Una città n. 285

una città 43 lettere, rubriche, interventi donne da parte femminile. Oppure tornare al cous cous, e sperare che non buttino l’atomica e che il pranzo non bruci sui fornelli. La legislazione sull’interruzione volontaria di gravidanza ruota intorno a due elementi cardine: i motivi giuridici di concessione dell’aborto1 altrimenti vietato e i limiti gestazionali entro cui realizzarlo, generalmente di dodici settimane. Quasi il 90% dei paesi nel mondo consente l’aborto, al minimo quando la vita della donna è in pericolo. Un esiguo numero (24 paesi dove vive il 5% delle donne in età riproduttiva) principalmente dell’America centro-meridionale e dell’Africa lo vieta in qualsiasi caso. Le motivazioni per l’interruzione di gravidanza I motivi che regolano l’interruzione di gravidanza vanno dai più restrittivi ai più ampi. I primi consentono l’aborto solo nel caso di pericolo per la vita della donna, anche se in qualche paese si deroga al divieto in caso di stupro (10 su 42 paesi) e ancor più raramente di incesto (4 sullo stesso numero). La misura leggermente meno restrittiva di questa intende salvaguardare la salute delle donne; in questo caso i motivi terapeutici sono quasi sempre indicati. I paesi che consentono l’aborto per motivi socio-economici quasi sempre prendono in considerazione un’ampia gamma di circostanze che riguardano l’impatto potenziale della gravidanza e del parto sulla vita delle donne. Infine, per 72 paesi con una popolazione di 601 milioni di donne in età riproduttiva, la legge precisa i limiti gestazionali ed eventualmente le circostanze in cui è possibile superarli. A corollario va detto che in 40 paesi le leggi prevedono l’obbligo di notificare ai genitori l’intenzione di abortire delle minorenni o richiederne il consenso; in 13 è inoltre stabilito l’obbligo di ottenere il consenso del coniuge. Sommando le circostanze, il 41% delle donne in età riproduttiva vive in paesi che regolano in senso restrittivo l’interruzione di gravidanza o la vietano. La proporzione sarebbe anche più elevata se la legalizzazione non avesse avuto una forte accelerazione a seguito dell’adozione del Programma d’azione della Conferenza del Cairo del 19942. Da allora infatti quasi 50 paesi hanno legiferato a favore dell’aborto, come minimo allentando le restrizioni più radicali. In rari casi vi è stata una inversione. Ridurre i concepimenti non voluti Nel considerare l’abortività è bene premettere che origina da un concepimento non voluto, in gran parte frutto di un bisogno non soddisfatto di contraccezione di cui soffre il 10% delle donne in età feconda (Un-Desa. Contraceptive Use by Method, 2019). Al proposito, l’Organizzazione mondiale della sanità stima che ogni anno 121 milioni di gravidanze (quasi la metà del totale) non sono volute e 6 ogni 10 di queste hanno come esito la loro interruzione (Oms 2022: www.who.int/newsroom/fact-sheets/detail/abortion). Diversi studi pubblicati nell’ultimo decennio (una bibliografia estesa in “The Lancet”, 2020) confermano che nei paesi dove l’aborto è vietato, o vi sono forti restrizioni, la gravidanza non desiderata prende principalmente la via dell’aborto, praticato illegalmente e in condizioni non sicure. La massima concentrazione si verifica in America centro-meridionale e in Africa, dove circa tre aborti su quattro non sono sicuri, soprattutto a causa delle intense restrizioni. In Africa in particolare gli aborti sono eseguiti nelle forme più estreme e pericolose per la vita delle donne (Oms, 2022). Uno studio condotto nel periodo 2010-2014 (Ganatra B. et al. Global, Regional, and Subregional Classification of Abortions by Safety, 2010-14: Estimates From a Bayesian Hierarchical Model, “The Lancet”, 2017) stima che il 55% dei 55,7 milioni di aborti annui rilevati è avvenuto in sicurezza, il 30% in condizioni meno sicure e il 15% in condizioni di estrema insicurezza3. Lo studio mette in luce anche la relazione fra status legale e abortività insicura: l’87,4% degli aborti nei paesi in cui l’aborto era disponibile su richiesta è risultato sicuro. In contrapposizione, nei paesi in cui l’aborto era vietato o disponibile solo in caso che la gravidanza costituisse un pericolo per la salute delle donne, la sicurezza era assicurata solo nel 25,2% dei casi. Gli ostacoli all’interruzione di gravidanza sicura si trasmettono alla mortalità riproduttiva. Secondo stime Oms, fra il 5% e il 13% di queste morti è attribuibile ad aborto insicuro. Nelle regioni più ricche, dove il ricorso all’aborto è in gran parte a richiesta, 30 donne ogni 100 mila muoiono a causa di aborto insicuro; in quelle più povere e più frequentemente vincolate, il numero cresce fino a 220 morti per 100 mila aborti insicuri (Oms, 2022). In definitiva, e sulla base delle ricerche e indagini finora condotte, la domanda che dovremmo porci è come sostenere programmi e iniziative, anche di contraccezione di emergenza, che riducano le gravidanze non volute, soprattutto a beneficio delle donne del mondo povero in età riproduttiva -presto saranno due miliardi- piuttosto che ampliare divieti all’interruzione di gravidanza che, oltre a non rappresentare una barriera all’aborto, mettono a rischio la salute e il benessere delle donne e vengono meno ai principi del Cairo sottoscritti nel 1994 da oltre 180 paesi. Note 1. I dati e le classificazioni sono forniti dal Center for Reproductive Rights (https://reproductiverights.org/). 2. I caratteri salienti della Conferenza del Cairo si possono leggere su Neodemos “Mantenere le promesse”. 3. Lo studio distingue la sicurezza in accordo con le linee guida Oms che definiscono sicuro un aborto condotto da personale competente e con metodologie moderne; meno sicuro se uno dei due requisiti manca e insicuro se mancano entrambi. “Era una bomba a orologeria”, così mi ha detto DJ Ford, sorseggiando un caffè in un piccolo bar di Norfolk. “Ho avuto una trasfusione di sangue all’età di 15 anni e poi in tarda adolescenza è insorta improvvisamente l’epatite C. Il dottore ha detto che era perché bevevo troppo, ma non era vero”. DJ Ford è una delle quattromila persone sopravvissute a quello che probabilmente è stato il maggior scandalo sanitario dai tempi del sedativo Talidomide degli anni Cinquanta e Sessanta. In questo caso più recente, il servizio sanitario nazionale Aborti nel mondo di Patrizia Farina, neodemos.info Una bomba a orologeria di Belona Greenwood, Inghilterra

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