Ilaria Maria Sala

Lettere dalla Cina

Raccolta delle "Lettere dalla Cina" di Ilaria Maria Sala comparse su Una città. Introduzione di Gianni Sofri.

Ed. Una città, 2011
120 pagine

Sono, queste di Ilaria Maria Sala alla redazione di Una città, delle vere lettere ad amici, in cui racconta e si racconta. Racconta le sue giornate e le sue esperienze in un tono molto famigliare. Ma le sue pagine ci fanno scorgere una Cina vera, con la sua gente (gli han, ma anche gli uiguri e i tibetani e gli altri) e il continuo muoversi velocemente di uomini e donne in città sempre più grandi. Forse quella che cresce di meno fra tutte è proprio Hong Kong, il cui espandersi è limitato da confini fisici, geografici. Città più tranquilla, e ancora oggi più libera: per questo, probabilmente, Ilaria ha scelto di viverci.
(Dall'introduzione di Gianni Sofri)

"Mi piacerebbe leggere, prima o poi, una storia dei modi in cui, attraverso il lavoro di orientalisti, viaggiatori, sinologi in senso stretto, giornalisti, noialtri europei siamo stati di volta in volta informati di quanto succedeva in Cina; e, prima ancora, di chi fossero i cinesi, cosa credessero, cosa pensassero di se stessi e di noi, come vivessero. Per carità, non intendo una storia completa dalla celebre ambasciata di Antonino il Pio (ammesso che sia lui, da identificare con l’An Du, o An Tun, delle fonti cinesi), ma semplicemente una storia degli ultimi due secoli, da quando i contatti si sono fatti più intensi a causa di tè, oppio, cannoniere e così via. (…)

Per molti anni (per qualche decennio) della Cina si occupavano, in prevalenza, giornalisti e giornali curiosi di vedere se davvero, e in che modo, la Cina si ponesse come modello di un nuovo esperimento di costruzione del socialismo e dell’"uomo nuovo”, un’alternativa all’"uomo sovietico” di brezneviana memoria. Poi, poco per volta, si cominciò a capire che, ferme restando la dittatura del proletariato, il partito unico e così via, la Cina cominciava a diventare interessante per chi si occupasse di economia e di capitalismo. Uno storico della Cina contemporanea indicherebbe attorno alla fine degli anni Settanta l’avvio delle riforme di Deng. Un lettore meno specializzato, e curioso (come me in questa sede) di giornalismo applicato alla Cina, ricorderebbe come a viverne così intensamente le contraddizioni. Io penso che non ci sia altra spiegazione se non un mescolarsi di odio e amore, entrambi evidenti. L’odio (ma è parola che mi sembra eccessiva nel momento stesso in cui la dico) nasce dallo spettacolo di una società ancora per tanti aspetti repressiva, soggetta a periodiche infiammazioni nazionaliste, irrispettosa dei diritti civili e umani, ma anche (malgrado le tradizioni taoiste) della Natura, e dello stesso straordinario patrimonio artistico e culturale di cui è l’erede. Quanto all’amore, lo si vede affiorare da ogni pagina. Io, per esempio, ne sono colpito soprattutto laddove, leggendo certe descrizioni di paesaggi, e persino di paesaggi rovinati dall’inquinamento, vien fatto curiosamente di pensare alla pittura cinese e alla sua delicatezza. (…)
Sono, queste di Ilaria Maria Sala alla redazione di "Una città”, delle vere lettere ad amici, in cui racconta e si racconta. Racconta le sue giornate e le sue esperienze in un tono molto familiare. Ma le sue pagine ci fanno scorgere una Cina vera, con la sua gente (gli Han, ma anche gli Uiguri e i Tibetani e gli altri), e il continuo muoversi velocemente di uomini e donne in città sempre più grandi. Forse quella che cresce di meno fra tutte è proprio Hong Kong, il cui espandersi è limitato da confini fisici, geografici. Città più tranquilla, e ancora oggi più libera: per questo, probabilmente, Ilaria ha scelto di viverci".
(Dall'introduzione di Gianni Sofri)