Popolazione, povertà e possesso della terra
È dall’inizio del millennio che l’accaparramento di terre in paesi a medio o basso sviluppo, prevalentemente in Africa e in Asia sud orientale, è diventato un fenomeno rilevante: daremo qualche dato più oltre. Il fenomeno ha sollevato un grande dibattito su una materia che è estremamente complessa, con risvolti economici (costi e benefici), politici (incidenza sulla sovranità territoriale), legali (regole e diritti) e sociali (le ricadute sulle popolazioni dei territori). A Neodemos interessano soprattutto questi ultimi aspetti: i grandi investitori -governi, fondi sovrani, gruppi finanziari, imprese- che comprano o prendono in leasing ampi territori, mirano a un congruo ritorno economico. Così è per i paesi oggetto dell’investimento che vogliono spuntare adeguati ricavi. Ma qual è la sorte delle popolazioni che vivono "sui” territori acquisiti, o che vivono "dei” prodotti di quei territori? Cosa avviene delle piccole proprietà in paesi dove i titoli legali di possesso sono legati alla tradizione e non sono adeguatamente riconosciuti e protetti? O su terre comunitarie che sono un sostegno vitale alle popolazioni più povere? In che modo la conversione a un’agricoltura capitalista, orientata a colture industriali, influisce sull’occupazione e sui redditi degli abitanti? Un’accresciuta produttività significa anche minore occupazione e quindi flussi migratori, che magari alimentano processi di deteriore urbanizzazione? Come muta l’utilizzo delle risorse idriche legate al territorio e necessarie in grande quantità alle nuove produzioni? Questi interrogativi sono declinati in vario modo -spesso anche opposto- dalle parti interessate.
Le dimensioni del fenomeno
L’accelerazione dei processi di accaparramento delle terre è un fenomeno recente e scarsamente conosciuto. È certo che il forte aumento dei prezzi delle derrate agricole nel periodo 2007-2009 abbia dato una potente spinta alla domanda di terra allo scopo di espandere la produzione di derrate alimentari e di biocarburanti. Non esistono fonti attendibili; in molti casi si tratta di notizie raccolte in vario modo dai media; molti contratti o accordi non vengono pubblicizzati o vengono camuffati; di quelli noti spesso si conoscono solo gli aspetti generali. Secondo Oxfam, dal 2000 al 2011 questi accordi avrebbero riguardato 227 milioni di ettari (pari a 2.227.000 km2, 7 volte il territorio dell’Italia)2; secondo l’Ifpri (International Food Policy Research Institute) le acquisizioni di grandi appezzamenti avrebbero riguardato 20 milioni di ettari tra il 2005 e il 2009; la World Bank ha fornito una stima di 47 milioni di ettari nel solo periodo ottobre 2008-agosto 2009. Le sti ...[continua]
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