Wlodek Goldkorn
Buongiorno a tutti. Il titolo di questa sessione è “Guerre giuste e ingiuste” come il celebre volume di Michael Walzer, uno dei più importanti filosofi politici, autore di testi fondamentali, come Sfere di giustizia, Esodo e rivoluzione, e molti altri. È stato più volte ospite al nostro festival, è amico della rivista “una città” e della Fondazione Lewin, di cui è uno degli intellettuali di riferimento. Accanto a me c’è Stefano Levi della Torre. Inizierà il prof. Walzer, con una breve esposizione sulle guerre asimmetriche.
Michael Walzer
Sono molto grato di questa opportunità. Mi sarebbe piaciuto essere lì con voi.
Oggi parlerò di guerre asimmetriche. Utilizzerò degli esempi, ma mi concentrerò principalmente sulla guerra a Gaza, perché è ciò di cui ci dobbiamo interessare e preoccupare.
Un paio di anni fa avrei detto che la guerra asimmetrica era il tipo di guerra più comune nel mondo moderno. L’invasione russa dell’Ucraina ha messo in discussione tale affermazione. Oggi infatti assistiamo a una grande guerra convenzionale nel mezzo dell’Europa. E probabilmente l’uso dei droni e dell’intelligenza artificiale stanno creando nuove forme di guerra. Ma per oggi voglio concentrarmi sulla questione dell’asimmetria.
Una guerra asimmetrica è semplicemente una guerra tra un esercito ad alta tecnologia e un’insurrezione dotata di mezzi più rudimentali. Le forze insurrezionali si fanno scudo della popolazione civile. L’esercito è responsabile della maggioranza delle vittime. Nella maggior parte dei casi, è proprio l’esercito a perdere. Pensiamo all’Algeria, al Vietnam, all’Afghanistan, al Libano, o alle precedenti guerre a Gaza. L’esercito spesso perde, e comunque non riesce mai a vincere davvero. La ragione è semplice: una guerra asimmetrica non è solo un conflitto militare, ma anche politico. Essa influisce direttamente sulla legittimità degli Stati coinvolti e produce effetti profondi sulle politiche interne, regionali e internazionali.
Passiamo agli elementi cruciali di questa simmetria. Innanzitutto l’uso dei civili come protezione e copertura e in secondo luogo la risposta dell’esercito a questo. Dobbiamo riconoscere che Hamas è un maestro nell’uso della popolazione civile come scudo. Il suo è forse l’esempio paradigmatico di come si possono usare i civili in guerra.
Ci sono due aspetti diversi nell’impiego dei civili come scudi umani nel caso di Gaza. Il primo è che i guerriglieri operano all’interno della città, sono “embedded” nell’ambiente urbano: edifici pubblici, scuole, chiese, ospedali, sono usati sia per conservare e nascondere armi, sia per combattere. Vengono usati anche appartamenti e scantinati come basi per immagazzinare armi e strumenti di comunicazione.
È dunque opportuno chiedersi qual è lo scopo di questo tipo di infiltrazione nel mondo civile.
Il motivo ovvio sembrerebbe quello di proteggere i combattenti, facendo leva sulla moralità dell’esercito del fronte opposto, i cui soldati si presume non vogliano far fuoco sui civili.
In realtà, l’obiettivo vero non è questo, bensì quello di esporre i civili, così che l’esercito si trovi a uccidere soprattutto questi ultimi. Nel caso di Hamas questo obiettivo era noto ed evidente: nonostante le enormi risorse accumulate, Hamas non ha mai costruito alcunché per la sicurezza dei civili; non c’è alcun rifugio per la popolazione all’interno delle città sottoposte agli attacchi di Israele. Il coinvolgimento della popolazione civile nel conflitto è deliberato ed efficace. Un colonnello americano in Afghanistan, nel 2010 disse: “Più civili uccideremo, più saremo certi di perdere la guerra”. Io la definisco la “trappola asimmetrica”. Non si può combattere una guerriglia che si confonde con la popolazione civile senza causare vittime tra i civili. E più civili si uccidono, più aumentano le probabilità di perdere la guerra. Se non sul piano militare, sicuramente su quello politico.
Ma l’utilizzo della popolazione civile come scudo da parte di Hamas aveva un’altra caratteristica piuttosto straordinaria: il sistema di quello che i media chiamavano “i tunnel”, cioè 450 miglia di cunicoli (724 km, Ndr.) costruiti sotto la città ...[continua]
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