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progetto per la coltivazione dei lamponi, fi-
nanziato dall’impresa Econ. Era il 2002. Al-
l’inizio eravamo in dieci e avevamo poca su-
perficie. Ora siamo oltre trenta e contiamo
un buon numero di coltivazioni. I lamponi
sono diventati uno dei nostri segni distinti-
vi e così
̀
un paio di anni fa abbiamo inven-
tato anche uno stemma per il villaggio, una
prima versione che pensiamo di perfeziona-
re. Nel primo riquadro c’è
̀
una patata, per
la quale questa zona e
̀
molto conosciuta. Il
secondo disegno simboleggia gli strumenti
del muratore, perché
́
i muratori di qui sono
sempre stati i migliori della zona, li chia-
mavano Oscanski majstori (gli artigiani di
Osat); avevano anche un loro gergo che
usavano quando volevano ad esempio na-
scondere qualcosa al padrone per il quale
lavoravano.
Questa zona e
̀
ricca di animali selvatici ed
e
̀
buona per la caccia, ecco perché
́
nel terzo
riquadro c’è
̀
un cervo, e infine, ultimo ma
non per questo meno importante, il lampo-
ne di cui abbiamo parlato.
Quando ho saputo del progetto del grano
saraceno, la cosa mi ha colpito perché
́
il
grano saraceno e
̀
una specie di cereale
estremamente interessante e, cosa piu
̀
im-
portante, e
̀
un cibo sano perché
́
quando si
semina non servono pesticidi.
Appena ne ho sentito parlare, quindi, ho
contattato Muhamed Avdic, che conoscevo
solo superficialmente. E così
̀
ci siamo cono-
sciuti meglio: gli ho raccontato di cosa mi
occupo e gli ho spiegato che, oltre ai lampo-
ni, alla frutta e alle patate, avrei voluto col-
tivare anche il grano saraceno, perché
́
la se-
mina e il raccolto avvengono in periodi in
cui non sono occupato dai lavori per le altre
coltivazioni.
Per me l’anno scorso e
̀
stato il primo, e oggi
gia
̀
mi sembra piu
̀
semplice. Spero che que-
sto progetto si sviluppi; aiuterà
̀
la gente a
rendersi conto che senza lavoro, fatica e
perseveranza non c’è
̀
progresso. Spero an-
che che riusciremo a coinvolgere un numero
sempre maggiore di giovani capaci.
Se daremo il massimo, certamente ce la fa-
remo.
(a cura di Patrizia Boschiero; racconto tratto
dal
Dossier della Fondazione Benetton
, 2014)
Intervento di Anna Brusarosco
Grano saraceno, seminando il ritorno
Il progetto “Seminando il ritorno” è stato so-
stenuto da Agronomi e Forestali Senza
Frontiere-Asf, Onlus di Padova. Con la par-
tecipazione di Associazione di Cooperazione
e Solidarietà - Acs di Padova; Cooperativa
agricola El Tamiso, di Padova; Centro Pace
del Comune di Venezia; Gruppo Buongiorno
Bosnia-Dobardan Venecija di Venezia;
Gruppo Adopt, Srebrenica.
La prima cosa da dire è che il grano sarace-
no non è né grano né saraceno. Non è grano
perché non appartiene alla famiglia delle
Graminacee, pur se, storicamente e com-
mercialmente, il Fagopyrum Esculentum
(questo è il suo nome scientifico) viene con-
siderato un cereale. Non è neppure “sarace-
no”, come si riteneva qualche secolo fa in
quanto arrivava ai nostri mercati dai porti
di levante. La moderna botanica ha classi-
ficato questo vegetale come originario
dell’Himalaya orientale. Niente saraceni
quindi. Fatto sta che ci si fanno ottimi bi-
scotti, saporite zuppe e, non ultimi, i favo-
losi pizzoccheri e le mitiche manfrigole del-
la Valtellina.
Prima della guerra a Osmace vivevano cir-
ca mille persone, tutte fuggite o uccise du-
rante il conflitto che ha completamente di-
strutto il villaggio. Dal 2001 erano iniziati i
ritorni e nel paese vivevano ormai 28 fami-
glie, per un totale di circa ottanta persone.
Osmace e Brezani sono due villaggi in col-
lina, a circa 900 metri di altitudine, una
ventina di chilometri a sud di Srebrenica. Il
primo era abitato da musulmani, il secondo
da serbi e le due popolazioni fino al ’91 con-
dividevano pacificamente scuola, negozi,
usanze e feste. Durante la guerra tutti i
musulmani erano fuggiti. Negli anni suc-
cessivi, alcune famiglie di profughi sono ri-
tornate nei villaggi e nei campi in rovina
per occuparsi di agricoltura. Tra questi
“rientranti” anche Muhamed Advic, un gio-
vane bosgnacco che cercava di restaurare
qui una piccola proprietà. Nel 2009 una
Ong giapponese aveva donato agli abitanti
di Osmace delle sementi di grano saraceno
che a quella quota trova condizioni di cre-
scita ideali. Così era iniziata una piccola
coltivazione. Due anni dopo le famiglie im-
pegnate erano dodici, per una superficie di
circa 20 ettari. A causa della guerra, estese
superfici coltivabili sono ancora abbando-
nate, le attrezzature disponibili sono scarse
e obsolete; è poi mancato il passaggio di
competenze tra le generazioni, così i pro-
duttori hanno poca preparazione tecnica.
Nel 2011, le famiglie di Osmace rappresen-
tate da Advic, che è anche membro del
gruppo Adopt, Srebrenica, si sono rivolte ad
alcune associazioni italiane impegnate in
progetti di sviluppo rurale nell’area. Si è co-
sì iniziato a elaborare il progetto “Seminia-
mo il ritorno”. Successivamente, Velibor
Rankic, un agricoltore di Brezani, ha cerca-
to Advic e avviato con il gruppo di Osmace
una collaborazione per la coltura del grano
saraceno. Nel 2013, dopo la fase di monito-
raggio, il gruppo internazionale di “Semi-
niamo il ritorno” ha elaborato con i contadi-
ni e i rappresentanti della comunità locale,
un progetto complessivo. Questo prevede:
la formazione dei partecipanti con elementi
base di organizzazione aziendale e di agri-
coltura biologica; la fornitura di attrezzatu-
re; il supporto per la trasformazione e la
vendita dei prodotti. Scopo dell’iniziativa è
anche quello di incoraggiare il rientro dei
profughi procurando occasioni di lavoro e di
sussistenza, di fornire un modello di opera-
tività e di convivenza multietnica attraver-
so l’elaborazione di buone pratiche agricole
che potranno essere diffuse sul territorio.
Nel 2014, a Osmace e Brezani, è stato con-
ferito il Premio Internazionale Carlo Scar-
pa, sostenuto dalla Fondazione Benetton a
favore di luoghi di particolare interesse
paesaggistico. Scrive la motivazione della
giuria presieduta da Domenico Lucian: «A
due dei protagonisti, rappresentanti e testi-
moni delle loro comunità, delle loro culture,
dei loro villaggi, Muhamed Avdic e Velibor
Rankic, la giuria decide di affidare il sigillo
di Carlo Scarpa, per esprimere un senti-
mento di affettuosa vicinanza e di incorag-
giamento, per confermare l’impegno a cono-
scere e far conoscere le difficoltà e le spe-
ranze delle loro fatiche e per ringraziarli
della lezione di vita, attualissima e univer-
sale, che viene dalla loro meravigliosa resi-
stenza sull’altopiano». (
(Tratto da “Seminando il ritorno a Osmace
”
di Anna Brusarosco, in “Buongiorno Bosnia-
Dobardan Venecija”. Pubblicazione
del Comune di Venezia)
Velibor, agricoltore di Brezani,
ha avviato col gruppo di Osmace una
collaborazione per il grano saraceno