In memoria di Clotilde Pontecorvo

Una cara amica, Clotilde Pontecorvo, ci ha lasciato. Professore emerito di psicologia dell’educazione alla Sapienza di Roma, si è occupata di curricolo e sviluppo cognitivo in diverse aree, di formazione degli insegnanti, di continuità educativa, di acquisizione della lingua scritta, di sviluppo di concetti sociali attraverso il discorso e la discussione, di rapporti tra argomentazione e pensiero in contesti educativi, familiari e scolastici.

Il lascito di Clotilde

in memoria
testimonianza di Vittoria Gallina

“Ma allora posso dire che sono postuma!”  espressione che aveva sentito utilizzare in famiglia per parlare della sua condizione di figlia nata pochi mesi dopo la morte del padre. Clotilde Pontecorvo raccontava così come, nei terribili mesi della occupazione di Roma...

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Ridare vitalità alla formazione degli insegnanti secondari. Ricordando Clotilde Pontecorvo

in memoria
di Lucia Giovannini

Provo rimpianto per non poter più avere un confronto diretto con Clotilde Pontecorvo, una studiosa innovatrice e acuta che con passione e rigore ha dato un grande contributo alla ricerca educativa, legando strettamente ricerca di base e ricerca applicata. A conforto della sua perdita, penso...

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Estratto da "Il mio nome", intervento apparso su "Una città" nel n. 46. Un intervento che Clotilde Pontecorvo aveva tenuto al seminario “Fare scuola dopo Auschwitz” organizzato dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione del Comune di Modena.

Era il 4 giugno del 1944, a piazza Farnese, a Roma, verso le nove di sera. Poche ore prima erano passati, sotto le finestre di un convento di suore svedesi, soldati tedeschi in ritirata. Noi eravamo una famiglia allargata di 25 persone, ospiti del convento da nove mesi. Appare una jeep da via del Mascherone, accanto a Palazzo Farnese. Si apre per la prima volta dopo tanto tempo il portone. A Roma c’era il coprifuoco, perché c’erano i bombardamenti. Un soldato dice: “Nous sommes les soldats de De Gaulle”.
Il palazzo si illumina. Io avevo sette anni. Non so più se l’ho visto veramente o se me lo hanno raccontato. So che ne ho un ricordo indelebile, stampato nella mia memoria, insieme alle vicissitudini della fuga nella campagna toscana, in un podere sperduto e senza nome, presso il quale ci eravamo rifugiati per quindici giorni. Al ritorno avventuroso a Roma -con carte false che ci aveva dato un “Commissario della razza” di Siena (e che gli abbiamo poi restituito: i successivi documenti ce li fece il Partito d’Azione)- ricordo il trasporto dalla stazione alla casa della signora che ci ospitò e che per questo aveva rischiato moltissimo: una stanza per nove persone. E ricordo soprattutto che mi preoccupava moltissimo la carretta tirata da un cavallo con cui portammo le nostre masserizie. Quando poi -più grande- ho studiato la Rivoluzione francese, ho sempre pensato che quella era la carretta con cui arrivavano i condannati a morte.
Il 5 giugno sono finalmente arrivati i tanto attesi e sospirati Alleati. La mia prima richiesta a mia madre è stata: “Adesso, mamma, posso dire il mio nome?”

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INSEGNARE A FARE LE DOMANDE

problemi di scuola
L’inadeguatezza dell’attuale sistema di formazione degli insegnanti, in particolare delle secondarie, che tradisce l’idea, ancora invalsa, che basti conoscere una materia per saperla insegnare; le figure del tutor e dell’insegnante accogliente, che vanno tuttavia potenziate; il problema della motivazione e del rapporto scuola-università; il rischio, grave, di sprecare l’enorme potenziale delle nuove leve. Una conversazione tra Clotilde Pontecorvo e Anna Lona.

Clotilde Pontecorvo è professore emerito di psicologia dell’educazione alla Sapienza di Roma. Si è occupata di curricolo e sviluppo cognitivo in diverse aree, di formazione degli insegnanti, di continuità educativa, di acquisizione della lingua scritta, di sviluppo...

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