ci ha tacciato di bellicismo e ha disdetto l’abbonamento. Ma la nostra è una posizione non di principio, ma molto pragmatica. Li invitiamo a leggere, a pagina 46, l’articolo di Macdonald che, dopo essere stato pacifista durante la Seconda guerra mondiale, cambiò idea. Ecco le sue argomentazioni che sono le nostre: “Per quanto riguarda il pacifismo, questo tende a presupporre un certo grado di similitudine etica col nemico, qualcosa che sta nelle sue ragioni e cui ci si possa appellare -o perlomeno, qualcosa che appartiene alle sue tradizioni. Gandhi trovò questo nei britannici, e così il suo movimento di resistenza passiva potè avere successo, dal momento che c’erano alcune misure repressive, come il giustiziare lui e i suoi collaboratori di spicco, cui i britannici non potevano ricorrere per via del loro codice morale tradizionale, che è quello comune alla civiltà occidentale. Ma i comunisti sovietici non hanno una tale inibizione, come non l’avevano i nazisti. Pertanto, concludo che il pacifismo non ha alcuna possibilità ragionevole di risultare efficace contro un nemico totalitario”. L’amico Pietro Adamo ci segnala il racconto fantascientifico Il terrore e la fede dello storico Harry Turtledove, in cui si immagina che Hitler abbia vinto la Seconda guerra mondiale, conquistato anche l’Inghilterra e mandato i suoi emissari e le sue truppe a prendere possesso dell’India. Qui Gandhi e Nehru discutono cosa fare, il primo crede che con la nonviolenza si ripeterà la vittoria ottenuta coi britannici, Nehru è preoccupato perché vede la differenza fra un regime coloniale ma liberale nella madrepatria e un regime totalitario. Gandhi però non cede, adotterà di nuovo il metodo nonviolento e il comandante nazista, pure colpito dalle argomentazioni dell’incredibile personaggio indiano, al momento di passare ai fatti, ordinerà alle autoblinde di sparare sulla folla che è scesa in strada per manifestare disarmata. E sarà un massacro. È incredibile come soprattutto a sinistra, non si tenga in alcun conto che l’Ucraina ha di fronte una potenza fascista che non ha un’opinione pubblica con cui dover fare i conti e quindi non ha scrupoli a condurre una guerra terroristica contro i civili. Che senso ha allora parlare di trattativa? E, nel caso, quale fiducia potremmo avere che gli impegni verrebbero mantenuti? Non abbiamo visto cosa successe a Srebrenica? E che senso ha proporre di smettere di dare armi agli ucraini, se non quello di costringerli alla resa? E in questo caso, di per sé orribile, quale sarebbe la riduzione del danno? Ripetiamo quello che tutti sanno: la prepotenza che vince è altamente contagiosa. Di Ucraina e Russia ci parlano Oxana Pachlovsha, Antonella Salomoni, Taras Bilous, Bartolo Gariglio, e poi da Meduza, quotidiano online in lingua russa con sede a Riga, Lettonia, l’intervista a Maxim Grebenyuk, e quelle a Tatyana Yefremonko e Yulia Tsyvova, madri di soldati russi “dispersi”. Due grandi persone, che ci onoravano della loro amicizia, sono mancate. Commemoriamo Piergiorgio Bellocchio con le parole del suo amico Alfonso Berardinelli e Chiara Frugoni con un nostro ricordo e ripubblicando una delle interviste date alla nostra rivista, quella in cui racconta del rapporto con un grande padre, Arsenio Frugoni, scomparso prematuramente, severo ed esigentissimo, ma che alla fine sarebbe stato orgoglioso della figlia. Claudio Giunta ci parla di scuola. Per l’altra tradizione pubblichiamo il prologo di Massimo Teodori al libro, scritto con Angelo Panebianco, La parabola della Repubblica, in cui ci si chiede: Perché gli assassinii di Gobetti, Amendola, Rosselli e Matteotti? Poi le lettere dal Marocco di Emanuele Maspoli, e dall’Inghilterra di Belona Greenwood; l’intervento di Massimo Tirelli sul salario minimo e quello di Matteo Lo Presti che ci parla di Pasolini. “La visita” è alla tomba di Vysotsky, il Bob Dylan russo, perseguitato in vita e che in morte fu accompagnato alla tomba da un milione di russi.

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