Due anni sono trascorsi dal triplo Disastro del Giappone.
1) Al momento, la riabilitazione della regione Tohoku non è andata molto avanti, ed è davanti a nuove difficoltà.
Le cifre che seguono sono desunte dalle risposte a questionari inviati nel febbraio 2013 dal quotidiano "Asahi Shimbun” ai responsabili dei 42 governi locali (municipalità) delle prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima nella regione del Tohoku.
Fig. 1 Quali fattori hanno impedito la riabilitazione nell’ambito territoriale del vostro governo locale?
Fig. 2 Quali sono i problemi la cui soluzione è stata particolarmente ritardata nell’area del vostro governo locale?
(Nota: Più risposte sono consentite)
Dai dati sovra esposti sono leggibili molti e complessi aspetti delle difficoltà riguardanti le comunità nel Tohoku.
Qui vorrei rilevare specialmente tre punti.
Innanzitutto, le grandi differenze tra Fukushima e le altre due prefetture. In Fukushima i problemi e i danni provocati dall’incidente nucleare rappresentano ancora la questione più grave. In una nota informativa di circa due anni fa proponevo di dividere due aree per analizzare i problemi del triplo disastro. I riquadri 1 e 2 mostrano la correttezza di tale suggerimento. Per quanto riguarda Iwate e Miyagi, dobbiamo notare le differenze tra l’area circostante Sendai (prefettura di Miyagi) e l’area costiera di Sanriku. Nella prima l’economia è in via di ripresa grazie al boom delle misure speciali di intervento assistenziale. Per esempio la popolazione a Sendai è cresciuta rispetto a prima dei disastri. Al contrario, nell’area numero due, le aziende e i lavoratori registrano un importante decremento e i governi locali sono sotto pressione a causa delle difficoltà nella ricostruzione della comunità.
In secondo luogo non dobbiamo dimenticare che gli evacuati potrebbero essere più di un milione e 500 mila unità. Sono stati evacuati in quasi tutte le regioni del Giappone e alcuni in paesi stranieri (il che rappresenta il problema di confine internazionale n. 1). I dati in Fig. 1 e Fig. 2 non evidenziano questo problema. Comunque, in pratica, gli abitanti ritornati nelle comunità di provenienza sono circa il 60% di tutti gli evacuati. Particolarmente, la maggioranza di bambini, ragazzi e donne sono rimasti nelle aree in cui erano stati, o si erano, diretti dopo l’evacuazione. Così, la percentuale degli anziani sta crescendo nelle aree evacuate. Inoltre, comprensibilmente, è proibito per gli ex-abitanti di far ritorno alle proprie comunità natali in alcune zone di Fukushima.
In terzo luogo, oltre ai dati in Fig. 1 e Fig. 2, non dobbiamo chiudere gli occhi ai problemi più gravi causati dalla fusione nell’impianto nucleare di Fukushima: l’acqua contaminata e le scorie nucleari. Al momento l’acqua contaminata viene conservata in grandi contenitori in costruzione nei pressi di Fukushima e la Tepco prevede di costruirne oltre 70. Tuttavia questo piano ha i suoi limiti. È prevedibile che Tepco (la società proprietaria degli impianti di Fukushima) scaricherà quest’acqua contaminata nel Pacifico in un prossimo futuro (problema di confine internazionale n. 2). Riguardo a terra e sabbia contaminate, molti siti di raccolta temporanea sono stati progettati sotto il controllo del governo nazionale. Comunque, al momento, il governo nazionale non ha ancora designato i siti per la conservazione di medio e lungo periodo delle scorie radioattive nucleari.
2) Nonostante la gravità della situazione appena descritta il nuovo governo giapponese, insediatosi nel dicembre 2012, basato sull’alleanza tra Partito Liberal-Democratico e Partito Komei, ha invertito la politica di denuclearizzazione del precedente governo disponendo il riavvio delle centrali atomiche. Era dubbio che il governo precedente potesse portare a conclusione con successo le sue politiche, tuttavia, seppure in maniera non soddisfacente, aveva indicato nel 2030 l’anno di completamento del processo di denuclearizzazione del paese. Il nuovo governo ha rinunciato persino a questa prospettiva.
Sullo sfondo di questo cambiamento di politica, sia il Giappone sia gli Usa hanno sollecitato il rafforzamento della loro alleanza per far fronte alle crescenti domande di sicurezza in Asia Orientale (problema di confine internazionale n. 3). Sarebbe inevitabile in questa situazione il sorgere di un fenomeno di nazionalismo in Giappone connesso alla nuova politica nucleare. Questo significa che nuove difficoltà emergono in rapporto al processo di integrazione regionale in Asia Orientale. Ma, a questo riguardo, non sono radicalmente pessimista. Piuttosto il suo svolgersi potrebbe essere interrotto, nelle rilevate condizioni di insicurezza, da nuovi rifugiati provocati da condizioni di guerra o di terrorismo (problema di confine internazionale n. 4).
3) In aggiunta un ulteriore nuovo problema è prevedibile nel Sud e nell’Est dell’Asia: il fenomeno dell’innalzamento al massimo storico delle temperature come conseguenza del riscaldamento globale. Le previsioni lo situano al 2030. Così un gran numero di rifugiati per cambiamenti climatici si sposterebbe attraverso il pianeta, specialmente nel Sud e nell’Est dell’Asia (problema di confini internazionali n. 5).
E qui incontriamo un nuovo grande tema: la configurazione del fenomeno degli evacuati a causa di disastri nucleari, rifugiati di guerra o terrorismo, e dei rifugiati a causa di cambiamenti climatici nell’Est Asiatico.
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