Una profonda crisi e la centralità delle migrazioni
La Tunisia -il paese più avanzato del Maghreb sotto il profilo sia del reddito pro-capite sia di altri indicatori sociali- è in profonda crisi. Il flusso turistico è dimezzato, ed è più che dimezzata la componente italiana, non estranea la pessima gestione della crisi di Lampedusa e la pubblicità negativa -catastrofica per la Tunisia- che ne è derivata. Secondo la Banca Centrale, le riserve sono diminuite del 20 per cento in un anno; la produzione e l’esportazione dei fosfati sono paralizzate dagli scioperi che, tra l’altro, frenano molte attività, particolarmente nel sud e nell’est del paese; l’industria manifatturiera, particolarmente quella tessile, ha ridotto i ritmi produttivi per la caduta delle esportazioni verso l’Europa; la disoccupazione è cresciuta da meno di 500.000 unità prima della rivoluzione ad oltre 700.000. E la situazione è aggravata dal rientro precipitoso dalla Libia di oltre 100.000 lavoratori che non si azzardano a tornare in un paese instabile, ancora turbolento e poco sicuro. Gli aiuti dalla Unione Europea e dagli Stati Uniti arrivano col contagocce, sovrastati dall’impegno finanziario del Qatar che desta però qualche preoccupazione di natura politica. Nell’economia della Tunisia l’emigrazione giuoca un ruolo centrale. I Tunisini residenti all’estero, nel 2008, erano oltre un milione (1,058 mila), secondo le rilevazioni consolari, dei quali 578.000 in Francia, 142.000 in Italia, 83.000 in Germania, 153.000 nei paesi Arabi, in gran parte in Libia. Questa diaspora -pari ad un decimo della popolazione- origina un flusso di rimesse cospicuo, che nel 2010, secondo le stime della Banca Mondiale, ha sfiorato i due miliardi di dollari (1.960 milioni), pari al 5,3 per cento del Pil. Si consideri che, nello stesso anno, il valore netto dell’aiuto allo sviluppo (Oda, Official Development Assistance) è stato pari a 1,15 miliardi di dollari (3,1% del Pil): per ogni 100 dollari di rimesse, appena 59 di aiuti. E nel 2008 il rapporto era stato ancor inferiore, e pari al 40 per cento. Insomma, le rimesse pesano il doppio dell’aiuto sborsato dai paesi ricchi, e vanno direttamente a sostenere i consumi delle famiglie più povere -cibo, salute, istruzione, casa- od a stimolare attività artigianali o di piccola impresa. In questa fase storica, le migrazioni hanno una funzione strategica per l’equilibrio e lo sviluppo del Paese: e i suoi governanti lo sanno bene.
La gestione della migrazione irregolare
Il nuovo Governo si dichiara convinto sostenitore degli accordi con l’Italia in tema di migrazioni; sostiene di essere pronto a contrastare l’emigrazione irregolare e disponibile a riammettere i cittadini arrivati irregolarmente in Italia; afferma di aderire alle convenzioni internazionali circa i diritti dei rifugiati e richiedenti asilo. Ed effettivamente il controllo dell’emigrazione irregolare sembra funzionare, e viene sollecitato il completamento del programma di aiuto stipulato con l’Italia, che è ragguardevole. Già sono state consegnate quattro motovedette, e presto saranno fornite altre dodici imbarcazioni e 600 veicoli 4 x ...[continua]
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