Bruno Giorgini insegna Fisica all’Università di Bologna.

Vorremmo capire intanto che cos’è questa "fisica della città” di cui tu ti occupi come fisico…
Beh, perché a un certo punto nella fisica, non solo nella fisica, nasce questa cosa che chiamiamo scienza della complessità, per cui per esempio non è più vero che, dato un sistema tu trovi qual è il suo componente elementare, il suo atomo elementare, e poi, mettendo assieme tutti gli atomi, trovi in qualche modo la legge generale dell’insieme. Questo lo si vede, anche abbastanza facilmente, se si pensa alla tavola di Mendeleev. Noi conosciamo gli atomi, poi però, cambiando il numero atomico, quindi aggiungendo o togliendo una particella elementare dell’atomo, cioè cambiando veramente poco, passiamo da un materiale con certe proprietà a un materiale con proprietà completamente diverse. Perché questo? Non lo spieghi facendo la meccanica quantistica del singolo atomo, perché quelle sono proprietà globali, cioè proprietà che non sono spiegabili attraverso la somma delle proprietà dei singoli.
Guardiamo ora la città: direi che è quasi per natura un sistema complesso, in quanto intreccio molto forte di natura, biologica, fisica, eccetera, e di informazione, di intelligenza. La città è un insieme molto intrecciato di flussi (di individui, di energia, di intelligenze, di conoscenze, di immaginario, di tecnologie, di violenze, di lingue, di memorie, di produzioni, ecc.), di informazioni (da quelle immagazzinate nei calcolatori a quelle dei nostri vicini di casa, da quelle delle pagine gialle a quelle di una mappa, da quelle di una guida turistica a quelle degli archivi storici, da quelle dell’anagrafe a quelle di un polo tecnologico) e di forme (la forma dei giardini e quella della cattedrale, le strade e i musei, i graffiti metropolitani e il tracciato della metropolitana, quella di un quartiere di periferia e quella del centro storico).
La città è polimorfa, polisemica e poliglotta, percorsa da attori e oggetti con dinamiche tra loro molto diverse, a volte conflittuali tanto da ingenerare una sensazione di caos.
D’altra parte la complessità emerge e veleggia proprio sul bordo tra ordine e caos. Se si guarda all’etimologia, complesso viene dal latino complectere che significa intrecciare insieme, cingere, riunire, raccogliere (plexus, intrecciato). Insomma, se tu provi a pensare a una città, fai abbastanza fatica a dipanare tutta la matassa.
Apriamo una parentesi. Che ruolo ha avuto la scienza nella produzione della cosiddetta seconda natura dell’uomo, la città?
La scienza ne è stato lo strumento fondamentale. Per scienza intendo anche la tecnologia, la scienza dei materiali, la geometria, ecc. Ma anche qui occorre fare una premessa: l’essere umano non è molto ganzo, tra gli altri esseri viventi. Basta pensare soltanto alla stringa genetica, cioè alla variabilità dei geni. Se prendi a misura uno l’escherichia coli, che è quello più piccolo, noi abbiamo 30-31.000 geni, il giglio ne ha 70.000. Però noi rispetto agli altri viventi abbiamo sviluppato, in un tempo tra l’altro piuttosto breve (stiamo sempre parlando di decine di migliaia di anni, quindi breve rispetto al processo evolutivo generale), questa storia, ancora molto misteriosa, che chiamiamo l’intelligenza, per cui noi, a differenza degli altri enti naturali, che si adattano all’ambiente, abbiamo cominciato a lavorare per adattare l’ambiente a noi stessi. Abbiamo costruito così una seconda natura. Il massimo di questa seconda natura è la città, un habitat completamente costruito, che in qualche modo è un po’ la rappresentazione della nostra intelligenza, della nostra mente. La città è il massimo contenuto di informazioni che c’è al mondo. E oggi in città abita più del 50% degli esseri umani.
C’è stato poi un altro passaggio decisivo: la rivoluzione copernicana. Se ci pensi, cosa ci dice la rivoluzione copernicana? Beh, Copernico, che tra l’altro studiava a Bologna, si è seduto sul sole, e ha detto: "Ma guarda un po’, se mi siedo qui, l’universo -che all’epoca era il sistema planetario, le stelle fisse, il cielo e la terra- diventa molto più semplice da descrivere. Va be’, c’è questo piccolo problema che la terra non è più al centro, ma gira intorno al sole, però, a parte questo...”. Allora questa fu una cosa esplosiva, ma non tanto per quello che si dice sempre, che andava contro il racconto biblico, ma per due altri motivi: perché come sistema, e questo lo nota Leopardi, era più egua ...[continua]

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