Marcelo Quiroga

 

Marcelo Quiroga Santa Cruz

Mar­ce­lo Qui­ro­ga San­ta Cruz è sta­to un gran­de pa­trio­ta del­la re­cen­te sto­ria bo­li­via­na e del­l’in­te­ra Ame­ri­ca La­ti­na. Uo­mo co­rag­gio­so e sen­si­bi­le, pre­mio Faul­k­ner con il ro­man­zo Los De­sha­bi­ta­dos, so­cia­li­sta, da par­la­men­ta­re con­te­stò il go­ver­no del suo pae­se, ac­cu­san­do­lo di sven­de­re le ri­sor­se bo­li­via­ne e di as­ser­vir­si agli in­te­res­si nor­da­me­ri­ca­ni. Fu uno dei più stre­nui so­ste­ni­to­ri del­la na­zio­na­liz­za­zio­ne del pe­tro­lio bo­li­via­no. Nel 1969 fu lui, in qua­li­tà di mi­ni­stro del­le mi­nie­re e del pe­tro­lio del go­ver­no Ovan­do, a fir­ma­re il de­cre­to che ren­de­va gli idro­car­bu­ri del­la Bo­li­via un be­ne pub­bli­co. Una vit­to­ria per il pae­se e per Mar­ce­lo, se non fos­se che do­po po­chi me­si il pe­tro­lio, sot­to la pres­sio­ne de­gli Usa e del­la Gulf Oil, fu nuo­va­men­te pri­va­tiz­za­to. Mar­ce­lo si tro­vò a do­ver ini­zia­re una lun­ga op­po­si­zio­ne, du­ra­ta die­ci an­ni, ai ge­ne­ra­li-dit­ta­to­ri e agli in­te­res­si del­le mul­ti­na­zio­na­li del petrolio. Nel 1980, la mat­ti­na del 17 lu­glio, Mar­ce­lo Qui­ro­ga ba­ciò sua mo­glie e la­sciò la ca­sa nel cen­tro di La Paz per an­da­re al­la se­de del­la Cen­tra­le ope­ra­ia bo­li­via­na do­ve lo aspet­ta­va una gior­na­ta pie­na di im­pe­gni. C’e­ra sta­to il col­po di sta­to con­tro il neoe­let­to pre­si­den­te Hernán Si­les Zua­zo, or­che­stra­to dal ge­ne­ra­le Luis García Me­za, e Mar­ce­lo era mol­to pre­oc­cu­pa­to. Era in cor­so una riu­nio­ne con i com­pa­gni del sin­da­ca­to quan­do si udi­ro­no ur­la e scar­pe pe­san­ti sa­li­re le sca­le. Non sa­reb­be sta­to il so­li­to con­trol­lo. I pa­ra­mi­li­ta­ri co­strin­se­ro tut­ti i pre­sen­ti a scen­de­re le sca­le in una fi­la or­di­na­ta. Al pia­no­ter­ra cer­ca­ro­no di se­pa­ra­re Mar­ce­lo da­gli al­tri, ma lui si di­vin­co­lò e tor­nò al suo po­sto. Ini­zia­ro­no gli in­sul­ti e le per­cos­se, Mar­ce­lo al­zò le ma­ni in se­gno di re­sa. Par­tì una raf­fi­ca di pro­iet­ti­li. Mar­ce­lo fe­ri­to al to­ra­ce bar­col­lò e cad­de, Car­los Flo­res, il suo com­pa­gno di lot­te non­ché di­ri­gen­te sin­da­ca­le, fu col­pi­to a mor­te. I pa­ra­mi­li­ta­ri tra­sci­na­ro­no tut­ti, vi­vi e mor­ti, su un’au­toam­bu­lan­za e li por­ta­ro­no al­lo Sta­to mag­gio­re. Mar­ce­lo ar­ri­vò an­co­ra vi­vo. Le im­ma­gi­ni scat­ta­te dai mi­li­ta­ri lo ri­trag­go­no esan­gue men­tre in­di­ca qual­co­sa fuo­ri dal­l’o­biet­ti­vo. Al­le cin­que del po­me­rig­gio ar­ri­vò una te­le­fo­na­ta al­la mo­glie Cri­sti­na: «Non cer­ca­te­lo più, Mar­ce­lo è mor­to». Co­sa ac­cad­de è an­co­ra un mi­ste­ro. Se­con­do le ri­co­stru­zio­ni fat­te al pro­ces­so al ge­ne­ra­le García Me­za, con­dan­na­to ne­gli an­ni No­van­ta per aver da­to l’or­di­ne di as­sas­si­nar­lo, i mi­li­ta­ri si li­be­ra­ro­no dei ca­da­ve­ri sen­za che i me­di­ci le­ga­li ese­guis­se­ro l’au­top­sia. Sem­bra che il cor­po di Mar­ce­lo, se­gna­to da se­vi­zie, sia sta­to fat­to a pez­zi e di­sper­so nel­la sel­va. Fu di­chia­ra­to de­sa­pa­re­ci­do, e i suoi re­sti mai più ri­tro­va­ti. 
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L’indio presidente

Evo Morales, indio sindacalista degli indios coltivatori di coca, ora presidente della repubblica boliviana, sta cercando di portare avanti una politica di nazionalizzazioni per lo sviluppo del paese, già più volte tentata dalle forze progressiste boliviane e sempre interrotta, nel passato, da colpi di stato. Il rischio autoritario in nome della lotta alla corruzione. La grande figura di Marcelo Quiroga. Intervista a César Brie. 
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