Le occupazioni militari non hanno mai avuto una buona reputazione: sono sempre state un atto di grande violenza, e quando le si vogliano giustificare, come nel caso davvero eccezionale dell’occupazione militare della Germania nazista da parte degli alleati occidentali insieme all’Unione Sovietica, nel 1945, si deve invocare la necessità, allora, di accertare l’eliminazione completa dei resti delle armate naziste che avevano dato fuoco al mondo intero. O, in alternativa, la volontà di evitare un periodo di feroce abbandono del popolo tedesco alla miseria e alla fame nella Germania distrutta. Ma nel caso della violenta e feroce occupazione israeliana della terra dove vivevano e vivono i palestinesi, simili argomenti non hanno luogo: il popolo palestinese non è mai stato un pericolo per alcuno, tanto meno per Israele. Il potente e armatissimo Israele, di fatto sostenuto da tutte le Nazioni dell’Occidente a tutti i livelli diplomatici, politici e commerciali; Israele a cui vengono concessi privilegi che nessuno Stato ha mai avuto, e che ha ripagato con l’arrogante richiesta di privilegi sempre maggiori. Tutti pensiamo che tale arroganza vada semmai punita con severe sanzioni da parte degli Stati-nazione civili, se ancora ne esistono.
Pensiamo che gli ebrei israeliani, la grande maggioranza dei quali sono emigrati in Palestina nel 1945-46 quali profughi superstiti della Shoah, e ivi si sono riprodotti, non avessero dove altro andare: tutti gli Stati europei, e gli Usa, rifiutavano loro un visto di ingresso (con l’unica eccezione, che io ricordi e che si possa documentare, dell’Italia ex fascista), né potevano tornare nei paesi, soprattutto dell’Europa centrale e orientale, dove erano nati. I palestinesi, popolazione araba che viveva da secoli in Palestina senza un proprio Stato, da sempre sudditi senza diritti dell’Impero ottomano prima del 1919, poi dell’Impero britannico fino al 1948, sono stati costretti dalle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale ad accettare i nuovi immigranti, e non nel modo più pacifico come tutti ricorderete o avrete appreso dai racconti dei vostri maggiori e dalle letture della storia tragica del passato recente e più lontano. Se vogliamo che tutto questo venga relegato in un passato che non torni, occorre che Israele, e tutti gli israeliani ebrei, cessino dall’atteggiamento di disprezzo umano e politico nei riguardi dei palestinesi arabi, e prendano tutte le misure politiche ed economiche perché ciò sia fatto in modo efficace. Questo è il compito non solo dei governanti e chi li elegge, ma di ogni singola persona, che sia o non sia religiosa, e di quale degli innumerevoli modi di praticare la religione ebraica, o l’ateismo per scelta critica dei principi secondo cui vivere. I palestinesi in questo momento, e non se ne intravvede la fine, sono assolutamente impotenti, ma anche loro debbono accettare una convivenza non violenta, che potrà in un futuro possibile, diventare più amichevole. Noi riteniamo che il metodo del Bds, organizzato da alcuni dirigenti palestinesi, sia un metodo di lotta non violenta accettabile, la cui efficacia consiste soprattutto nel promuovere nell’opinione mondiale il problema palestinese come problema di giustizia e libertà per il popolo palestinese, e anche per quello israeliano, che in seguito a quasi un secolo di attività di espropriazione sempre più dura e ingiusta è ora costretto a vivere sotto un regime politico di grande limitazione delle libertà personali e politiche.
Le attività delle personalità in vista in tutti i campi politici, economici e culturali delle comunità ebraiche nel mondo occidentale volte a utilizzare la memoria della Shoah e la grande influenza economica e politica degli ebrei, sono non solo estremamente ingiuste, ma logicamente inaccettabili e di grande pericolo per la pace nel mondo.
Per questo, iniziative come quelle prese dalle comunità ebraiche italiane, a livello anche dei suoi presidenti che si sono succeduti negli ultimi anni, rappresentano gravi violazioni della indipendenza della nostra repubblica dalle autorità religiose di qualsiasi religione. Questo problema è stato il problema di tutti gli Stati italiani per secoli principalmente nei riguardi della religione cattolica, di cui lo Stato Vaticano è da secoli l’auto-dichiarato rappresentante. Le comunità ebraiche si mettono ora anch’esse a limitare la libertà e l’indipendenza italiane: questo indica che l’ebraismo, per coloro che hanno meno a cuore il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, l’Idolo più sanguinario che l’umanità abbia mai adorato, la Nazione, impersonata per loro dallo Stato di Israele che si è ufficialmente dichiarato lo Stato ebraico, è diventata una ideologia ultranazionalista e faziosa. Il nuovo nazionalismo ebraico-israeliano si è sovrapposto a quello italiano di stile fascista-razzista. Le conseguenze non potranno che essere gravi per la libertà della vita associata in Italia e in Israele, e grave è il pericolo di inizio della Terza guerra mondiale, date le altre condizioni geopolitiche ed economiche del mondo.