L’Europa muore o rinasce a Sarajevo
Siamo andati a Cannes, dunque, a manifestare davanti ai Capi di Stato e di governo, per la Bosnia-Herzegovina. “Basta con la neutralità tra aggrediti ed aggressori, apriamo le porte dell’Unione europea alla Bosnia, bisogna arrivare ad un punto di svolta!”. Non eravamo tantissimi -qualche migliaio appena- e dall’Italia prevalevano i pannelliani. Il grosso dei militanti della solidarietà per l’ex-Jugoslavia non avevano saputo e forse neanche voluto.
Dalla Spagna, invece, sono venuti in parecchi, dalla Catalogna soprattutto; dalla Francia molti comitati, pochi o pochissimi invece da Belgio, Olanda, Svezia, Gran Bretagna e Germania.
Dei parlamentari europei molti avevano firmato -la maggioranza dei verdi e dei radicali, significativi democristiani e socialisti, qualche esponente della sinistra, diversi rappresentanti dei berlusconiani europei (“Forza Europa”, ora integrati nei gaullisti), liberali e regionalisti. Tanti bei nomi tra i firmatari, dall’ex-commissario Onu José Maria Mendiluce (socialista spagnolo) a Otto d’Asburgo, da Daniel Cohn-Bendit a Corrado Augias, Francisca Sauquillo, Michel Rocard, Arie Oostlander, Giorgio La Malfa, Pierre Carniti, Glenys Kinnock, Antonio Tajani, Catherine Lalumière, Bernard Kouchner. Solo una ventina viene poi effettivamente a Cannes, il 26 giugno 1995. Oltre cento rifugiati bosniaci che dall’Italia vogliono raggiungere Cannes, restano invece bloccati alla frontiera di Ventimiglia: “Ecco, ancora una volta l’Europa non ci vuole”, è l’amaro commento. Una manifestazione al confine rende almeno visibile il loro intento.
Dopo la manifestazione in piazza, ci riceve Jacques Chirac in persona, una dozzina di noi vengono ammessi a riunirsi con lui e con il ministro degli esteri Hervé de la Charette, mezz’ora prima dell’inizio del vertice: al nostro appello risponde che sì, liberare Sarajevo dall’assedio è una priorità, ma che non esistono buoni e cattivi, e che non bisogna fare la guerra. Ci guardiamo, la deputata verde belga Magda Aelvoet e io, entrambi pacifisti di vecchia data: che strano sentirsi praticamente tacciare di essere guerrafondai dal presidente neo-gollista che pochi giorni prima aveva annunciato la ripresa degli esperimenti nucleari francesi nel Pacifico!

Ed ecco quanto avevamo elaborato e firmato in tanti:
“Dopo tre anni tutti noi, umili o potenti, assistiamo al quotidiano ormai banalizzato di una guerra i cui bersagli sono donne, bambini, vecchi, deliberatamente presi di mira da cecchini irraggiungibili o colpiti da obici mortali che sparano dal nulla.
Ci volevano dunque tre anni e, soprattutto, una presa di ostaggi dei caschi blu, fatto senza precedenti nella storia della comunità internazionale, perchè leadership politiche e media europei riconoscessero che in questa guerra ci sono aggressori ed aggrediti, criminali e vittime.
Tre anni di una politica inutile di “neutralità” che ci ha privato di ogni credibilità presso i bosniaci e di ogni rispetto da parte degli aggressori.
Ormai siamo arrivati ad un punto di non-ritorno.
O tiriamo le conseguenze che si impongono e rafforziamo la nostra presenza (mandato dei caschi blu, presa di posizione netta di fronte agli aggressori) e, in fin dei conti, rifiutiamo di essere complici della strategia di epurazione e di omogeneizzazione della popolazione della Bosnia, oppure cediamo al ricatto intollerabile delle forze serbo-bosniache, ritirandoci dalla Bosnia ed infliggendo così alle Nazioni Unite la loro più grande umiliazione proprio mentre si celebra il cinquantenario della fondazione dell’Onu.

Oggi più che mai dobbiamo armarci di dignità e di valori. E soprattutto ripetere quel “mai più” che risuona in tutta Europa dalla fine della seconda guerra mondiale.
Oggi più che mai dobbiamo difenderci, in Bosnia, contro coloro che spingono all’epurazione etnica e religiosa come ideale politico e lo impongono perpetrando crimini contro l’umanità.
Se la situazione attuale è il risultato delle politiche disordinate, rinunciatarie e contraddittorie dei nostri governi, l’Unione europea in quanto tale è rimasta muta, impotente, assente.
Bisogna che l’Europa testimoni ed agisca!
Bisogna che grazie all’Europa l’integrità del territorio bosniaco e la sicurezza delle sue frontiere siano finalmente garantite. Ma ciò non è, non è più, sufficiente. Per recuperare un credito assai largamente consumato, l’Unione europea deve oggi dar prova di un coraggio ed un’immaginazione polit ...[continua]

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