Annibale Osti, Stefano Ramelli e Chiara Putaturo sono soci volontari di Banca Popolare Etica. Da circa tre anni hanno costituito l’associazione informale "Laboratorio di Educazione Finanziaria”, che realizza percorsi formativi sull’uso del denaro presso associazioni, scuole, biblioteche pubbliche e lavora in rete con altri operatori indipendenti. Vivono a Milano.

Da qualche tempo tenete dei laboratori di "educazione finanziaria”. Potete raccontare?
Stefano. L’idea è nata partecipando agli incontri mensili del gruppo soci di Banca Etica di Milano, dove ci siamo incontrati. In quelle occasioni ci si trova a parlare di tematiche legate alla finanza etica, "alternativa”, e di iniziative da organizzare sul territorio. Noi ci siamo scoperti accomunati da questo interesse per l’educazione economico-finanziaria come strumento di risposta a un bisogno sociale. Data la situazione, ci sembrava che i classici incontri sulla finanza etica, per cui si va nelle scuole e sul territorio a spiegare la bontà delle banche alternative rispetto a quelle tradizionali non fossero sufficienti. Bisognava provare ad andare alla radice del problema e cioè indagare il rapporto delle persone con il denaro. Insomma, trovavamo parziale l’andare a spiegare cos’è la finanza etica, quando le persone non sanno neanche come funziona un conto corrente e magari hanno difficoltà ad arrivare a fine mese.
Annibale. La sfida era di provare ad affrontare il problema dell’"esclusione finanziaria”. Questo è stato un po’ il percorso che ci ha portato a dire: cerchiamo di avvicinare fasce che, normalmente, di loro spontanea volontà non andrebbero in banca e che cadono facilmente preda di finanziarie d’assalto.
Stefano. Educazione finanziaria per noi voleva e vuol dire incontrarci e confrontarci in un gruppo. Per questo l’abbiamo chiamato "laboratorio”: alla fine noi cerchiamo di coordinare un gruppo che si confronta su tematiche economiche, quasi un gruppo di mutuo-aiuto.
Annibale. "Facilitare” è l’espressione che ci siamo trovati a usare, quindi non didattica nel senso tradizionale della lezione cattedratica, frontale, ma piuttosto un confronto in cui noi forniamo degli stimoli per ragionare sui soldi nella loro duplice dimensione: come vincolo e come opportunità.
Stefano. Devo dire che quando siamo partiti non avevamo un’idea così chiara di quello che volevamo fare. Per esempio, al primo incontro io ero già pronto con il mio powerpoint; avendo studiato economia pensavo: "Vado lì e insegno che cos’è la carta di credito”. Annibale e Chiara, per fortuna, mi hanno fermato. In realtà noi in questi laboratori non andiamo a insegnare nulla; partendo dall’esperienza di ognuno dei partecipanti, noi compresi, vogliamo aiutare le persone a capire. Di solito, per rompere il ghiaccio, proponiamo di descrivere il proprio rapporto con il denaro in una parola.
Annibale. Per esempio, l’altro giorno in biblioteca, abbiamo invitato i partecipanti a scrivere su un bigliettino l’immediata associazione che gli sollecitava il termine denaro. In quel caso il termine più ricorrente è stato l’inafferrabilità, l’impalpabilità, la sfuggevolezza, questa natura, come dire, volatile dei soldi... Ovviamente, sullo sfondo c’è sempre la questione della mancanza di denaro. La vulgata comune è che noi abbiamo speso troppo, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre risorse, ecc. Ci sono dei pensionati Cariplo che si fanno carico, a titolo volontario, di situazioni di indebitamento grave. Ecco, loro ci raccontano che in effetti la quasi totalità delle persone che si affidano a loro, hanno la pay tv, usano le carte di credito, pagano a rate, che poi i singoli importi magari sono piccoli, ma sommati... Se aggiungi che sono lavoratori autonomi, basta un problema di salute o un imprevisto familiare e succede il patatrac! La situazione però è più articolata.
Noi ci imbattiamo anche in famiglie che si vede che sono abituate a risparmiare, che sono all’antica. Sembra che certe persone siano in grado di moltiplicare il valore dei soldi. Mi è rimasta impressa questa madre, rimasta vedova, che ha fatto studiare cinque figli, grazie a un’amministrazione rigorosa, ma non punitiva. Il fatto è che, tolti i casi particolari, noi siamo abituati a un uso "casuale” del denaro, per non parlare del problema della sollecitazione della pubblicità.
Chi partecipa a questi incontri e come sono strutturati?
Stefano. Gli incontri che abbiamo fatto a San Siro, presso la Camera del ...[continua]

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