Una città n. 285

pugno) un articolo di settemila parole interamente dedicato ad articolare due punti: che l’Ucraina è parte inalienabile della Russia, e che gli ucraini non hanno diritto all’autogoverno, se non in stretta collaborazione con la Russia. L’articolo poi sostiene che da oltre mille anni esisteva un legame indissolubile tra i due paesi, fino a che Lenin e i Bolscevichi non l'hanno spezzato consentendo a una grande repubblica sovietica ucraina di diventare uno Stato indipendente al crollo dell'Unione Sovietica. Dimentichiamo per un momento il bizzarro presupposto secondo cui, in un determinato momento della propria storia, le nazioni assumerebbero una forma “eterna”. La citazione più importante di questo articolo di Putin è la seguente: “La politica sovietica delle nazionalità ha creato tre distinti popoli slavi, quando in realtà esiste un’unica grande nazione russa, un popolo trino composto dai Grandi russi (i russi), i Piccoli russi (gli ucraini) e i bielorussi”. Il problema, pertanto, è che i commentatori di sinistra, nel concentrarsi sul ruolo della Nato -questione a malapena menzionata nel testo putiniano del luglio 2021- hanno negato a Putin ogni agency, ogni potere d’azione. Per come viene rappresentato, Putin sarebbe capace solo di reagire a ciò che fanno gli Stati Uniti. Ma Putin ha ribadito instancabilmente, e con chiarezza lampante, ciò che pensa dell’Ucraina indipendentemente dalla questione della Nato. Quest'ultima non è certamente irrilevante, ma gli analisti occidentali che continuano a insistere sulla sua assoluta centralità di fatto stanno togliendo ai popoli dell’Est Europa -in questo caso, perfino a Vladimir Putin- il diritto di esprimere la propria opinione. Eppure Putin l’ha detto chiaramente: se la Nato, un anno fa, avesse messo da parte la questione dell'adesione ucraina, lui avrebbe comunque dovuto occuparsi di un paese che insisteva a ritenersi un’entità del tutto separata dalla Russia. Un’ulteriore prova della centralità del tema della “grande nazione russa” viene da un articolo pubblicato il giorno dopo l’invasione da “Novosti”, l’agenzia stampa ufficiale russa, e cancellato poche ore dopo, quando era emersa la forza della resistenza ucraina. Sorprendentemente, alcuni esponenti dell’élite di potere erano convinti che l’invasione sarebbe stata una passeggiata: l’articolo annunciava l’inizio di una “nuova era”, in cui la Russia sarebbe stata “riportata alla sua pienezza storica”, in cui si sarebbero finalmente riuniti i popoli russi “nella loro interezza, i Grandi russi, i bielorussi e i Piccoli russi”. L’indipendenza ucraina, l’articolo proseguiva, è intollerabile, perché costituisce una “de-russificazione dei russi”. Allora, cos’altro deve dire la Russia per farci capire che la Nato, in realtà, non era che un sintomo minore di un problema più vasto? Ufficialmente, la Russia ha parlato di Nato perché sapeva che si trattava di un argomento che poteva raccogliere il consenso di chiunque fosse stanco del potere statunitense, e che avrebbe permesso di minimizzare le sue responsabilità. Putin e la sinistra Ma davvero c’è ancora qualcuno che vede qualcosa di sinistra in Putin? È per questo che alcuni circoli della sinistra occidentale -certo non dell’Europa dell’Est- sono riluttanti a giudicare negativamente le intenzioni della Russia, così come invece fanno tranquillamente con gli Stati Uniti? È vero che Putin ha a lungo servito lo stato russo, che era iscritto al Partito comunista, ed è noto quanto egli stesso abbia rimpianto la fine dell’Unione sovietica. È però altrettanto vero che nella maggior parte dei conflitti internazionali scoppiati durante la Guerra fredda -eccetto quelli entro i confini del blocco sovietico- l’Unione sovietica era, tendenzialmente, dalla parte dei progressisti. Ma Putin è entrato nell’apparato dell’Unione sovietica non già con motivazioni progressiste, bensì per servire il potente apparato statale russo. Non ci sono prove che Putin si sia mai interessato ad alcuna ideologia di sinistra. Egli si inserisce a pieno titolo nella tradizione di quei vecchi emigrati dell’Armata Bianca imperiale che iniziarono ad abbracciare la Russia sovietica negli anni Trenta quando videro che stava ripristinando il potere della Grande Russia. In effetti, ciò che più si avvicina a un idolo intellettuale di Putin è uno dei teorici chiave della fazione anti-bolscevica della Guerra civile: Ivan Illyin, un monarchico cristiano, ammiratore di Hitler dalla prima ora, le cui ceneri Putin ha recuperato dal suolo americano per farle seppellire in pompa magna a Mosca. Per quanto riguarda i leader russi che lo ispirano, il suo modello è lo zar Alessandro III, che ritirò le riforme dei suoi predecessori e nel suo regno, tra il 1881 e il 1894, rafforzò un governo autoritario, divenendo un modello per la destra dell’Europa occidentale che si opponeva alle riforme liberali e socialiste. Proprio come Putin è oggi un modello per Marine Le Pen, o per Tucker Carlson, che combattono contro le odierne tendenze egualitarie “woke”. George Kennan aveva denunciato i pericoli dell'espansionismo Nato ancora prima che si sentisse parlare di Putin. Qualsiasi Russia avrebbe mal sopportato una presenza Nato ai propri confini, ma non necessariamente avrebbe considerato l’Ucraina come un paese privo dell’elementare diritto all’auto-determinazione. Né Lenin, né Gorbaciov, né Eltsin hanno mai trattato l’Ucraina in questo modo; Putin ha rivolto critiche a tutti loro. Allo stesso modo non qualsiasi Russia avrebbe reagito a una remota possibilità di adesione dell'Ucraina alla Nato con una guerra totale.. Ho una domanda per chi continua a sottolineare le giustificate paure della Russia per la presenza Nato ai propri confini: come spiegate un’invasione che, come chiunque avrebbe potuto prevedere, sta già costringendo la Nato a posizioni più ostili alla Russia di quanto non lo siano mai state dalla fine della Guerra fredda? Riconoscere le enormi colpe di Putin non significa certo dare un via libera agli Stati Uniti. Data l’indisponibilità di Washington nell'appoggiare un’adesione ucraina alla Nato, un Presidente Usa avrebbe dovuto dichiarare pubblicamente che quella prospettiva era fuori discussione, lavorando per un accordo condiviso sulla neutralità del paese, azione che avrebbe disinnescato il principale motivo di lamentela della Russia. E però, a dispetto di tutti i peccati e le colpe imputabili agli Stati Uniti, la guerra in Ucraina non può essere annoverata tra questi. Persino Putin rintraccia la causa della guerra nella pressione esercitata dall’Ucraina per ottenere un’indipendenza completa -una pressione che, in base a ciò che lo stesso Putin ha affermato ripetutamente, egli non può accettare. Quasi nessuno, a sinistra, ha apertamente sostenuto questa guerra. Tuttavia affermare “abbasso l’invasione Russa”, per poi immediatamente addossare ogni colpa agli Stati Uniti, e solo a loro, colpevoli di provocazione, è quasi come sostenerla. Questo atteggiamento rivela, non solo una scarsa comprensione delle dinamiche elementari della Russia, ma è un tradimento lampante dei principi più elementari dell’internazionalismo. Se vogliamo sostenere il diritto all’autodeterminazione dei vicini degli Stati Uniti, non possiamo negarlo ai vicini della Russia. Se non siamo in grado di riconoscere che ci sono molteplici imperialismi, siamo colpevoli dello stesso americano-centrismo di cui accusiamo gli altri. David Ost insegna scienza politica all’Hobart and William Smith College nello stato di New York. Ha scritto su varie riviste di Europa dell’Est, politiche del lavoro, classe, democrazie e nuove destre. Sta lavorando a un libro intitolato Workers, The Fascist Allure, and the Transformation of the Left. una città 20 internazionalismo democratico il suo idolo è Ivan Illyin, monarchico cristiano, ammiratore di Hitler, le cui ceneri Putin ha recuperato...

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