La rivoluzione invece aveva ben altro scopo: il suo carattere essenziale era la negazione dell’autorità e della centralizzazione.
Essa lottava per allargare il campo dell’iniziativa proletaria e moltiplicare le forme dello sforzo individuale e collettivo. Gli scopi e le tendenze della Rivoluzione erano insomma diametralmente opposti a quelli del partito politico dirigente.
Egualmente opposti erano i metodi della Rivoluzione e dello Stato. Quelli della Rivoluzione erano pervasi dallo spirito della rivoluzione stessa, vale a dire cercavano di emanciparsi da tutte le forze oppressive: in breve, erano dettati dai principii libertari. Al contrario, il metodo dello Stato -dello Stato bolscevista, come di qualsiasi altro governo- era basato sulla coercizione, la quale, logicamente e necessariamente, mena alla violenza sistematica, all’oppressione e al terrorismo. Così due tendenze opposte lottavano per la supremazia: lo Stato bolscevista contro la Rivoluzione. Uno dei due doveva perire. Le due tendenze, contrarie nei loro scopi e nei loro metodi, non potevano lavorare d’accordo: il trionfo dello Stato fu la sconfitta della Rivoluzione.
Nullameno sarebbe un errore il credere che la non-riuscita della Rivoluzione sia stata dovuta unicamente alle pratiche dei bolscevisti: essa fu il risultato dei principi e dei metodi del bolscevismo. Furono i principi autoritari dello Stato che soffocarono lo spirito libertario e le aspirazioni verso la libertà.
Qualunque altro partito politico fosse stato al potere, il risultato sarebbe stato completamente identico. La Rivoluzione è stata uccisa non tanto dai bolscevichi quanto dall’idea bolscevista. Fu il Marxismo, o, in sostanza, il settarismo governativo. Solamente la comprensione della forze occulte, sotterranee, che schiacciarono la Rivoluzione può gettar luce sulla lezione che risulta da quell’avvenimento che ha scosso il mondo intero. La Rivoluzione russa è il riflesso, sopra piccola scala, della lotta secolare tra i due principi: libertario e autoritario.
Non è forse il progresso il trionfo dei principi di libertà contro quelli di coercizione? La Rivoluzione russa fu un tentativo libertario strozzato dallo Stato bolscevista colla vittoria temporanea dell’idea governativa e reazionaria.
Questa vittoria è dovuta a varie cause, tra cui primeggia la condizione arretrata dell’industria russa, come l’han già fatto notare molti scrittori. L’incoltura intellettuale del popolo russo fu un’altra causa, che se gli dava dei vantaggi sui popoli vicini contaminati dalla politica, aveva però dei gravi svantaggi. Il popolo russo era immune dalla corruzione politica e parlamentare. D’altra parte questa ignoranza comportava l’inesperienza dell’azione delle forze politiche e la fede ingenua nel potere miracoloso del partito che gridava più forte e faceva maggiori promesse. Questa fiducia nella potenza governativa servì a legare il popolo russo al partito comunista prima che le grandi masse abbiano potuto accorgersi che il giogo era stato di nuovo posto loro sul collo.
Il principio libertario fu potente nei primi giorni della Rivoluzione, quando dappertutto si sentiva il bisogno di esprimere liberamente ogni opinione. Ma poi la prima ondata di entusiasmo fece luogo alle necessità prosaiche della vita quotidiana e occorse una ben forte convinzione per tenere accesa la fiamma della libertà. Vi fu solo, in confronto della vasta estensione della Russia, un pugno d’uomini, gli anarchici, che si assunse questo compito. Ma il loro numero piccolo e la loro propaganda, soffocata durante il regime zarista, non aveva avuto il tempo di produrre i suoi frutti. Il popolo russo; quantunque in parte istintivamente anarchico, era ancora troppo poco familiarizzato con i veri principi e metodi libertari per tentarne l’applicazione.
La maggior parte degli stessi anarchici russi era disgraziatamente ancora preoccupata più dalla limitata atti ...[continua]
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