Il dibattito scatenato dalla manifestazione del 13 febbraio, curiosamente, ha visto le femministe storiche assumere delle posizioni molto simili, nonostante le divisioni che in passato le avevano viste in conflitto.
E' vero. Chi ha seguito un po’ il mio percorso sa che ho scritto a lungo e in modo critico rispetto al "pensiero della differenza”, così come ha preso forma negli scritti della Libreria delle donne di Milano. Il mio rapporto con Luisa Muraro, cominciato nel 1967, ha avuto non pochi momenti di divergenza. In quest’occasione, invece, il femminismo storico ha assunto posizioni molto simili. Ciò non deve stupire, perché al centro della manifestazione c’erano i temi fondamentali di quella che è stata la rivoluzione del movimento delle donne degli anni Settanta. Mi riferisco al corpo, alla sessualità, al rapporto di potere tra i sessi: temi insoliti per la vita pubblica. In quegli inizi, infatti, si manifestava sulla questione della maternità, dell’aborto, della violenza sessuale, del divorzio, cioè su quello che è stato storicamente il "privato” e che il femminismo è andato a ridefinire dicendo: "Nella vita personale è stata confinata gran parte della storia non scritta della politica e della cultura”. Molti rapporti di potere passano all’interno delle case, nei rapporti di coppia, nella famiglia, attraverso una sessualità che è stata ridotta a funzione procreativa o messa al servizio del piacere maschile. La grande rivoluzione degli anni Settanta è stata portare allo scoperto una materia ritenuta tradizionalmente "non politica”, confinata nel vissuto del singolo.
Le vicende essenziali degli esseri umani -il nascere, l’amore, la sessualità, l’invecchiamento, la morte- sono state, paradossalmente, considerate insignificanti per la storia, per la politica e per la cultura.
Qual è il grande cambiamento tra gli anni Sessanta e la situazione attuale?
Oggi il corpo, il privato, la vita intima, la fanno da protagonisti nella vita pubblica. In virtù di che cosa? Purtroppo non solo e non tanto come effetto della cultura del femminismo, e tanto meno nei modi in cui ci si era prospettate il cambiamento.
Noi partivamo dal corpo -il luogo più lontano della politica- ma con l’idea che da lì potesse nascere uno sguardo nuovo e diverso per interrogare la vita pubblica, le sue istituzioni, i suoi saperi.
La grande ambizione di quel movimento si esprimeva in una formula che ora, a distanza, fa tenerezza: "modificazione di sé e del mondo”, dicevamo.
Rossana Rossanda ebbe allora a dire: "Sono andate nelle lande più deserte, persino nell’inconscio”, riconoscendo che nello scavo in profondità inesplorate c’era qualcosa che scardinava la storia della sinistra: non un suo complemento ma una "cultura antagonista”, che la metteva in discussione alla radice. Non a caso, ai livelli alti della cultura e della politica, il femminismo trovò un muro. Lo ha riconosciuto poco tempo fa la stessa Rossanda, a cui mi lega una lunga amicizia: "Non vi abbiamo contrastato, vi abbiamo proprio osteggiato”, mi ha detto. Al che le ho risposto: "Beh, dovevi dirlo prima, forse qualcosa cambiava!”.
Tu hai visto con sospetto soprattutto questa chiamata in soccorso rivolta alle donne...
Diciamo la verità: la questione sesso-denaro-potere comincia molto prima del 13 febbraio. La discussione risale a più di un anno fa con la "questione Noemi” e l’uscita pubblica di Veronica Lario. Ricordo che il primo articolo che ho scritto allora si intitolava "Antiberlusconismo e conflitto tra i sessi”. Già lì avevo visto delinearsi qualcosa che destava in me una certa diffidenza. In particolare mi insospettiva veder incanalata tutta la questione uomo-donna, che è enorme e complessa, nella figura e nel ruolo del Presidente del Consiglio.
Il mio timore era che, incanalando la problematica del conflitto tra i sessi e il tema sesso-denaro nella figura di Berlusconi, inevitabilmente il dibattito non solo si sarebbe impoverito, ma ne sarebbe ...[continua]
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