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cui vivono attualmente circa due milioni e
mezzo, quasi tre milioni di persone. Sono in
grandissima maggioranza, oltre il 90%, et-
nicamente albanesi, che per varie ragioni,
quando sono stati disegnati i confini all’ini-
zio di questo secolo, sono stati inclusi nel-
l’Albania. Il Kossovo è una terra contesa,
molto simile alla situazione palestinese,
perché i serbi la considerano come la loro
terra più sacra, dalla quale loro sono stati
cacciati dai turchi, ed “etnicamente rim-
piazzati” dagli albanesi che erano ben ac-
cettati dai turchi. Quindi è una terra in cui
oggi vivono in gran parte albanesi, ma che
i serbi considerano propria, per i monumen-
ti storici, le ex basiliche, le regge, i mona-
steri. È una situazione simile a quella della
Palestina prima del 1917, dove vivevano
perlopiù palestinesi, ma che gli ebrei di tut-
to il mondo consideravano in qualche modo
la propria terra alla quale erano fortissima-
mente legati. Questa è la ragione culturale
per la quale i serbi non molleranno volon-
tariamente e pacificamente il Kossovo.
Nello stesso tempo, la nuova situazione che
si è creata nei Balcani, in particolare in Al-
bania, e la disgregazione della Jugoslavia,
fa sì che gli albanesi del Kossovo oggi non
ci vogliano e non ci possano più stare. Un
conto era vivere in una regione veramente
autonoma, nel quadro di una Jugoslavia
multietnica, in cui anche il peso dei serbi
era controbilanciato dall’essere, appunto,
insieme con sloveni, macedoni, croati bo-
sniaci; altro conto è trovarsi oggi con un’au-
tonomia cancellata almeno dal 1989, con
una massiccia epurazione etnica negli ospe-
dali e nelle amministrazioni, con gli alba-
nesi licenziati e rimpiazzati da serbi, senza
più una radio o una televisione in lingua al-
banese; con l’ultimo quotidiano che rischia
di essere chiuso tra pochi giorni...
Se poi aggiungiamo che anche la situazione
dell’Albania, considerata fino a poco tempo
fa un carcere invivibile, è profondamente
cambiata, diventano evidenti i rischi del ri-
sorgere di una “questione albanese” nei
Balcani. Oggi il popolo albanese conta circa
sei milioni di persone, che non è poco; sono
molti di più dei macedoni, degli sloveni, an-
che dei croati. È possibile che il regime ser-
bo non voglia scatenare il conflitto aperta-
mente, ma piuttosto provocare gli albanesi
attraverso un’escalation della repressione
fino a quando cominceranno a esserci rea-
zioni tali che giustificheranno un interven-
to; anche ieri e l’altro ieri ci sono stati inci-
denti con morti. Ho l’impressione che ci
stiamo arrivando rapidamente.
La crisi in Macedonia
Ancora più a sud, la Macedonia è apparen-
temente una situazione abbastanza pacifi-
cata: una piccola repubblica del sud che fi-
no a pochi mesi fa non aveva alcuna inten-
zione di rendersi indipendente perché si ri-
teneva debole. Un anno fa la Macedonia e
la Bosnia erano le due repubbliche che
maggiormente cercavano di tenere ancora
in piedi il tutto. Infatti, i due presidenti,
Izetbegovic della Bosnia-Erzegovina e Gli-
gorov della Macedonia, in tutte le vecchie
riunioni della presidenza federale cercava-
no sempre di mantenere l'equilibrio fra la
parte serba e la parte croata per non far
scoppiare un conflitto. Oggi però per loro
l’indipendenza è una necessità; restare sot-
to i serbi non è possibile.
Per noi cittadini della Comunità europea è
particolarmente delicato e direi anche un
po’ vergognoso: la Comunità europea si ri-
fiuta di riconoscere questa indipendenza
(dopo averne in fondo sollecitate tante) per-
ché la Grecia ritiene che una Macedonia in-
dipendente, con questo nome in particolare,
costituisca una sorta di implicita rivendica-
zione verso la Grecia del nord, verso la par-
te che si chiama appunto Macedonia anche
in Grecia. Vi sono poi molte ragioni anche
economiche e territoriali che non posso spie-
gare ora, ma il fatto è che la Macedonia è un
territorio che è virtualmente conteso da tut-
te e quattro le potenze vicine: al nord dalla
Serbia che dice: “Questa in verità è Serbia
del sud”; al sud dai greci che dicono: “Siamo
noi gli eredi di Alessandro Magno, quindi la
Macedonia è nostra”; a est dalla Bulgaria
che dice: “Il macedone non è neanche una
vera lingua, è un dialetto del bulgaro, e co-
munque la Bulgaria è la naturale destina-
taria di una confluenza”; a ovest c’è poi la
questione albanese: quasi un quarto di po-
polazione macedone è di lingua albanese.
Pertanto la Macedonia oggi è nelle condi-
zioni di diventare la prossima Bosnia-Erze-
govina.
Venerdì scorso, mentre eravamo lì, ho avu-
to l’impressione, molto triste, che questa
scintilla fosse stata gettata in quel giorno.
Nella città di Skopje, la capitale, ci sono
stati scontri tra albanesi, che sono forse un
quarto, un terzo della popolazione, e la po-
lizia è intervenuta. Ci sono stati in tutto
quattro morti, e qualcosa come trenta mac-
chine rovesciate, cinquanta feriti. Si avver-
te una forte tensione tra abitanti macedoni
e albanesi, di cui la Comunità europea, ri-
fiutandosi di riconoscere l’indipendenza
della Macedonia perché la Grecia si oppone,
è fortemente complice.
Richiedere oggi il riconoscimento della Ma-
cedonia credo sia allora un obiettivo impor-
tante.
La Serbia di Milosevic
La Serbia è la cosiddetta piccola Jugosla-
via, cioè la Serbia attuale con le sue due ex
province autonome, il Kossovo nel sud e la
Vojvodina nel nord, insieme al Montenegro.
Questa piccola Jugoslavia andrà alle elezio-
ni il 20 dicembre. Ci sarebbe teoricamente
la possibilità che una maggioranza si pro-
nunci contro Milosevic, e quindi si apra un
cambiamento di prospettiva. Questo è
l’obiettivo per il quale al momento lavora
tutta l’opposizione serba, con più o meno
convinzione, ed è questo l’obiettivo al quale
attualmente lavorano tutte le strutture in-
ternazionali. Tutti, in qualche modo, opera-
no, pregano, accendono candele, ecc., per-
ché queste elezioni rovescino Milosevic.
In realtà, per quanto augurabile, questa
ipotesi è molto remota. È molto difficile per
una serie di ragioni. Intanto perché Milose-
vic ha sicuramente molto consenso, così co-
me ce l’ha Tudjman in Croazia. C'è un cli-
ma molto nazionalista in questi territori. E
poi perché dà l’impressione di vincere e al-
lora “squadra che vince non si cambia”.
Questa è la ragione per cui è molto impor-
tante che non venga concesso niente a que-
sto regime. Ma è molto difficile. Le sanzioni
colpiscono certo l’immagine del regime, ma
concretamente vanno a danneggiare la gen-
te, e in particolare le zone più deboli come
il Kossovo. Per vincere le elezioni, l’opposi-
zione manca sostanzialmente di un leader.
Oggi, chi accende ceri, si trova a farlo per
persone di consistenza relativamente scar-
sa, come questo “prodotto” americano Mi-
lan Panic, che però storicamente in questo
momento ha una funzione importante, e
chissà se riuscirà a compierla. O come il
presidente della piccola Jugoslavia Dobrica
Cosic, in realtà il padre spirituale del nazio-
nalismo, pertanto della stessa pasta di Mi-
Tribunale penale internazionale
Ecco perché da molte parti e da lungo
tempo si avanzano richieste e proposte
perché l’ordinamento internazionale si
attrezzi per fare fronte all’accresciuta
quantità e qualità delle ferite che vengo-
no inferte alla convivenza tra gli uomini
e con la natura: si possono menzionare
crimini come il genocidio o l’apartheid o
altre forme violente ed estese di “epura-
zione etnica” (come ormai sempre più fre-
quentemente viene chiamata), la siste-
matica e massiccia violazione dei diritti
umani, le gravissime e spesso irrimedia-
bili aggressioni all’ecosistema, l’uso siste-
matico della tortura o dello stupro, il traf-
fico di stupefacenti e il riciclaggio di de-
naro sporco, la riduzione in schiavitù di
molte persone (nei postriboli, nella vendi-
ta di bambini...) o l’uso di esseri umani
come miniere di organi da trapianto, i cri-
mini di guerra previsti da numerose con-
venzioni internazionali. Forse bisognerà
pensare anche a nuove e ancora più peri-
colose forme di violazioni internazionali,
come gli attacchi deliberati e massicci al-
la stabilità monetaria, alla salute pubbli-
ca internazionale, a elementari e fonda-
mentali diritti sociali, all’integrità psico-
fisica e persino biologico-genetica del ge-
nere umano e di altre specie viventi. For-
se un giorno anche l’aggressione e il de-
grado irrimediabile del fondamentale pa-
trimonio estetico sarà riconosciuto come
crimine internazionale.
(tratto dal testo “Sulla creazione di un tribu-
nale internazionale contro i crimini di guerra
nell’ex-Jugoslavia” - 1.3.1994, Mani Tese )
tutti operano, pregano, accendono
candele, ecc., perché queste elezioni
rovescino Milosevic