L’anniversario del "triplo disastro del Giappone” è appena passato. Tu hai avuto occasione di ricordare che l’annuncio -il 16 dicembre 2011- da parte del governo giapponese del raggiungimento di una condizione di arresto freddo nell’impianto di Fukushima ("cold shutdown”) non è bastato a rassicurare gran parte della popolazione. Gravi rischi sono ancora presenti a Fukushima. Inoltre la morte del dittatore della Corea del Nord è causa di tensione nella regione dell’Asia Orientale e la posizione politico-militare del Giappone è instabile. I due eventi non sono direttamente connessi ma sembrano contribuire insieme a una sensazione di instabilità e di incertezza.
La cosiddetta "condizione di cold shutdown” è ben differente da un vero e proprio "cold shutdown”, che presuppone reattori integri e spenti. Un arresto a freddo non è stato raggiunto a Fukushima ma solo un raffreddamento quasi sotto i 100° dell’acqua di raffreddamento delle barre di combustibile, ma il combustibile si è fuso e fondendosi ha bucato i reattori. Tepco (Tokyo Electric Power Co.) non è ancora riuscita a riportare sotto controllo la situazione interna al distrutto impianto nucleare e spera di raggiungere un punto di svolta nelle operazioni di ripristino del controllo utilizzando un robot perfezionato. Tepco è andata in panico quando la temperatura nel circuito di raffreddamento è risalita. Del resto, l’annuncio del Governo giapponese non deve essere considerato un passo in avanti verso la denuclearizzazione bensì un passo in direzione del mantenimento degli impianti nucleari in Giappone. Questo ha creato in molti giapponesi grande ansia, in rapporto alla gestione di disastri nucleari.
Evidentemente, gli affari della Nord Corea non sono direttamente rilevanti sul disastro nucleare in Giappone, ma lo sono, e molto, sull’alleanza Giappone-US, che è senz’altro alla base dell’industria nucleare in Giappone. Di conseguenza, si potrebbe dire che c’è un collegamento tra problema Nord Coreano e disastro nucleare nelle viscere, nelle profondità, della storia contemporanea.
Fin dall’inizio -in un paper sul "triplo disastro” non pubblicato- hai richiamato la complessità delle operazioni di soccorso e di sostegno alla ripresa dopo il disastro dovute alla differenza tra tre aree: 1) l’area a Nord di Sendai, in particolare l’area costiera di Sanriku; 2) la zona di evacuazione detta anche zona vietata all’accesso, entro 20 km dall’impianto nucleare, e la zona di permanenza, tra i 20 e i 30 km; e 3) l’area a sud di Fukushima, compresa l’area settentrionale della regione di Kanto.
Prima di tutto vediamo cosa e come è cambiato nel frattempo in queste aree.
Nell’area a Nord di Sendai molte case temporanee sono state rapidamente costruite, una grande quantità di macerie sono state raccolte e sistemate pezzo dopo pezzo e le infrastrutture distrutte sono state gradualmente ripristinate. D’altro canto gli alloggi temporanei non sono molto popolari tra gli evacuati e coloro che soffrono. Preferirebbero non vivere insieme a sconosciuti che sono stati sorteggiati per vivere in quegli alloggi temporanei. Piuttosto vivrebbero in case private prese in affitto.
Di conseguenza il governo è stato costretto a cambiare il piano di fornitura degli alloggi. Inoltre, la popolazione dispersa in molte parti del paese si è trovata a fronteggiare problemi come la mancanza di lavoro e la difficoltà nella costruzione di case.
Non è facile far ritorno ai luoghi di provenienza. Va da sé che questi problemi pesano sulla situazione della comunità. Lungo la costa, devastata dallo tsunami, cumuli di macerie restano dove il disastro le ha lasciate e ostacolano l’uso della terra. Riguardo al ripristino delle infrastrutture, l’80% dei fondi destinati a questo sono ancora inutilizzati per mancanza di personale nel governo locale. Per di più, come avevo sottolineato nel paper citato, l’opinione dei cittadini non è stata sufficientemente integrata nel piano di ripresa. E, ancor oggi, le compagnie di consulenza e i grandi appaltatori a Tokyo ...[continua]
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